K metro 0 – Minsk – “Smettila di torturare il tuo popolo!“. Questo il grido di protesta dei circa 20.000 cittadini bielorussi che per la tredicesima domenica consecutiva hanno invaso le strade della capitale protestando contro il regime. La richiesta dei manifestanti è unanime: si chiedono le dimissioni di Alexander Lukashenko. Il capo di stato
K metro 0 – Minsk – “Smettila di torturare il tuo popolo!“. Questo il grido di protesta dei circa 20.000 cittadini bielorussi che per la tredicesima domenica consecutiva hanno invaso le strade della capitale protestando contro il regime.
La richiesta dei manifestanti è unanime: si chiedono le dimissioni di Alexander Lukashenko. Il capo di stato ha ottenuto il suo sesto mandato in un’elezione del 9 agosto ampiamente considerata esito di un broglio elettorale. La schiacciante vittoria di Lukashenko sulla sfidante Sviatlana Tsikhanouskaya, la quale ha annunciato uno sciopero generale, ha innescato la più grande e sostenuta ondata di proteste di massa dei 26 anni di potere dell’“ultimo dittatore d’Europa”.
Per la tredicesima domenica consecutiva, i manifestanti si sono scontrati con truppe speciali e agenti di polizia, che hanno fatto ampio uso di granate assordanti per disperdere la folla lanciando ripetutamente colpi di avvertimento in aria, sebbene le autorità si ostinino a definirle “armi non letali”.
Secondo il centro per i diritti umani Viasna, la polizia ha arrestato nelle ultime ore oltre 250 persone a Minsk e in altre città bielorusse dove si sono svolte proteste, che si vanno ad aggiungere alle oltre 15.000 persone che sono state trattenute dalle elezioni presidenziali ad oggi. Diversi giornalisti erano tra i detenuti e molti di questi sono stati picchiati, hanno dichiarato gli attivisti.
Reuters riporta le dichiarazioni di un testimone, secondo il quale la polizia antisommossa ha usato la forza e granate assordanti per disperdere i manifestanti che avevano marciato verso Kurapaty, sito alla periferia di Minsk e memoriale per le 200.000 vittime dell’esecuzione sommaria ad opera della polizia segreta sovietica.
Ma la novità è che oggi sono entrati in azione veicoli blindati senza targa e dotati di mitragliatrici per le strade di Minsk per la prima volta in quasi tre mesi di proteste, insieme a vetture con cannoni ad acqua e altre attrezzature antisommossa, dando così vita ad una scena di terrore e sgomento che non fa la sua comparsa dall’epoca della dittatura sovietica. Inoltre, i metodi censori del governo hanno portato alla chiusura di diverse stazioni della metropolitana e bloccando la rete Internet.
Lukashenko afferma di non avere intenzione di rinunciare al ruolo di comando del paese, inoltre ha chiuso parzialmente il confine a ovest motivando la decisione come una risposta al dilagare della pandemia di Covid-19. Ha sostituito il suo ministro degli interni con Ivan Kubrakov e ha dichiarato che chiunque alzi un dito sugli agenti che controllano le proteste dovrebbe “almeno andarsene senza mani“. Gli fanno eco gli alti funzionari di polizia, che hanno minacciato di usare armi da fuoco contro i manifestanti, se necessario.
Tutti i membri di spicco del Consiglio di coordinamento dell’opposizione, formato per favorire una transizione di potere, sono stati incarcerati o hanno dovuto lasciare il paese. Un altro attivista del Consiglio, Denis Gotto, è stato arrestato durante l’odierna manifestazione.
Lukashenko ha deriso i suggerimenti di dialogo con l’opposizione ed in risposta ha intensificato la repressione dei manifestanti, ordinando ai funzionari di espellere gli studenti universitari che abbiano preso parte alle proteste e di agire contro i lavoratori scioperanti.
Infine, il video pubblicato sui social media dell’opposizione mostrava una folla di persone che cantavano “Crediamo, possiamo, vinceremo!” mentre marciava per le strade. Il filmato video non può essere verificato in modo indipendente sulle piattaforme internazionali.
Mentre nelle ultime ore si consumano atti di violenza efferata ai danni dei cittadini, le manifestazioni pacifiche continuano a far risuonare la frase: “La memoria del popolo dura più a lungo di una vita di dittatura“.
foto@Ap