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Crisi del Libano: all’inferno, senza ritorno?

Crisi del Libano: all’inferno, senza ritorno?

K metro 0 – Beirut – All’inferno, senza ritorno. Almeno per ora. Il Libano continua a sprofondare nella peggiore crisi economica della sua storia. La moneta nazionale ha perso quasi il 90% del suo valore sul mercato nero, mentre la classe politica, accusata di incompetenza e corruzione da un movimento di protesta senza precedenti, nato

K metro 0 – Beirut – All’inferno, senza ritorno. Almeno per ora. Il Libano continua a sprofondare nella peggiore crisi economica della sua storia. La moneta nazionale ha perso quasi il 90% del suo valore sul mercato nero, mentre la classe politica, accusata di incompetenza e corruzione da un movimento di protesta senza precedenti, nato nell’ottobre 2019, è ancora incapace di formare un nuovo governo.

Nonostante l’emergenza creata dalla pandemia di coronavirus e dalla crisi economica, i leader politici litigano sulla composizione del governo di Saad Hariri, che dovrebbe lanciare le riforme strutturali sollecitate più volte dalla comunità internazionale.

E questo da più di 7 mesi, da quando l’ex premier è stato incaricato di formare un nuovo governo per sostituire Hassan Diab, che si è dimesso all’indomani degli attentati esplosivi nel porto di Beirut del 4 agosto scorso.

Mercoledì 17 marzo, in un discorso televisivo, il presidente Michel Aoun ha lanciato un ultimatum al primo ministro designato, invitandolo a formare un governo senza indugio o a dimettersi.

“Mentre i libanesi sono afflitti da un’iperinflazione e da una povertà dilagante, i politici continuano a litigare per spartirsi il potere, ma oggi si contendono ormai solo un campo di rovine e c’è ben poco da condividere o da rubare“, ha detto a France 24 Karim Émile Bitar, direttore dell’Istituto di scienze politiche dell’Università St. Joseph di Beirut.

Di fatto, il mercanteggiamento politico sulla formazione del governo mette in contrasto il presidente Michel Aoun e il premier designato Saad Hariri, che si accusano a vicenda per lo stallo, che come sempre, in Libano, deriva da una combinazione di fattori interni ed esterni.

“Questa volta, spiega Bitar, sono i fattori interni a predominare. Hariri vuole formare un governo nominando tecnocrati relativamente indipendenti dalla classe politica. Ma il presidente Haoun vuol essere lui a nominare i ministri cristiani, ricordando ad Hariri che lui stesso è un politico e non un tecnocrate, ed è lui che sceglie i ministri della comunità sunnita, cui appartiene.

Ma lo stallo è destinato a continuare anche a causa di fattori internazionali.

I leader libanesi attendono gli esiti dei negoziati iraniano-americani, visto che l’amministrazione Biden sembra pronta a tornare all’accordo nucleare con Teheran, che potrebbe ridurre le tensioni nella regione: uno scenario a cui abbiamo assistito diverse volte nella storia del Libano con l’accordo di Taëf. nel 1989, e quello di Doha nel 2008, quando un’iniziativa internazionale pose fine a conflitti che i libanesi non potevano risolvere tra di loro.

Dopo le esplosioni del 4 agosto a Beirut, il presidente francese, Emmanuel Macron, aveva cercato di sbloccare la situazione visitando il paese due volte durante l’estate. Ma invano.

Mesi fa, si prevedeva che la crisi libanese si sarebbe risolta dopo le elezioni presidenziali americane, ma così non è stato. “I politici stanno solo prendendo tempo“, dice Bitar. “Tutti in Libano sanno che qualunque sarà la composizione del nuovo governo, dovrà affrontare questioni così esplosive che diventerà molto rapidamente impopolare”. Come del resto ha confidato il premier dimissionario Hassan Diab al Financial Times il 16 marzo.

La popolazione intanto sta cercando di adattarsi al deprezzamento della sterlina libanese, che ha provocato un sensibile aumento dei prezzi, scatenando proteste in diverse città. Nel 2020 l’inflazione ha raggiunto quasi il 146%.

I libanesi, sconcertati, vedono crollare ogni giorno la loro valuta mentre i loro risparmi restano bloccati nelle banche e probabilmente sono già evaporati. E il governo, intanto, confessa la sua totale impotenza, con un ministro dell’energia che annuncia il taglio dell’elettricità tra due settimane, il ministro dell’interno che dice che non è più in grado di garantire la sicurezza dei cittadini e un premier dimissionario che non vuole più gestire gli affari correnti.

Bitar è molto pessimista sul futuro del paese dei Cedri. “Non è ancora emersa un’opposizione con una visione e una leadership chiare. E questo blocca i libanesi in una sorta di rabbia spenta che può trasformarsi in una depressione collettiva o in un’esplosione di violenza nelle prossime settimane”.

di Mario Baccianini

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