fbpx

Meccanismo Europeo di Stabilità: cosa prevede la riforma

Meccanismo Europeo di Stabilità: cosa prevede la riforma

K metro 0 – Adnkronos – Bruxelles – L’Esm o Mes, Meccanismo Europeo di Stabilità, è il meccanismo per la risoluzione delle crisi creato nel 2012 per gli Stati dell’area euro. Serve a fornire assistenza ai Paesi dell’Eurozona che hanno seri problemi finanziari; raccoglie fondi sul mercato dei capitali e mediante transazioni sul mercato monetario.

K metro 0 – Adnkronos – Bruxelles – L’Esm o Mes, Meccanismo Europeo di Stabilità, è il meccanismo per la risoluzione delle crisi creato nel 2012 per gli Stati dell’area euro. Serve a fornire assistenza ai Paesi dell’Eurozona che hanno seri problemi finanziari; raccoglie fondi sul mercato dei capitali e mediante transazioni sul mercato monetario. Non è finanziato da denaro dei contribuenti, capitale a parte: si finanzia sui mercati, emettendo obbligazioni.

E’ nato, come ricorda un volumetto di Alessandro Mangia, docente di Diritto Costituzione dell’Università Cattolica di Milano, edito da Scholé (“Mes. L’Europa e il Trattato impossibile”), per riempire un vuoto, un’anomalia della costruzione europea: l’Ue ha una banca centrale, la Bce, che non può essere “prestatore di ultima istanza”, per motivi politici.

Dopo il caos provocato da questo vuoto con la crisi greca del 2010-11, i Paesi dell’Ue hanno deciso di ‘metterci una pezza’, creando il Mes, che interviene al posto della Bce per salvare i Paesi in difficoltà, ma non con risorse illimitate come accade in genere, bensì limitatamente al capitale. Dal punto di vista del diritto, per Mangia, resta “un oggetto misterioso”, che “galleggia nell’indistinto”.

Il Mes ha sede a Lussemburgo, è un organismo intergovernativo (non un’istituzione Ue) e ha una capacità di prestito massima di 500 mld di euro (attualmente 383 mld). Dal luglio 2013 ha sostituito l’Efsf, European Financial Stability Fund, il quale ha assistito Irlanda, Portogallo e Grecia. L’Esm ha fornito assistenza finanziaria alla Grecia, a Cipro e alla Spagna.

Lo statuto del Mes è ricalcato sul modello delle banche d’affari, come quello del Fmi, e prevede l’immunità per i suoi dirigenti. L’articolo 3 del trattato istitutivo, che rimane invariato nella riforma, prevede che le sue risorse vengano erogate “under strict conditionality” (con condizionalità rigide).

L’Italia è il terzo maggior socio del Mes, dopo Germania e Francia, con 14,33 mld di capitale versato e 125,4 mld di capitale sottoscritto. Il direttore è il tedesco Klaus Regling; impiega 175 persone, di 42 nazionalità diverse.

La riforma, basata su diversi pilastri (backstop del Fondo Unico di Risoluzione, linee di credito dell’Esm, sostenibilità del debito, cooperazione dell’Esm con la Commissione Europea), si è resa necessaria per dare al Mes una serie di nuovi compiti, nell’ambito degli obiettivi approvati dai capi di Stato e di governo dell’Ue nel dicembre 2018, per completare l’unione economica e monetaria e, appunto, l’Esm (Mes).

Dopo un lungo negoziato, è stata chiusa a fine 2019, ma non era stata approvata fino ad oggi per le difficoltà politiche dell’Italia.

BACKSTOP – Tra questi obiettivi, c’è anzitutto il backstop , cioè la garanzia di ultima istanza, per il Single Resolution Fund (Srf), o Fondo Unico di Risoluzione: quest’ultimo è un fondo, finanziato dalle banche stesse e non dai contribuenti, che interviene per ‘risolvere’, come si dice in gergo, le banche fallite. Questa garanzia (backstop) dovrebbe essere fornita dall’Esm, con una linea di credito che fa, appunto, da garante di ultima istanza, cioè nel caso in cui l’Srf si trovi a corto di fondi. La sua esistenza dovrebbe contribuire a scoraggiare attacchi speculativi.

Il backstop, nelle intenzioni originarie, sarebbe dovuto entrare in vigore, entro il primo gennaio 2024; ora dovrebbe entrare in vigore prima, a inizio 2022, avendo le banche fatto progressi sufficienti nella riduzione degli Npl, come vengono detti in gergo i crediti deteriorati. Le banche del Sud Europa, specie in Italia quelle più grandi, hanno in gran parte ripulito i bilanci dalle sofferenze eredità della passata crisi, e ora dovranno caricarsi quelle che verranno prodotte dalla crisi in corso.

