K metro 0 – Madrid – I fotoreporter spagnoli denunciano una certa censura da parte della politica nei confronti delle dure immagini relative alla pandemia di coronavirus e accusano di non aver potuto mostrare, attraverso i loro obiettivi, la grave realtà che stiamo vivendo da marzo. Accusano inoltre i mainstream di aver selezionato le immagini,
K metro 0 – Madrid – I fotoreporter spagnoli denunciano una certa censura da parte della politica nei confronti delle dure immagini relative alla pandemia di coronavirus e accusano di non aver potuto mostrare, attraverso i loro obiettivi, la grave realtà che stiamo vivendo da marzo. Accusano inoltre i mainstream di aver selezionato le immagini, mettendo in mostra balconi pieni di applausi in prima serata, diminuendo drasticamente la vera entità di disperazione in cui il paese versa a causa del Covid-19.
24 fotografi, spagnoli e latinoamericani hanno collaborato ad un collage non filtrato a cui hanno dato il loro contribuito, Gervasio Sánchez, Sandra Balsells, Ricardo Garcia Vilanova, Santi Palacios e altri professionisti spagnoli come Cristina García Rodero, Diego Ibarra Sánchez, Andoni Lubaki, Isabel Muñoz, Juan Manuel Castro Prieto, Laura León Gómez, Nuria López Torres, Susana Vera, e molti altri. Lo stesso gruppo ha anche chiesto, come riportato da El Confidencial Digital sapgnolo, una riflessione sociale sulla censura delle informazioni, sul tabù della morte e sulla comunicazione ai bambini della tragedia più imponente vissuta dalla Spagna, dopo la guerra civile.
I reporter sono abituati ad avvicinarsi ed avvicinarci al dolore e all’ingiustizia delle guerre con etica e rispetto e quasi nove mesi dopo questa pandemia sono frustrati, perché non è stato loro possibile fotografare, quindi raccontare e testimoniare, ciò che stava accadendo in un Paese europeo con più di 43.000 morti ufficiali e migliaia di cittadini disperati.
Garcia Vilanova, che da più di 20 anni riporta nelle sue opere i drammi dei conflitti e delle crisi umanitarie, ha cercato di descrivere l’edulcorazione dei media riguardo la pandemia con una similitudine grafica: “È più facile lavorare in una zona di conflitto che entrare in un ospedale qui“; ha dichiarato inoltre che “nella comunicazione di questa pandemia in Spagna c’è stato una forte censura”.
Nel mentre, le barriere imposte alla qualità dell’informazione, secondo Santi Palacios, “non hanno spiegazioni e alimentano negazionismo”, mentre sul lavoro interno dei media, Sandra Balsells ritiene che alcuni si siano “auto-censurati”, ha aggiunto che “in altri paesi la verità è stata dimostrata con coraggio e rispetto”.
Garcia Vilanova si è scagliato fortemente contro la censura anche perché “I morti sono stati tanti e, tuttavia, sono state mostrate solo fotografie di persone che applaudivano, festeggiavano non so bene cosa, come se stessimo parlando a una società infantile. Tutto questo ha generato che non ci siamo sensibilizzati abbastanza. Non c’è da stupirsi che aumentino i negazionisti, perché non hanno visto la realtà dei fatti”.
Garcia Villanova conclude ritenendo che “il giornalismo ha fallito in questa pandemia. Ci sarà per sempre una censura della nostra memoria storica, perché la crisi più grave dopo la guerra civile non è stata documentata”.
Di fronte a una società abituata a vedere dolore, morte, solitudine e povertà importati da paesi lontani, Garcia Vilanova denuncia “un doppio standard” che si compromette “con immagini di bambini annegati o vittime di attentati, per poi nascondere i morti della pandemia. La morte, per le autorità, resta un argomento tabù. Le persone che governano hanno voluto raccontare la pandemia a una società immatura e hanno sottovalutato la maturità del giornalismo, quasi senza alcun tipo di resistenza”.