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L’Ue punta a ridurre la dipendenza dalla Cina in molti beni strategici

L’Ue punta a ridurre la dipendenza dalla Cina in molti beni strategici

K metro 0 – Bruxelles – L’Unione Europea vuole inasprire le regole sugli investimenti in Cina per i 27 paesi membri e accrescere la produzione autonoma di beni strategici dal gigante asiatico. Due misure destinate dunque a colpire Pechino nel periodo di peggioramento delle relazioni commerciali con l’Ue. Le decisioni arrivano alla vigilia della ratifica

K metro 0 – Bruxelles – L’Unione Europea vuole inasprire le regole sugli investimenti in Cina per i 27 paesi membri e accrescere la produzione autonoma di beni strategici dal gigante asiatico. Due misure destinate dunque a colpire Pechino nel periodo di peggioramento delle relazioni commerciali con l’Ue.

Le decisioni arrivano alla vigilia della ratifica del CAI (Comprehensive Agreement on Investment), l’accordo globale sugli investimenti con la Cina (annunciato lo scorso dicembre, dopo sette anni di negoziati) in bilico ormai a causa di un clima politico in rapido deterioramento. Pechino, infatti, abuserebbe di una minoranza etnica costringendola al lavoro forzato in “campi di internamento”andando contro uno dei punti regolamentati dal Cai.

Bruxelles è poi da tempo insoddisfatta delle importazioni cinesi agevolate dai sussidi che hanno fatto chiudere i produttori europei; oggi ha così promesso di stabilire regole chiare per assicurarsi che le industrie dell’Ue competano su un piano di parità con quelle cinesi.

Picchiata dalla pandemia COVID-19, l’economia dell’Ue ha subìto un colpo senza precedenti. Il virus ha anche messo a nudo le dipendenze da prodotti strategici in settori sensibili, dall’energia alla salute, in cui l’Ue vuole diventare molto più autonoma da Pechino.

Le misure previste dall’Ue per reprimere le distorsioni commerciali attraverso i sussidi esteri colpirebbero la Cina. Con l’attuale sistema nel blocco di 27 nazioni – un enorme mercato di 450 milioni di consumatori – i sussidi concessi da governi non Ue come la Cina non si trovano difatti ad affrontare lo stesso controllo di quelli delle nazioni dell’Ue. “E questo non è giusto “, ha affermato il vicepresidente dell’Ue Margrethe Vestager. “Deve finire”.

Da mesi, in effetti, le relazioni sono in peggioramento. A marzo, l’Ue aveva imposto il congelamento dei beni e il divieto di viaggio a un gruppo di funzionari cinesi nello Xinjiang, accusando appunto Pechino di violazioni dei diritti. La Cina ha reagito imponendo sanzioni a 10 europei, inclusi legislatori e accademici, e quattro istituzioni. Pechino ha risposto che “sono stati danneggiati gli interessi della Cina e diffuse menzogne e disinformazione”.

In tale atmosfera, il destino dell’accordo di investimento provvisoriamente concordato a dicembre rimane in bilico.

L’Ue sperava difatti che il CAI potesse correggere uno squilibrio nell’accesso al mercato creando nuove opportunità di investimento per le aziende europee in Cina; assicurando cioè che esse potessero competere su un piano di parità quando operano nel paese. Un accordo che, è bene ricordare, s’inserisce in tre grandi problematiche caratterizzate dall’ingresso della Cina sui mercati globali: reciprocità di accesso al mercato, parità di condizioni per tutti gli operatori e regole condivise sul clima, la salute e il lavoro.

Valdis Dombrovskis ha così affermato, che l’accordo provvisorio, che deve ancora essere ratificato dal Parlamento europeo, tra l’altro, è ancora lontano dall’essere concluso, soprattutto a causa delle sanzioni.

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