K metro 0 – New York – Un crollo record segnato da una recessione più profonda delle attese, la “peggiore dalla Grande Depressione”, seguita da una ripresa molto incerta. Il Fondo Monetario Internazionale è pessimista sullo stato di salute dell’economia globale con il coronavirus che rischia di presentare un conto da oltre 12.000 miliardi di
K metro 0 – New York – Un crollo record segnato da una recessione più profonda delle attese, la “peggiore dalla Grande Depressione”, seguita da una ripresa molto incerta. Il Fondo Monetario Internazionale è pessimista sullo stato di salute dell’economia globale con il coronavirus che rischia di presentare un conto da oltre 12.000 miliardi di dollari per il 2020 e il 2021. E di aver un impatto “catastrofico” sul mercato del lavoro. Dalla brusca frenata economica non si salva nessuno, neanche l’Italia.
Il pil del Belpaese è previsto contrarsi quest’anno del 12,8%, quindi decisamente di più rispetto al -9,1% stimato solo in aprile. Una contrazione che ha ripercussioni sui conti pubblici: il debito è atteso schizzare dal 134,8% del 2019 al 166,1% del pil nel 2020, con un deficit in deciso peggioramento al 12,7% (la stima era all’8,3% in aprile). La ripresa è prevista per il 2021, quando l’economia crescerà più delle attese segnando un +6,3%, ovvero 1,5 punti percentuali in più rispetto alle stime di aprile, con un impatto positivo sul debito e sul deficit, previsti scendere rispettivamente al 161,9% e al 7%.
Ma il peggioramento riguarda tutti i Paesi dell’Eurozona, dalla Francia che quest’anno balzerà al 125,7% del Pil, alla Spagna (123,8%) e alla Germania dove crescerà di 16 punti sul 2019 ma mantenendosi al 77,2%. Fra 30 e 32 punti di aumento del rapporto debito/Pil anche per Stati Uniti (dove arriverà al 141,4%) e Giappone, dove balzerà al 268%.
Il quadro tratteggiato dal Fmi mostra le profonde cicatrici che il coronavirus sta lasciando sull’economia mondiale e sulla popolazione. Il Fondo parla infatti di un effetto “catastrofico” del virus sul mercato del lavoro e cita i dati dell’Organizzazione Mondiale del Lavoro: il calo delle ore lavorate nel primo trimestre rispetto al quarto trimestre del 2019 equivale alla perdita di 130 milioni di posti di lavoro. Il calo del secondo trimestre equivale a 300 milioni di posti.
A pagare il prezzo più caro sono i “lavoratori poco qualificati che non hanno l’opzione di lavorare da casa” e le donne appartenenti ai gruppi demografici a basso reddito.