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Il cammino della civiltà – Parte V

Il cammino della civiltà – Parte V

K metro 0 – Roma – Pietro Giannone (1676- 1748) riveste una particolare importanza nella storia del pensiero giuridico non solo italiano, ma anche europeo, per l’avere elaborato a chiare lettere la tesi del separatismo tra Chiesa e Stato nell’età moderna. La sua proposta era di un cristianesimo ragionevole, più che di uno sconvolgimento della

K metro 0 – Roma – Pietro Giannone (1676- 1748) riveste una particolare importanza nella storia del pensiero giuridico non solo italiano, ma anche europeo, per l’avere elaborato a chiare lettere la tesi del separatismo tra Chiesa e Stato nell’età moderna.

La sua proposta era di un cristianesimo ragionevole, più che di uno sconvolgimento della Chiesa come istituzione.

Nella configurazione dello Stato, laico ed indipendente, mentre i giuristi a lui precedenti avevano spesso teorizzato come ottimale la figura del Principe giusto, Giannone partì da una valutazione critica dei singoli istituti, concludendo che lo Stato non doveva identificarsi fisicamente con chi lo governava, bensì con le classi sociali che riuscivano a tutelare prevalentemente i propri interessi.

Proclamò che la libertà era la massima aspirazione di un individuo che volesse sentirsi cittadino e non suddito, e che le supreme magistrature non avevano alcun valore in quanto tali, ma solo come effettive espressioni della volontà popolare che le conferiva per il conseguimento di finalità comuni.

Le leggi dovevano – parimenti – essere manifestazioni della volontà articolata di più classi, e non del solo governante.

Giambattista Vico, (1668-1744) profondamente critico nei confronti del giusnaturalismo, studiò con passione umanistica le vestigia del passato, radicandosi nel convincimento che l’individuo potesse conoscere solo ciò cui egli stesso aveva dato origine, per cui l’unica branca del sapere che gli apparve meritevole del titolo di scienza (cioè di conoscenza), fu la storia.

In tale ottica, evidenziò l’evoluzione della società da una condizione primordiale nella quale il diritto si era affermato attraverso l’effettività dei rapporti di forza, ad una successiva arricchita di contenuti etici, che lo connotò non più attraverso detti rapporti, bensì attraverso la ragionevolezza delle sue prescrizioni.

Nel raffrontare la natura comune alle varie Nazioni, trovò costumi analoghi tra i diversi popoli, come la celebrazione dei matrimoni solenni, il culto dei defunti, il sentimento religioso: “Idee uniformi note presso interi popoli tra di loro non conosciuti, debbono avere un motivo comune di vero” – scrisse – spiegando che era la stessa Provvidenza a manifestarsi attraverso i naturali costumi umani, in modo da essere accessibile alla razionalità degli individui.

La storia risultava pertanto essere la sintesi di due fattori : l’opera dell’uomo (in quanto traduzione in fatti reali del pensiero umano) e l’opera di Dio (in quanto risultato della richiamata Provvidenza).

Il Vico non si rese conto che il giusnaturalismo da lui rifiutato, ricompariva (seppure nelle forme di un giusnaturalimo “cristiano”), accanto allo storicismo, per spiegare le ragioni ultime del diritto.

La corrente dell’ Illuminismo cui appartenendo entrambi i filosofi, fu così denominata in quanto mirante a valorizzare i Lumi della Ragione contro l’accettazione acritica di verità precostituite, di dogmi e con il conseguente superamento di ogni intolleranza dell’altrui pensiero.

La Ragione fu vieppiù considerata il senso comune ai vari popoli, malgrado le differenze di dettaglio consistenti nei costumi, nelle leggi positive, nelle singole religioni.

Innanzi al proliferare dei conflitti armati, delle carestie e delle epidemie che avevano funestato gli albori dell’età moderna, era seguito anche lo smarrimento per il venire meno della auctoritas dei due pilastri del Papato e dell’Impero, già fonti idealizzate della legittimità dell’umano agire.

Fu avvertito pertanto intensamente il desiderio di un nuovo, saldo ancoraggio ideale che potesse costituire la base di una voce comune tra i popoli, cioè di un nuovo diritto internazionale che per diversa via potesse attualizzare il jus gentium di romanistica memoria.

Fu questa la spinta per la “resurrezione” del diritto naturale, che venne ad offrire una fonte univoca di legittimità, con delle regole accessibili a tutti, grazie all’universalità del linguaggio della Ragione

In base ad esso furono stabilite le regole per i rapporti fra gli Stati e, all’interno di ciascuno di essi, vennero poste le basi per circoscrivere l’autorità dei vari Sovrani.

La fiducia nella ragione generò la teoria del c.d. dispotismo illuminato, cioè guidato appunto dalla luce della Ragione medesima per il benessere della collettività.

Riguardo al diritto in particolare, furono affermate le necessità della sua certezza, concisione, chiarezza, accessibilità generale, redazione per iscritto.

I giudici – principio assai disatteso oggi in Italia –dovevano limitarsi a dicere jus, cioè ad essere bocca della Legge, senza librarsi in soggettivismi interpretativi, che sovente si rivelavano essere dei veri e propri arbitrii nei confronti delle parti in causa.

Nel campo penale in particolare, l’Illuminismo si batté contro la tortura, la pena di morte, i reati di opinione, le pene infamanti e, in campo processuale, per un sistema uniforme di garanzie per l’imputato, quale che fosse il suo ceto, in ossequio al principio dell’eguaglianza innanzi alla legge.

In Francia l’Illuminismo non riuscì a sortire l’effetto di un dispotismo illuminato, ma ebbe l’epilogo della Rivoluzione, con le conseguenze note del Terrore, dei bagni di sangue e di altre aberrazioni, come l’aver sostituito all’intolleranza religiosa quella politica.

Degli ideali proclamati dalla Rivoluzione francese, cioè Libertà, Fraternità ed Eguaglianza, alla fine fu solo quest’ultimo ad essere coerentemente “esportato” dalle armate napoleoniche.

Nondimeno neanche la Restaurazione riuscì a spegnere il fuoco libertario che aveva irreversibilmente acceso i cuori e rischiarato le menti degli europei tutti, né ad arrestare l’impianto di codificazioni nazionali innovative – e non più meramente compilative – redatte sul modello del Codice napoleonico.

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