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La democrazia e il peso della regressione culturale

La democrazia e il peso della regressione culturale

K metro 0 – Roma – Come è noto la figura dei Partiti basata su coesivi valori fondanti di riferimento, è andata progressivamente a scomparire, mentre ad essi si sono venuti a sostituire dei Leader carismatici-nella migliore delle ipotesi-o dei demagoghi “arruffapopoli” nella peggiore, nel qual ultimo caso ha avuto un peso notevole la regressione

K metro 0 – Roma – Come è noto la figura dei Partiti basata su coesivi valori fondanti di riferimento, è andata progressivamente a scomparire, mentre ad essi si sono venuti a sostituire dei Leader carismatici-nella migliore delle ipotesi-o dei demagoghi “arruffapopoli” nella peggiore, nel qual ultimo caso ha avuto un peso notevole la regressione culturale di un elettorato divenuto conseguentemente più facile preda degli imbonitori di turno.

Non si parla tanto alla mente, quanto “alla pancia”, vale a dire all’emotività transeunte, di cui sono rivelatori i sondaggi di opinione che registrano oscillazioni del consenso da una settimana all’altra.

Nell’attuale scenario di pericolosissima “navigazione a vista”, con pesanti ricadute sulla affidabilità internazionale come sull’economia, l’Italia ha subìto una metamorfosi genetica, passando da un sistema fondato sulla politica come visione generale protesa al bene comune attraverso il confronto ideologico, allo scontro frontale senza esclusione di colpi.

La nostra democrazia complessivamente considerata risulta oggi afflitta da sette “anomalie” – se non le si vogliono considerare vere e proprie piaghe -potenzialmente mortali per un organismo già fortemente debilitato nella sua intrinseca essenza di “potere derivante dal popolo.”

La prima è data da un potere legislativo esercitato quasi totalmente dall’Esecutivo a forza di Decreti -Legge e di voti di fiducia, a fronte della mancanza dei prescritti requisiti di urgenza dei Decreti medesimi, sovente artificiosamente ridotti ad un solo o due mega-articoli contenenti centinaia di commi. Per non dire dei Decreti legislativi, ridotti ad una mera cornice di riferimento, rispetto alla vastissima potestà normativa di dettaglio demandata all’ Esecutivo.

La seconda è costituita da un potere normativo nel quale per un troppo lungo arco di tempo è stata determinante la contrattazione sindacale, al di fuori di una reale rappresentanza numerica.

La terza è rappresentata dal potere normativo esercitato dalle varie “Autorità” o “Garanti”, nominati” in base ad un rapporto fiduciario con il potere politico, intrinsecamente privi di qualsivoglia legittimazione popolare, le cui delibere – mancando la forma di legge- sfuggono al controllo di costituzionalità

La quarta scaturisce dal potere normativo indebitamente esercitato da una parte della Magistratura, che si è spinta creativamente fino all’ideazione di nuove figure di reati, al di fuori di quel principio di legalità sancito nella Costituzione. A ciò si aggiungano quei magistrati che mirano non alla doverosa ricerca del Vero, bensì all’autopromozione della propria immagine, talvolta nella recondita aspirazione ad una successiva entrata in politica.

La quinta piaga in elenco è quella di un potere legislativo che rischia di divenire appannaggio di maggioranze artificiosamente svincolate da ogni reale rappresentatività elettorale, in ossequio ad un principio di stabilità che è certamente auspicabile a fronte della volatilità dei governi succedutisi nei 70 anni di storia della nostra Repubblica, ma che non può essere supportato da alchimie puramente matematiche, a prescindere da un sincero minimo comune sentire dei “contraenti”.

La sesta piaga è quella di un potere legislativo fortemente condizionato, quando addirittura non espropriato in nome dell’Europa, da parte di tecnocrati e protagonisti del mondo finanziario privi – ovviamente- di qualunque mandato democratico,

La settima piaga- che è la più importante- è costituita dalla regressione del sapere. Un pur brillante ed apprezzato Ministro di un ormai remoto governo, prigioniero di una visione esclusivamente tecnico-economicistica della vita, affermò sconsideratamente che “con la cultura non si mangia”. Ma la cultura è come l’ossigeno per l’uomo: senza di esso muore la stessa democrazia.

Essa è la risultante di due elementi di vitale importanza:

1)la chiarezza della norma, condizione necessaria, ma non sufficiente, per una più intensa sintonia fra il le Istituzioni ed i cittadini destinatari delle leggi medesime (in claris non fit interpretatio). Durante i lavori all’Assemblea costituente, Terracini e Calamandrei sostennero la necessità che la futura Costituzione fosse un esempio di ponderazione nelle espressioni, che dovevano risultare semplici e comprensibili.

2)la cultura dei destinatari, intesa come fattore funzionale al discernimento ed a conseguenti scelte informate e mature, al fine di una rappresentanza parlamentare qualificata e non demandata ad improvvisati “professionisti del bene comune”, frutto di quella disaffezione dalla politica che ha avuto inquietanti riscontri nell’ aumento dell’astensionismo elettorale, così come nella protesta canalizzata in movimenti capaci solo di esprimere sterili denunzie, ma non già di formulare costruttive e meditate proposte.

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