K metro 0 – Roma – Carlo Azeglio Ciampi (1920- 2016) laureatosi in Lettere alla Normale di Pisa nel 1941 ed in Giurisprudenza nel 1946, era partito per il fronte albanese come ufficiale e dopo l’8 settembre 1943 non volle aderire alla Repubblica di Salò. Ricordò in seguito la guerra quale drammatica conferma degli insegnamenti
K metro 0 – Roma – Carlo Azeglio Ciampi (1920- 2016) laureatosi in Lettere alla Normale di Pisa nel 1941 ed in Giurisprudenza nel 1946, era partito per il fronte albanese come ufficiale e dopo l’8 settembre 1943 non volle aderire alla Repubblica di Salò. Ricordò in seguito la guerra quale drammatica conferma degli insegnamenti ricevuti negli anni della formazione universitaria: la vita era da intendersi come res severa, ancor più percepibile come tale nei giorni in cui, nella profonda crisi delle strutture dello Stato, occorreva ricomporre l’Italia vera, coesa da quell’amor di Patria che sarebbe stato il filo conduttore dell’intera vita del futuro Capo dello Stato.
La cultura classica ed il metodo dell’interpretazione filologica, gli conferirono una forma mentis che si sarebbe rivelata preziosa in un campo totalmente diverso, come quello dell’economia, dove si cimentò con maestria nell’aggregazione e disaggregazione dei dati relativi alla congiuntura del Paese.
Numerosi furono i suoi incarichi negli anni Novanta in Italia ed in ambito comunitario: Governatore della Banca d’Italia, Presidente dell’Ufficio italiano Cambi, Presidente del Comitato dei Governatori delle Banche centrali, Presidente del Consiglio, Ministro del Tesoro e del Bilancio, Presidente della Repubblica (1999).
Ciampi conferì nuova luce al concetto di “Patria”: il ripristino della festa del 2 giugno e della parata ai Fori imperiali, la rinnovata attenzione al Tricolore, il rilancio dell’Inno nazionale, furono i segni maggiormente percepibili del nuovo corso.
Le linee orientative del suo mandato sarebbero state essenzialmente quelle del rafforzamento della coesione sociale, della difesa dell’unità nazionale, del consolidamento dell’unità europea, in merito al qual ultimo impegno ricevette nel 2005 il premio “Carlo Magno”.
Sin dall’inizio il suo stile si caratterizzò per la rigorosa equidistanza dalle parti, con il costante ed accorato richiamo al mutuo rispetto ed alla reciproca legittimazione, necessaria – all’interno- per facilitare le riforme istituzionali con la maggiore condivisione possibile, ed all’Estero- per la reputazione dell’Italia, cui certamente non avrebbe giovato l’immagine di un Parlamento cronicamente rissoso ed inconcludente.
Innanzi a provvedimenti governativi di cui non condivideva il tenore, faceva talora filtrare il suo avviso, mercé indiscrezioni di stampa sui messaggi che avrebbe potuto inviare alle Camere a fronte di disegni di legge di dubbia costituzionalità; ma quando il Parlamento era nel mezzo dei suoi compiti valutativi e decisionali, non volle in alcun modo interferire, in coerente ossequio al suo convincimento che” quando il Parlamento discute, il Presidente tace”.
Avvertì prioritarie la ridefinizione dei rapporti tra il potere politico e quello economico-mediatico; tra il Legislativo, l’ Esecutivo e l’ Ordine giudiziario; tra maggioranza ed opposizione, in ordine al qual ultimo problema lucidamente paventava che- ove si fosse consolidata la prassi di riforme attuate ‘a colpi di maggioranza’ ad ogni cambio della stessa, si potesse giungere a cambiare la Costituzione, al di fuori di quell’ampia condivisione che era stata prefigurata agli albori della Repubblica.
Sul tema “giustizia” in particolare, rimarcò l’importanza di un sistema giudiziario efficiente e celere, indipendente ed imparziale; quindi l’urgenza della “depenalizzazione” dei reati minori; nonché la necessità di un’istruzione professionale per i giovani reclusi, che ne avrebbe facilitato il reinserimento nel tessuto sociale.
Sin dal discorso di insediamento, sostenne la necessità di un allargamento dell’U.E. ai popoli che ancora non ne facevano parte, onde scongiurare nuove guerre, come quelle balcaniche. Per l’ Italia in specie, osservò che la creazione dell’Euro postulava che, avendo conseguito l’auspicata stabilità l’economia interna, fosse orientata alla promozione dello sviluppo e dell’occupazione, vieppiù nel Mezzogiorno.
Nel primo messaggio di fine anno, ricordò che l’Italia, impegnata in prima linea nel dialogo interculturale anche in ragione della sua centralità mediterranea, considerava che il fenomeno immigratorio di persone che chiedevano lavoro per sfuggire alla miseria dei loro Paesi, andava accolto restando “attenti ai bisogni degli altri, sicuri dei nostri valori”.
Dopo la strage dell’11 settembre a New York, innanzi alla tentazione di criminalizzare l’intero mondo islamico, il Capo dello Stato volle ricordare che la religione maomettana condivideva con il Cristianesimo principi universali, pur nella diversità. Lo sradicamento del terrorismo presupponeva, tuttavia, il conseguimento della pace in Medioriente, attraverso il mutuo riconoscimento delle identità culturali specifiche ad entrambe le parti in causa.
Nel luglio 2003 iniziò il semestre di Presidenza italiana dell’U.E., il che conferì un’ulteriore visibilità all’impegno internazionale del nostro Paese, che di lì a poco si sarebbe tragicamente imposta per la strage del 12 novembre a Nassiriya, in cui persero la vita 19 membri del contingente italiano. Nel messaggio di fine anno Ciampi ricordò “gli sguardi, le parole, la dignità , la compostezza dei familiari dei nostri caduti”. In quei familiari colse “l’immagine della famiglia, fondamento della società italiana, e l’espressione più alta dell’amor di Patria.
Il 24 ottobre 2004 venne sottoscritto significativamente a Roma il Trattato costituzionale dell’U.E., che il nostro Presidente volle così definire: “E’ l’atto di nascita di un’unione politica, non solo economica e sociale; un evento unico nella storia del nostro Continente, una svolta nella storia dell’umanità”.
Innanzi alle preoccupazioni circa la mancata crescita economica, Ciampi nell’estate del 2005 rilevò che il confermato rigore del patto di stabilità, non era di per sé una garanzia di crescita, ma era urgente approvare quanto prima possibile un bilancio comunitario che, oltre ad esprimere un equilibrio fra le diverse istanze degli Stati, fosse “basato su obiettivi coerenti e solidali”.
Terminato il suo operoso passaggio terreno, alla Camera ardente allestita al Senato ed alla privata cerimonia religiosa nella sua chiesa parrocchiale, venne reso omaggio alle sue spoglie mortali da parte di cittadini di ogni ceto ed orientamento.