L’Srf potrà fare ricorso al Mes solo in ultima istanza, cioè se avrà esaurito le sue risorse e il Single Resolution Board, che lo controlla, non fosse in grado di raccogliere risorse in altro modo. La decisione sulla concessione della linea di credito dal Mes all’Srf viene presa, sulla base di una richiesta del Srb e di una proposta del direttore del Mes, dal board dei governatori del Mes, che sono alti funzionari dei ministeri delle Finanze dell’area euro.

La decisione del board avviene per consenso, ma se la Commissione Europea e la Bce ritengono che sia in gioco la sostenibilità dell’Eurozona, allora si può votare a maggioranza qualificata (85% dei voti espressi), secondo una procedura che esiste dal 2012 per gli strumenti di aiuto finanziario.

LINEE DI CREDITO AGLI STATI – Il Mes ne ha a disposizione di due tipi, le Precautionary Conditioned Credit Lines (Pccl) e le Enhanced Conditions Credit Line (Eccl); la riforma punta a rendere le prime più “efficaci”.

Le linee del Pandemic Crisis Support creato nella prima metà del 2020 per aiutare gli Stati a combattere la pandemia di Covid-19, e finora inutilizzate, non fanno parte della riforma.

Le Pccl sono a disposizione di Stati membri dell’area euro con fondamentali economici “solidi”, ma che vengono colpiti da choc avversi al di là del loro controllo. La Pccl funziona come una polizza di assicurazione: in pratica, l’assunzione di base è che il fatto stesso che esista sia sufficiente a placare i mercati; in questo modo, non ci dovrebbe essere neanche bisogno di utilizzarla.

In poche parole, le Pccl servono a disinnescare le crisi, impedendo che diventino più gravi (come è successo nel caso della Grecia, per tamponare la situazione della quale all’inizio sarebbero bastate poche decine di miliardi: si intervenne con grande ritardo, aumentando i costi, per motivi di politica interna di alcuni Paesi dell’Eurozona), cosa che invece costringerebbe lo Stato in questione a richiedere un prestito vero e proprio dell’Esm, accompagnato da un programma di aggiustamento economico.

Linee di credito simili alle Pccl sono fornite oggi anche dall’Fmi e sono state utilmente usate da diversi Paesi. Con la riforma, l’accesso alle Pccl sarà fondato su una serie di criteri e riservato ai membri dell’Esm la cui situazione finanziaria ed economica sia “robusta” nei fondamentali e il cui debito pubblico sia “sostenibile”.

I criteri includono: non aver superato, nei due anni precedenti la richiesta della Pccl, il 3% nel rapporto deficit/Pil; un saldo strutturale pari o superiore un parametro specifico per Paese; un debito pubblico inferiore al 60% del Pil o una riduzione nel differenziale rispetto al 60% nei precedenti due anni a una media di un ventesimo l’anno (come prevede la regola del debito, che l’Italia non ha mai rispettato dal 2013 e che dovrebbe essere ridiscussa l’anno venturo).

Il Paese, tra l’altro, deve avere accesso ai mercati dei capitali a condizioni ragionevoli. Chi richiede la Pccl non dovrà firmare un memorandum d’intesa e fare riforme, ma firmerà una lettera di intenti, in cui si impegna a continuare a rispettare tutti i criteri di eligibilità; il rispetto degli stessi verrà valutato ogni sei mesi. Se un Paese membro del Mes non rispetta più i criteri, allora la linea di credito viene interrotta, a meno che il board non decida per consenso di mantenerla.

Il Paese cui viene recisa la linea di credito può comunque chiedere un altro tipo di aiuto dall’Esm. I membri dell’Esm che non rispettano i criteri per la Pccl possono chiedere la Eccl, Enhanced Condition Credit Line; devono comunque avere una situazione economica e finanziaria “solida”. Il Paese che richiede una Eccl deve siglare un memorandum d’intesa, con cui si impegna a rispettare le condizioni previste dal memorandum stesso.

Il Paese si impegna ad adottare misure correttive che affrontino le sue debolezze e per evitare problemi futuri per quanto riguarda l’accesso ai mercati. Quando ottiene una Eccl oppure preleva da una Pccl, il Paese è soggetto a sorveglianza aumentata da parte della Commissione Europea, sorveglianza che copre le condizioni finanziarie del Paese e il suo sistema finanziario. Queste regole esistono dal 2012 e rimangono invariate nel trattato che dovrebbe emergere dalla riforma.

