K metro 0 – Torino – In attesa della riapertura dei musei e dei luoghi di cultura, CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia è lieta di annunciare che, non appena sarà possibile, verrà aperta al pubblico nella Project Room del centro espositivo di via delle Rosine 18 a Torino, la mostra Roberto Gabetti fotografo
K metro 0 – Torino – In attesa della riapertura dei musei e dei luoghi di cultura, CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia è lieta di annunciare che, non appena sarà possibile, verrà aperta al pubblico nella Project Room del centro espositivo di via delle Rosine 18 a Torino, la mostra Roberto Gabetti fotografo un omaggio all’originale sguardo fotografico di Roberto Gabetti (Torino,1925-2000), universalmente conosciuto per il suo lavoro di architetto, a vent’anni dalla scomparsa.
A rimarcare il ruolo di CAMERA nella valorizzazione di patrimoni fotografici tanto ricchi quanto non sufficientemente noti, l’esposizione curata da Sisto Giriodi, presenta per la prima volta un’ampia selezione dell’archivio privato di Gabetti.
Benché completamente versato alla pratica dell’architettura sia in qualità di docente sia in qualità di progettista e creativo, l’osservazione di Gabetti della realtà circostante, delle architetture, degli edifici e dell’abitato si è spesso avvalsa di una macchina fotografica, prolungamento del suo occhio e luogo della concentrazione visiva. Dotato di una Leica, probabilmente ricevuta per celebrare il suo ingresso di studente alla facoltà di Architettura, fin da ragazzo si cimenta con le riproduzioni fotografiche dei modelli di studio, operazioni in cui la fotografia permette una nuova modalità di osservazione dell’architettura stessa. Modalità che ritroviamo nei negativi e nei provini che costituiscono il fondo fotografico custodito dalla famiglia Gabetti che si compone di circa 300 rullini 35mm, per un totale di 5.000 negativi corredati dai relativi provini a contatto e dalle informazioni di contesto che permettono di risalire ai soggetti, alla località e spesso anche alla data degli scatti.
Sulla base di questo patrimonio, il curatore della mostra Sisto Giriodi ha costruito un percorso espositivo che, attraverso oltre cento fotografie stampate dai negativi originali, ripercorre momenti della vita privata e professionale di Roberto Gabetti – viaggi in Italia e all’estero sulle orme dei maestri dell’architettura, modellini e progetti – esprimendo il gusto per la linea, la forma, il dettaglio, l’armonia, i curiosi accostamenti.
Roberto Gabetti, conosciuto come importante architetto, autorevole professore di progettazione, apprezzato come “scrittore di complemento”, autore di libri e saggi su temi diversi, – commenta il curatore della mostra Sisto Giriodi – ha tenuto per vent’anni, dal 1945 al 1965, un ‘diario’ fotografico, fino ad ora segreto, dei suoi viaggi di studio, dei progetti e dei cantieri. Quei rullini sono rimasti in un antico cassettone nello studio di via Sacchi 22 a Torino, sviluppati e imbustati nei ‘libretti’ dal laboratorio di Riccardo Moncalvo. Le fotografie di Gabetti sono delle fotografie strane, che non hanno ‘padri nobili’ come gli Alinari, ma nemmeno ‘maestri’ riconoscibili nelle avanguardie storiche del ‘900. Si caratterizzano per scelte personali: provare punti di ripresa diversi da quelli del fotografo ‘in piedi’ con la macchina ‘in bolla’; accettare la presenza nelle immagini della vita quotidiana, di uomini, donne, bambini, automobili e biciclette; scelte che rimandano ad un’idea di fotografia come conoscenza delle ragioni delle architetture, delle città e dei paesi, ma anche come antropologia visiva dei modi di vivere, di abitare, di vestirsi, di spostarsi con “immagini del mondo che siano una misura dell’esperienza”, come affermava Luigi Ghirri.
La mostra è accompagnata dal catalogo, edito da Lindau, che propone oltre 200 scatti e testi di Sisto Giriodi e Daniele Regis.
Con il contributo di Regione Piemonte.
Roberto Gabetti
Roberto Gabetti nasce a Torino il 29 novembre 1925. Si laurea in architettura al Politecnico di Torino alla fine del 1949; è attivo nella facoltà dal 1950, prima come assistente di Scienza delle costruzioni, poi come «aiuto» e assistente alla cattedra di Carlo Mollino dal 1953. Dal 1967 è Professore Ordinario di Composizione Architettonica. Dal 1950 inizia l’attività professionale con l’apertura dello studio con Aimaro Oreglia d’Isola. Dal 1958 al 1988 è Direttore della Biblioteca Centrale della Facoltà di Architettura del Politecnico di Torino. É stato membro dell’Accademia Nazionale di San Luca a Roma, dell’Accademia delle Arti e del Disegno di Firenze e dell’Accademia delle Scienze di Torino. Muore a Torino il 5 dicembre 2000.