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Comunità ecuadoregna a Roma e le elezioni nel Paese

Comunità ecuadoregna a Roma e le elezioni nel Paese

K metro 0 – Roma – Con la giovane Rocìo Flores, ecuadoregna, che vive e lavora da anni a Roma, dove l’hanno raggiunta anche i figli, parliamo a fondo dei problemi di un Paese, appunto l’Ecuador, che, come vari altri dell’America Latina, con l’Italia ha da sempre rapporti di costruttiva amicizia. Senza pretendere di emettere

K metro 0 – Roma – Con la giovane Rocìo Flores, ecuadoregna, che vive e lavora da anni a Roma, dove l’hanno raggiunta anche i figli, parliamo a fondo dei problemi di un Paese, appunto l’Ecuador, che, come vari altri dell’America Latina, con l’Italia ha da sempre rapporti di costruttiva amicizia. Senza pretendere di emettere giudizi sulla situazione interna di questo Paese, ascoltiamo la sua testimonianza, rilasciataci mentre in Ecuador si sta per votare, il 7 febbraio, alle elezioni politiche e per le elezioni presidenziali. Proprio come gli italiani residenti all’estero in base alla legge 459 del 2001, i cittadini ecuadoregni viventi fuori del proprio Paese eleggono alcuni deputati in circoscrizioni estere: in quelle per l’Europa, esattamente 4 deputati (2 effettivi e 2 supplenti).

D. Rocio, cosa è successo dopo il tuo primo arrivo qui in Italia (2001)?

R. Nel 2004, tornata temporaneamente in Ecuador, vidi che la situazione del mio Paese era sempre difficile: il lavoro scarseggiava, ed era in corso, da alcuni anni, una grave crisi finanziaria ed economica, che era precipitata, nel 2000, sino addirittura alla “dollarizzazione” (il sucre, moneta nazionale, era stato sostituito a tutti gli effetti dal dollaro USA!), con conseguenze speculative incredibili. La crisi si è protratta sino al 2007: quando è stato eletto Presidente della Repubblica (l’Ecuador è repubblica presidenziale, N.d.R.) Rafael Correa, economista che ha studiato anche in Belgio e negli USA, già ministro delle Finanze nel 2005, e leader del gruppo “Allianza Pais”, che alle elezioni politiche appoggiava i candidati del Partito socialista.

D. Cosa è cambiato, con l’elezione di Correa?

R. Correa obbiettivamente ha migliorato la situazione economica, potenziato l’istruzione pubblica, specie per gli studenti delle classi piu’ disagiate, stimolato i lavori pubblici (con un forte programma di costruzione di strade, ospedali, raffinerie, centrali elettriche, impianti per l’energia eolica, ecc…) e la difesa dell’ambiente. Tutte cose, va detto, decisamente nuove per il nostro Paese: che, però, non han risparmiato, a Correa, l’accusa, da parte delle classi agiate, di volerle impoverire…

D. Sappiamo che questo Presidente, fortemente amato dal popolo, ha cercato di integrare l’economia nazionale con quelle di altri Paesi del Sudamerica, cercato di rinegoziare il debito estero dell’Ecuador e ha proposto una riforma del settore petrolifero limitante gli alti profitti delle compagnie straniere. Del resto, è stato rieletto 2 volte,ma ora, la sua parabola sembra arrestata…

R. Purtroppo, nel 2020 – con Lenìn Moreno nuovo presidente – Correa in Ecuador è stato condannato, contumace, a 8 anni di carcere (con l’accusa di aver guidato una rete di corruzione che, tra il 2012 e il 2016, avrebbe ricevuto “contributi indebiti” a Palazzo Carondelet, sede del Governo e residenza ufficiale del Presidente della Repubblica, a Quito, per finanziare il suo movimento in cambio della concessione di contratti statali a uomini d’affari N.d.R.). Oggi, Correa vive in Belgio, perchè là ha la famiglia (sua moglie è belga): da anni, infatti, aveva deciso che, una volta lasciato il potere, sarebbe andato a vivere in questo Paese. Voleva anche ritirarsi dalla politica, ma il tradimento di Moreno l’ha costretto a tornare attore politico: oggi, pur non avendo potuto candidarsi a queste prossime elezioni presidenziali, è pronto a tornare in Ecuador, se il Paese lo richiederà. Sappiamo che, per tornare a Quito, è pronto anche a rinunciare all’immunità parlamentare: perché quel che piu’ gli sta a cuore, è dimostrare al mondo di essere innocente.

D. E com’è ora la situazione in Ecuador, specie dopo i violenti scontri dell’ottobre 2019 (con morti e feriti), tra polizia e manifestanti indigeni, che protestavano per l’abolizione degli importanti sussidi per la benzina e il diesel?

R. E’ sempre tesa. Specie perché il nuovo presidente Lenìn Moreno, eletto nel 2017, che pure proveniva dallo stesso ambiente socialista e popolare di Correa, dal dialogo con la destra è passato a una vera e propria alleanza con essa (quindi con petrolieri, grossi uomini d’affari, multinazionali, ecc…). Moreno ha adottato una politica decisamente liberista: riduzione della spesa pubblica, liberalizzazione del commercio, flessibilità del codice del lavoro, riduzione, soprattutto, delle politiche di sviluppo sociale e ridistribuzione della ricchezza scelta dal precedente governo. Noi ecuadoregni, anche chi vive in Italia ( dove siamo circa 8.000, concentrati soprattutto a Milano, ma anche a Roma), siamo davvero stanchi e disgustati di questa situazione.

D. chi sono, allora, i nuovi candidati alla presidenza della repubblica?

R. Come Presidente, il giovane Andres Arauz, classe 1985, già Ministro sotto la presidenza di Correa, economista ed ex direttore generale della Banca Centrale dell’Ecuador; mentre come Vicepresidente, il giornalista Carlos Rabascall, uomo particolarmente sensibile alle questioni legate al sociale e ai diritti dei disabili. Entrambi sono sostenuti dalla coalizione “UNES”, costituita dai partiti “Centro Democràtico” (centrosinistra) e “Compromiso Sociale”, con altre organzzazioni sociali. Candidati al Parlamento, invece, sempre per questa formazione, sono Gustavo Mateus ed Ester Cuesta (affiancati da altri candidati supplenti). Comunque vadano queste elezioni, in Ecuador e qui in Italia, mi auguro davvero che il mio Paese entri finalmente in una fase di sviluppo e di pace sociale.

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