LE CACs – C’è poi il capitolo delle Cacs, le clausole di azione collettiva (Collective Action Clauses, previste nei titoli di Stato: consentono di cambiare le condizioni contrattuali a maggioranza, rendendo i cambiamenti efficaci per tutti i titoli, non solo per quelli detenuti da coloro che hanno acconsentito ad una ristrutturazione.

Le Cacs esistono da anni (vengono previste nei titoli di Stato dell’Eurozona, quindi anche nel nostro debito, fin dal 2013) e non sono un’invenzione della riforma; sono state introdotte per rendere più facili e ordinate le ristrutturazioni dei debiti sovrani.

Le Cacs sono essenzialmente uno strumento per rendere più gestibile, rapida e ordinata, per quanto possibile, la ristrutturazione di un debito, senza che rimanga incagliata per anni per via di cause giudiziarie. Attualmente, le Cac sono ‘Double-Limb’: prevedono cioè, per cambiare le condizioni contrattuali e rendere le condizioni di ristrutturazione efficaci erga omnes una doppia maggioranza, una al livello di ogni serie di titoli e l’altra a livello di tutte le serie combinate.

Con la riforma verrebbero introdotte le Single-Limb Cacs, che prevedono solo la seconda delle due maggioranze, rendendo così meno probabile la formazione di minoranze di blocco tra i bondholders, minoranze che possono ostacolare la ristrutturazione del debito. Le Single-Limb Cacs verrebbero introdotte a partire dal primo gennaio 2022. Su questa parte della riforma, come su quella relativa alle linee di credito, incidono le tradizionali preoccupazioni dei Paesi nordici, che vedono i rendimenti dei titoli di Stato come un utile freno alle supposte tendenze dei Paesi mediterranei ad allargare i cordoni della borsa.

La riforma del Mes è stata negoziata dal governo Conte uno: una volta chiusa, è stata bloccata a fine 2019 a causa delle difficoltà politiche del governo italiano, il Conte 2, a procedere.

Le Single-Limb Cacs in teoria dovrebbero rendere meno difficili le ristrutturazioni dei debiti; quindi, sempre ragionando in teoria, rendere più rischiosi i titoli di Stato italiani. Le evidenze, però, indicano il contrario: secondo un paper dell’Fmi (Kay Chung and Michael G. Papaioannou, agosto 2020), dedicato specificamente alla questione, l’inclusione delle Cac nei bond “è associata con costi inferiori sia per gli emittenti investment-grade” che per quelli con rating inferiore, perché “gli attori sul mercato non associano l’utilizzo delle Cac con il rischio morale dell’emittente, ma invece considerano i benefici impliciti di un processo ordinato ed efficiente in caso di ristrutturazione” del debito”.

In parole povere, i mercati ritengono che il Paese indebitato non sia incentivato ad indebitarsi maggiormente e a puntare a fare default dal fatto che la ristrutturazione del suo debito è resa più agevole dalla presenza delle Cacs. Pertanto, tendono a vedere i vantaggi, costituiti essenzialmente dal fatto che un’eventuale ristrutturazione verrebbe resa dalle Cacs più ordinata e meno caotica, se le cose dovessero andare male.

RUOLO DELLA COMMISSIONE E DEL MES – Tornando alla riforma, il Mes, nell’ambito della ristrutturazione di un debito, può, se richiesto dallo Stato stesso, facilitare il dialogo tra il Paese e gli investitori privati. Nei prossimi programmi di assistenza finanziaria, l’Esm avrà un ruolo maggiore, specie nel delineare la condizionalità politica: ogni memorandum d’intesa verrà firmato sia dalla Commissione che dal direttore dell’Esm.

Commissione e Mes prepareranno insieme le valutazioni necessarie ai nuovi programmi. Nel caso in cui il Mes e la Commissione non concordino sull’analisi di sostenibilità del debito, la seconda sarà responsabile dell’analisi, il primo valuterà la capacità del Paese di rimborsare l’Esm. Il nuovo trattato sull’Esm entrerà in vigore solo dopo la ratifica in tutti i 19 Stati membri, il che comporta il via libera dei Parlamenti nazionali, dopo la firma nel gennaio 2021.

Condividi su:

Posts Carousel

Latest Posts

Top Authors

Most Commented

Featured Videos

Che tempo fa



Condividi su: