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Ue, Recovery, ecco la bozza: 209 miliardi all’Italia

Ue, Recovery, ecco la bozza: 209 miliardi all’Italia

K metro 0 – Adnkronos – Bruxelles – Nella proposta di compromesso, la ‘negobox’ come si dice in gergo, sull’Mff 2021-27 e su Next Generation Eu inviata dal presidente del Consiglio Europeo Charles Michel alle delegazioni nazionali, la Recovery and Resilience Facility, il ‘cuore’ del piano per la ripresa, viene rafforzata, anche rispetto alla proposta iniziale della

K metro 0 – Adnkronos – Bruxelles – Nella proposta di compromesso, la ‘negobox’ come si dice in gergo, sull’Mff 2021-27 e su Next Generation Eu inviata dal presidente del Consiglio Europeo Charles Michel alle delegazioni nazionali, la Recovery and Resilience Facility, il ‘cuore’ del piano per la ripresa, viene rafforzata, anche rispetto alla proposta iniziale della Commissione e a quella di compromesso avanzata da Michel il 10 luglio scorso, passando da un totale di 560 mld a 672,5 mld di euro, dei quali 312,5 mld di trasferimenti (rispetto a 310 mld) e 360 mld di prestiti (rispetto a 250 mld). Il nuovo piano porterebbe all’Italia 209 miliardi.

L’ammontare totale di Next Generation Eu, come è stato ribattezzato dalla Commissione il Recovery Plan, è di 750 mld di euroinvariato rispetto alla proposta iniziale. Di questi, 360 mld sono prestiti (rispetto a 250 mld iniziali), 390 sono trasferimenti (rispetto a 500). Pertanto, il 48% di Nge è costituito da prestiti, che si restituiscono (ma saranno a tassi molto bassi, perché la Commissione è un emittente con rating tripla A dalla maggior parte delle grandi agenzie), il 52% da trasferimenti, che per definizione non si restituiscono.

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Il piano, che interagirà e potenzierà il Quadro Finanziario Pluriennale, è stato rimodulato in modo da concentrare molta forza finanziaria sulla Recovery and Resilience Facility, lo strumento destinato a finanziare i piani nazionali di ripresa e di resilienza, che i Paesi membri dovranno presentare alla Commissione, possibilmente entro l’autunno. Il 70% dei trasferimenti va impegnato negli anni 2021 e 2022; il restante 30% entro la fine del 2023.

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Il taglio dei trasferimenti si fa sentire su tutti gli altri programmi di Next Generation Eu: React Eu, destinato a potenziare i fondi di coesione, dai 50 mld della proposta di Michel del 10 luglio a 47,5 mld (React Eu è l’altro programma che stava molto a cuore all’Italia, e viene penalizzato poco).

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I tagli penalizzano i fondi Nge destinati a potenziare HorizonEurope, il programma per la ricerca, che passano da 13,5 a 5 mld; InvestEu, erede del piano Juncker, che passa da 30,3 mld a 2,1 mld; dimezzato il rafforzamento allo sviluppo rurale, da 15 a 7,5 mld; il potenziamento del Just Transition Fund passa da 30 a 10 mld; a RescEu, il programma di rafforzamento della risposta alle emergenze passa da 2 mld a 1,9 mld; Ndici, i fondi per il vicinato, lo sviluppo e la cooperazione internazionale, passano da 15,5 mld a 3,5 mld.

Scompare il Solvency Support Instrument, da 26 mld a zero, che era stato pensato per salvare le imprese strategiche in difficoltà a causa della pandemia di Covid-19. Era però un programma comunitario, che non a tutti gli Stati membri andava a genio; qualcuno aveva perplessità sul piano giuridico. Inoltre l’allocazione dei suoi fondi dipendeva dalle necessità e non era prevedibile: essendo per così dire un ‘figlio di nessuno’, nell’ottica degli Stati nazionali, viene sacrificato. Scompare da Nge anche il programma per la salute, 7,7 mld di euro: nella ‘negobox’ non figura più.

L’iter di approvazione dei piani nazionali di ripresa e resilienza, necessari ad accedere alla Recovery and Resilience Facility, prevede l’approvazione del via libera dato dalla Commissione da parte del Consiglio, con un voto a maggioranza qualificata, come nella prima proposta negoziale di Michel. Per quanto riguarda l’attuazione dei piani stessi, è la Commissione che la segue, ma chiedendo l’opinione del Comitato economico e finanziario, organo tecnico del Consiglio.

E’ prevista la possibilità di sollevare la questione davanti al Consiglio Europeo, ove mai “uno o più” Stati membri nel Comitato Economico Finanziario ritenessero che sussista il rischio di una “seria deviazione” dal “soddisfacente raggiungimento” delle “tappe” e degli obiettivi rilevanti. Il testo del passaggio, oggetto di ripetute limature e affinamenti, è abbastanza involuto, e la struttura del procedimento sufficientemente barocca, da consentire di soddisfare le esigenze politiche di diversi Paesi.

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