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Summit Ue-Cina: “cooperazione e commercio vs diritti umani”

Summit Ue-Cina: “cooperazione e commercio vs diritti umani”

K metro 0 – Bruxelles – Quest’oggi ha preso avvio il 22° Summit Ue-Cina, con la partecipazione del Presidente del Consiglio europeo Charles Michel e del Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyene. Quest’ultima ha questa mattina twittato che “il summit odierno rappresenta un’opportunità estremamente necessaria per andare avanti su tutti gli aspetti della

K metro 0 – Bruxelles – Quest’oggi ha preso avvio il 22° Summit Ue-Cina, con la partecipazione del Presidente del Consiglio europeo Charles Michel e del Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyene. Quest’ultima ha questa mattina twittato che “il summit odierno rappresenta un’opportunità estremamente necessaria per andare avanti su tutti gli aspetti della nostra cooperazione”: dal coronavirus alla politica estera, dal commercio internazionale alla questione climatica, per finire allo sviluppo sostenibile e ai diritti umani.

Funzionari europei, secondo quanto riportato da Reuters, sostengono che la Cina stia cercato di fare pressioni sui Paesi dell’Ue che denunciano la mala gestione della pandemia, usando a tal fine i social media per diffondere fake news. Pechino ha negato qualsiasi atto illecito.

Sul fronte climatico – in una nota di Bruxelles – si auspica “un’azione nazionale risoluta e ambiziosa per ridurre le emissioni a breve termine e fissare un obiettivo di neutralità climatica al più presto possibile”. Un secondo monito ha riguardato inoltre il continente africano, affinché la Cina aderisca “agli standard internazionali a sostegno dello sviluppo sostenibile”. Dal canto suo, la Repubblica Popolare di Pechino – per voce del suo primo ministro Li Keqiang – auspica che l’Unione Europea possa invece “ammorbidirsi” circa gli attuali stringenti controlli sulle importazioni dalla Cina.

La posizione europea nei confronti della Cina è quella di riaprire quanto più velocemente la sua economia, auspicando ad un intensificarsi degli accordi commerciali col Sol Levante, ma ha anche lanciato un monito, con riferimento alla questione dei diritti umani: “conseguenze molto negative” se Pechino andrà avanti sulle sue politiche repressive nei confronti di Hong Kong. “Abbiamo espresso la nostra preoccupazione sulla legge sulla sicurezza ad Hong Kong” – ha dichiarato il presidente del Consiglio europeo Charles Michel al margine del vertice Ue-Cina – sostenendo una posizione che preveda una pluralità di sistemi economici, all’interno di un medesimo grande Paese. Molti leader Ue, unanimemente, hanno evidenziato forti preoccupazioni per “il deterioramento della situazione dei diritti umani, tra cui il trattamento delle minoranze nello Xinjiang e in Tibet […] nonché per le restrizioni alle libertà fondamentali dei cittadini delle classi meno abbienti o dissidenti”. Il riferimento è anche a specifici casi, come quelli dei cittadini scomparsi dopo aver espresso opinioni contrastanti – dal pensiero unico e ufficiale cinese – sulla gestione dell’epidemia di Coronavirus, nonché l’arresto “giuridicamente immotivato” del cittadino svedese Gui Minhai e di due cittadini canadesi, Michael Kovrig e Michael Spavor.

Oltre ai complessi rapporti bilaterali con il vecchio continente, la Cina sta intraprendendo nuovi tentativi di negoziazione con l’India, per l’ormai annoso contenzioso relativo al confine nella zona dell’Himalaya.

Tra diplomazia e interventi militareschi: i comandanti indiani si sono recentemente incontrati nella parte cinese della linea di confine che divide la regione indiana del Ladakh dall’area cinese dell’Aksai Chin. I colloqui si sono conclusi con l’accordo, da parte della Cina, del ritiro delle sue truppe insediate. La stessa Cina, nei precedenti colloqui, aveva invece avanzato all’India la richiesta di bloccare repentinamente tutti i lavori di costruzione di opere infrastrutturali in territorio cinese.

Ma i conflitti armati per la contesa dei territori – l’ultimo avvenuto lo scorso lunedì, con la morte di 20 soldati indiani e circa 40 soldati cinesi – non favoriscono certamente lo stemperamento delle reciproche posizioni: importanti imprese indiane hanno ostacolato il commercio di merci cinesi e – lato mercati finanziari – sono state sospese significative operazioni di investimento da parte di società cinesi, per un cospicuo valore di circa 658 milionidi dollari. La Confederation of All India Traders (CAIT) – che rappresenta circa 70 milioni di trader – ha chiesto ai governi federali e statali di sostenere un boicottaggio di merci cinesi e di annullare quindi i contratti governativi indiani indipendenti.

“L’intera nazione è piena di estrema rabbia […] pronta a riversarsi come risposta alla Cina, non solo militarmente ma anche economicamente”, ha affermato il segretario generale nazionale del CAIT Praveen Khandelwal, in una lettera indirizzata ad alcuni ministri degli stati indiani. La Cina è il secondo partner commerciale dell’India, con scambi bilaterali per un valore di circa 87 miliardi di dollari annui e un deficit commerciale di circa 54 miliardi di dollari a favore della Cina.

Nel gioco di forza delle due potenze, l’editore del Global Times, Hu Xijin – giornale ufficiale del Partito comunista cinese – ha dichiarato orgogliosamente in un post su Twitter che “il PIL cinese è cinque volte superiore a quello dell’India, la spesa militare è addirittura di tre volte più elevata”. Il percorso diplomatico appare ancora lungo e tortuoso.

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Daniele Sireus
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