K metro 0 – Cairo – Finalmente e anche inaspettatamente è stato riaperto al transito navale il Canale di Suez. La maggior parte delle analisi che si sono affrettati a commentare l’accaduto, si sono incentrati sui mercati globali del petrolio e del gas, possibili aumenti dei prezzi in tutto il mondo e maggiore tempi di distribuzione
K metro 0 – Cairo – Finalmente e anche inaspettatamente è stato riaperto al transito navale il Canale di Suez. La maggior parte delle analisi che si sono affrettati a commentare l’accaduto, si sono incentrati sui mercati globali del petrolio e del gas, possibili aumenti dei prezzi in tutto il mondo e maggiore tempi di distribuzione dei prodotti che non sarebbero stati in grado di raggiungere i mercati in Europa, Asia o Medio Oriente. A molti parrebbe che l’attenzione principale dovrebbe tuttavia essere posta sul ruolo del trasporto marittimo internazionale, dei punti di strozzatura per il commercio globale, della sicurezza marittima, della geopolitica e la globalizzazione.
Il Canale di Suez, il capolavoro dell’ingegneria del 19° secolo, progettato dell’ingegnere italiano Luigi Negrelli, ha avuto da sempre, un ruolo importante nel potere e nelle proiezioni economiche sia delle ex potenze globali sia dei giganti del commercio anche arabi, russi e asiatici. Negli ultimi decenni, dopo aver dimenticato il fatto che il Canale di Suez è stato bloccato prima, non per giorni ma per anni, gli analisti sembrano aver dimenticato anche una grande questione strategica “i punti di strozzatura sono punti cardine geopolitici e strategici”.
L’appena conclusa crisi del Canale di Suez mostra quanto sia vulnerabile il commercio globale in generale e ne abbiamo già sentito il campanello d’allarme con la pandemia da Virus Cinese (ormai anche OMS ha dichiarato che il virus si è propagato a partire da quel paese) e delle sue ramificazioni globali. Il sogno del commercio globale, che intreccia economie e società globali fino a un punto di non ritorno, è stato colpito dalla realtà dei fatti.
Un “semplice” virus ha bloccato il commercio globale, ha mostrato l’enorme mancanza di resilienza del sistema e ha portato in primo piano nuovi attori di potere. Un blocco globale, anche di poche settimane nel caso della Cina, ha fermato le economie di tutto il mondo. In tale contesto si è evidenziato come i mercati emergenti asiatici sono ancora visti come il futuro fattore per la prosperità necessaria in tutto il mondo. L’accordo Cina-Iran di questi giorni, come parte dell’approccio OBOR (la nuova “Via della Seta” di Pechino), o le dichiarazioni della compagnia petrolifera nazionale dell’Arabia Saudita Aramco, indicano che il Golfo Arabico nel suo totale sarà il garante del fabbisogno energetico della Cina per i prossimi 50 anni e, ancora una volta, dimostra l’attenzione verso un’area singola di interesse per la produzione globale, la finanza e persino il potere militare. Si tratta in un’area che circonda la Cina comunista.
Partendo dal fatto che l’85-90% del commercio mondiale è ancora strutturato in una modalità trasporto molto tradizionale, la navigazione via mare non va dimenticato, però, che le navi sono solo in grado di seguire rotte geografiche. Parte delle obbligate rotte marittime deve seguire vie d’acqua particolari che attraversano ben noti “punti di strozzatura”, come il Canale di Suez, lo Stretto di Hormuz, lo Stretto di Gibilterra, il Bosforo, il mare di Bering o lo Stretto di Malacca.
Queste rotte sono fondamentali non solo per il commercio, l’energia o il cibo, ma anche per gli accordi di sicurezza mondiali. A titolo di esempio, per dimostrare la capacità strategica di controllo della regione del Golfi Arabico e Rosso, le forze navali USA-NATO-Russia devono quasi sempre passare per il Mediterraneo (Gibilterra-Bosforo), entrare nel Canale di Suez e raggiungere l’area di operazione.
Il principale problema di fondo al momento, quando si parla di un futuro blocco del Canale di Suez, è il fatto che la Ever Given – una nave portacontainer lunga circa 400 metri (quattro volte il campo di calcio dello Stadio Olimpico di Roma), ha bloccato un’importante arteria globale e un caso simile non si esclude possa ripetersi. Alcuni economisti concordano sul fatto che l’Egitto è molto importante in termini di interesse e capacità di influenzare il benessere globale quando ci sono modifiche alla facilità con cui attraversare Suez. Tutto questo perché’ il canale di 120 miglia che attraverso l’Egitto collega l’Oceano Indiano e il Mar Mediterraneo, oltre a portare nelle casse del Cairo circa 6 miliardi di dollari di ricavi per anno, è , per così dire, vitale per le navi che cercano di viaggiare tra l’Asia e l’Europa senza dover circumnavigare l’Africa.
Dati alla mano Suez vale il 12% del commercio mondiale, 30% del traffico marittimo globale, più del 7% del transito di petrolio greggio e, soprattutto per l’Italia rappresenta circa il 40% dell’interscambio con la “zona commerciale” asiatica.
Il blocco ha avuto un effetto tsunami sul commercio globale poiché il commercio marittimo è, come detto, vitale per l’Europa, Italia in primis, e l’Asia, ma anche per il Medio Oriente. Si è aperto subito un dibattito su un possibile cambiamento, basato sia sulla pandemia sia sulla “disponibilità’ del Canale di Suez che potrebbe o addirittura dovrebbe portare a nuovi hub di produzione o centri logistici che al momento sfavorirebbe in modo notevole il nostro paese.
Come già indicato, gli analisti strategici dell’area si rendono ora conto che un futuro reiterato blocco del Canale avrebbe ripercussioni negative sull’operatività delle forze navali USA-NATO- UE, sulle manovre navali russe o addirittura sulla stabilità della regione del Golfo Persico. Al momento, il Canale di Suez è un’importante rotta strategica per tutti per cooperare con i paesi arabi, bloccare potenziali operazioni di Houthi, Iran o pirati dentro e intorno al Corno d’Africa, Mar Rosso e Oceano Indiano. Come alcuni hanno già valutato, il blocco del Canale di Suez potrebbe creare forse una pressione economico-militare ancora maggiore sul regime siriano del presidente Assad, poiché l’ancora di salvezza del petrolio e del carburante del regime siriano è bloccata in quanto le forniture di petrolio iraniane non sono in grado di raggiungerlo.
Sarebbe il caso che Usa e Europa affrontassero ora un processo di analisi che porti a valutare i rischi economici e militari intrinseci delle rotte commerciali limitate da “fattori” geografici. Il Canale di Suez non è l’unico punto di strozzatura da valutare. All’interno e intorno alla crisi attuale, devono essere affrontate la messa in sicurezza dell’area del Mar Rosso/Corno d’Africa, la crisi del Mediterraneo orientale che affronta le rotte commerciali russo-turche e dell’UE attraverso il Bosforo, o la piccolissima rotta attraverso lo Stretto di Gibilterra. Un blocco da parte di una nave commerciale a “sbaglio premeditato” potrebbero essere viste da terze parti come un’opzione facile e veloce per colpire duramente le economie e le operazioni di sicurezza strategica degli avversari.
Per decenni si è parlato solo dello stretto di Hormuz all’ingresso del Mare Arabico per i rischi connessi con le forniture di petrolio e le minacce iraniane al suo blocco, dalla settimana scorsa parrebbe che l’area Suez-Mar Rosso sia molto più importante.
di Giuseppe Morabito
Membro del direttorio della NATO Defence College Foundation