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Rwanda: le responsabilità della Francia nel genocidio dei Tutsi

Rwanda: le responsabilità della Francia nel genocidio dei Tutsi

K metro 0 – Parigi – A 27 anni di distanza, ormai, dai 100 giorni dell’orrore del genocidio del Rwanda, le corresponsabilità della Francia, peraltro già note da molto tempo, stanno infine emergendo con più chiarezza. Fra il 7 aprile e il 4 luglio del 1994 furono massacrati a colpi di machete, mazze chiodati e

K metro 0 – Parigi – A 27 anni di distanza, ormai, dai 100 giorni dell’orrore del genocidio del Rwanda, le corresponsabilità della Francia, peraltro già note da molto tempo, stanno infine emergendo con più chiarezza.

Fra il 7 aprile e il 4 luglio del 1994 furono massacrati a colpi di machete, mazze chiodati e asce, 800 mila Tutsi. Un pogrom orchestrato dal regime estremista degli Hutu, l’etnia allora dominante, pianificato dalle autorità che avevano stilato, a freddo, elenchi di persone da uccidere e ordinato alla Cina un carico di 500 mila machete. Un conflitto tribale che covava da decenni sfociato infine in un massacro in cui la Francia avrebbe “una responsabilità importante”, che si rifiuta ancora di riconoscere. Queste le conclusioni di un rapporto, commissionato dall’attuale governo di Kigali, reso noto lunedì.

Un rapporto sconvolgente, di quasi 600 pagine, frutto di un’indagine pluriennale, commissionata, nel 2017, allo studio legale americano Levy Firestone Muse, che mette sotto accusa la Francia come “collaboratrice” del regime estremista Hutu.

La Francia, secondo il rapporto, non era cieca. Sapeva che stava arrivando un genocidio. Ma è rimasta “incrollabile nel suo sostegno” ai propri alleati ruandesi, anche quando lo sterminio pianificato della minoranza Tutsi era chiaro. Il rapporto si è basato su milioni di pagine di documenti e interviste con più di 250 testimoni. Non sono state trovate prove, tuttavia, che i funzionari o il personale francese abbiano partecipato direttamente all’uccisione dei Tutsi. Ma la Francia è stata a lungo accusata di non aver fatto abbastanza per fermare i massacri.

Il mese scorso è stata pubblicata un’inchiesta separata sugli stessi eventi commissionata dal presidente francese Emmanuel Macron. La Commissione Duclert, dal nome dello storico che ha condotto l’indagine, ha concluso che la Francia aveva “responsabilità schiaccianti” nel genocidio e ha riconosciuto un “fallimento” da parte sua, ma nessuna complicità nei massacri.

La Commissione Duclert, tuttavia, non ha spiegato ,secondo il rapporto Muse, di cosa fosse responsabile la Francia, e ha sbagliato nel concludere che Parigi “è rimasta cieca” di fronte al genocidio incombente.

“Il governo francese non era né cieco né inconsapevole del prevedibile genocidio”, afferma il rapporto. Più di un quarto di secolo dopo, la questione avvelena ancora le relazioni tra la Francia e il Ruanda del presidente Paul Kagame, un ex ribelle tutsi che ha governato la nazione montagnosa nella regione dei Grandi Laghi in Africa all’indomani del genocidio.

Il genocidio del 1994 era iniziato dopo che l’allora presidente Hutu del Ruanda, Juvenal Habyarimana, con cui Parigi aveva coltivato stretti legami, morì quando il suo aereo venne abbattuto sopra Kigali, il 6 aprile di quell’anno.

In poche ore le milizie estremiste Hutu iniziarono a massacrare i Tutsi – e alcuni Hutu moderati, che provarono ad opporsi alla strage – con una brutalità che sconvolse il mondo. Le vittime vennero fatte a pezzi con le asce e i machete o massacrate mentre cercavano rifugio nelle chiese e nelle scuole, mentre la violenza sessuale era diffusa. Il tutto sotto gli occhi indifferenti della comunità internazionale. Le Nazioni Unite ritirarono quasi tutte le loro truppe (lasciando solo 300 uomini su 2700 caschi blu).

Gli Stati Uniti, che si erano appena ritirati da un’operazione fallimentare in Somalia, non avevano alcuna intenzione di impantanarsi in un altro conflitto africano.

Parigi invece ebbe un ruolo controverso nel genocidio e fu accusata di non averlo fermato e, peggio ancora, di averlo alimentato fornendo armi alle milizie Hutu.

Secondo il rapporto Muse nessuno più dell’allora presidente Francois Mitterrand ha collaborato più da vicino con Habyarimana. E su Mitterrand ricadrebbero le maggiori colpe per la “sconsiderata abilitazione” del regime estremista degli Hutu che si preparavano al genocidio.

La Francia ha fornito un sostegno militare e politico importante al regime per proteggere i propri interessi strategici in Africa, secondo il rapporto Muse, e ha ignorato i segnali di un incombente massacro anche quando la retorica dell’odio e la violenza contro i Tutsi aumentavano.

“Solo il governo francese fu un collaboratore indispensabile nella costruzione delle istituzioni che sarebbero diventate strumenti del genocidio. Nessun altro governo straniero conosceva i pericoli rappresentati dagli estremisti ruandesi”, e li ha spalleggiati.

Ma ancora oggi la Francia non ha riconosciuto questo suo ruolo né ha fatto ammenda.

Ciò nondimeno, Kagame ha accolto la recente Commissione Duclert come “un passo importante verso una comprensione comune di ciò che è avvenuto”, ma ha aggiunto che gli sforzi decennali della Francia per eludere le sue responsabilità hanno causato “danni significativi”.

Il rapporto Muse ha accusato la Francia di nascondere documenti, ostacolare la giustizia e diffondere falsità sul genocidio in una campagna deliberata per “seppellire il suo passato in Ruanda”. E “l’insabbiamento – aggiunge – continua ancora oggi”.

Il 7 aprile – 27° anniversario dell’inizio del genocidio – la Francia ha ordinato l’apertura di archivi d’importanza chiave riguardanti l’operato di Mitterrand tra il 1990 e il 1994, compresi telegrammi e note confidenziali che erano fonti nell’inchiesta Duclert.

La recente divulgazione di alcuni documenti relativi al lavoro della Commissione Duclert rappresenta tuttavia, secondo il rapporto Muse, “un passo avanti verso la trasparenza”.

Una trasparenza tanto più necessaria quando si pensa che quello del Rwanda è stato l’ultimo genocidio del “secolo breve”, il Novecento, iniziato con la deportazione e lo sterminio degli armeni ad opera dell’impero ottomano giunto ormai al suo canto del cigno, per poi proseguire con quello degli ebrei per mano dei nazisti e con tanti altri bagni di sangue all’indomani della decolonizzazione di molti paesi del Terzo Mondo.

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