K metro 0 – Adnkronos – Lombardia – Non piace a tutti il nuovo Dpcm che divide l’Italia in tre aree. Sono soprattutto i governatori delle ‘regioni rosse’ (Calabria, Lombardia, Piemonte e Valle d’Aosta) a lamentarsi della decisione del governo. “Le richieste formulate dalla Regione Lombardia non sono state neppure prese in considerazione. Uno schiaffo in
K metro 0 – Adnkronos – Lombardia – Non piace a tutti il nuovo Dpcm che divide l’Italia in tre aree. Sono soprattutto i governatori delle ‘regioni rosse’ (Calabria, Lombardia, Piemonte e Valle d’Aosta) a lamentarsi della decisione del governo.
“Le richieste formulate dalla Regione Lombardia non sono state neppure prese in considerazione. Uno schiaffo in faccia alla Lombardia e a tutti i lombardi. Un modo di comportarsi che la mia gente non merita”, ha commentato a caldo il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana.
“Questa notte non ho dormito. Ho passato le ore a rileggere i dati, regione per regione, a cercare di capire come e perché il Governo abbia deciso di usare misure così diverse per situazioni in fondo molto simili”, ha commentato su Facebook il presidente del Piemonte, Alberto Cirio che sulla decisione del governo di inserire il Piemonte tra le zone rosse aggiunge: “Voglio che mi si spieghi la logica di queste scelte”.
“Il governo è rimasto sordo a qualsiasi sollecitazione da parte nostra”, ha detto il presidente facente funzione della Calabria Nino Spirlì a ‘Coffee Break’ su La7. “Ho tentato inutilmente di evitare questa inutile decisione – ha aggiunto – che ammazzerà la regione. La gente creperà di fame”.
Scontenti anche Musumeci e De Luca. “Ci hanno imposto la zona arancione. E’ un provvedimento unilaterale, non concordato. E a molti appare dettato più da motivazioni politiche che scientifiche. L’autonomia in questi giorni è in vacanza. Per il governo centrale lo è da un pezzo. Gli episodi sono tali e tanti da farmi convincere sempre più del fatto che siamo di fronte a un pericoloso ritorno al centralismo romano che tende a mortificare e avvilire le autonomie regionali”, ha commentato, intervistato da La Repubblica, Nello Musumeci, presidente della Regione Sicilia.
Sul perché la Sicilia sia finita nella zona arancione riferisce invece: “Mi verrebbe facile risponderle. Il ministro Speranza sostiene che la valutazione non può essere fatta su un dato giornaliero ma su una media nel recente periodo. Vuole un dato su tutti? Oggi la Campania ha avuto oltre quattromila nuovi positivi, la Sicilia poco più di mille. La Campania ha quasi 55 mila positivi, la Sicilia 18 mila. Vogliamo parlare del Lazio? Ricovera oggi 2.317 positivi a fronte dei 1.100 siciliani, con 217 in terapia intensiva contro i nostri 148. Eppure Campania e Lazio sono in zona gialla. Perché questa spasmodica voglia di colpire centinaia di migliaia di imprese siciliane? Al governo Conte chiediamo di modificare il provvedimento, perché ingiusto e ingiustificato”.
“Perplessità rispetto al decreto e alle sue incongruenze” è stata espressa anche dal presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca. “L’ultimo Dpcm – dichiara – stabilisce il blocco della mobilità dalle 22 alle 5. Sembra francamente che sia una misura più che contro il Covid, contro il randagismo, visto che non interessa il 99 per cento dei cittadini. Ma la cosa grave è che, nel frattempo, non si decide nulla rispetto alle decine di migliaia di persone che, nei fine settimana, nelle domeniche, si riversano in massa sui lungomari e nei centri storici, senza motivi di lavoro o di salute, e nell’assenza di ogni controllo”. “Ci si domanda inoltre, cosa sia cambiato rispetto ai due mesi passati, nel corso dei quali il ministro della Pubblica istruzione ci ha ripetuto che mai e poi mai si sarebbe chiusa l’attività all’interno delle scuole – ha sottolineato De Luca – Si sono perse settimane preziose e nel frattempo sono aumentati in modo pesante i contagi anche nella fascia 0-18 anni. In più, si prevede per i bambini delle elementari l’obbligo di indossare in classe la mascherina. E’ francamente sconcertante”. “Il Governo si assumerà la responsabilità sanitaria e sociale conseguente alle sue scelte, sempre ritardate, e sempre parcellizzate”, ha affermato allora.