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Libia, da guerra civile a conflitto regionale

Libia, da guerra civile a conflitto regionale

K metro 0 – Roma – In Libia sta infuriando una guerra civile a bassa intensità. Una conflittualità esplosa a partire dal 2014, dopo che le opposte fazioni governative hanno ignorato i risultati delle elezioni parlamentari e costretto il Presidente Serraj a cercare rifugio nella Libia orientale. Dal punto di vista bellico, si tratta di una

K metro 0 – Roma – In Libia sta infuriando una guerra civile a bassa intensità.

Una conflittualità esplosa a partire dal 2014, dopo che le opposte fazioni governative hanno ignorato i risultati delle elezioni parlamentari e costretto il Presidente Serraj a cercare rifugio nella Libia orientale. Dal punto di vista bellico, si tratta di una guerra di logoramento, dove gli schieramenti in campo hanno capacità e risorse molto differenti.

L’Esercito nazionale libico (LNA) sta soffrendo, incapace di competere con le truppe filo-turche modernamente equipaggiate. Queste ultime, infatti, dispongono di droni da combattimento, capacità di guerra elettronica, artiglieria di precisione a lungo raggio, appoggio da navi da guerra e, soprattutto, buona capacità di difesa aerea.

L’area è ovviamente di grande interesse internazionale e molti paesi hanno obiettivi strategici importanti. La sicurezza occidentale rappresenta uno di questi interessi e riguarda principalmente l’attività dei vari gruppi radicali. Le aree non controllate a ridosso dei confini sono “porose” e consentono numerosi traffici illegali.Vi sono inoltre interessi legati alla promozione della democrazia o dell’islam politico.  Infine diversi Stati sono economicamente interessati allo sfruttamento degli idrocarburi. Tra i Paesi vicini alla Libia ci sono Egitto, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita e Qatar ai quali si aggiungono Turchia, Francia, Italia e Russia.La situazione economica della Turchia ha bisogno della Libia come importante destinazione di esportazione. Di conseguenza la sopravvivenza del Governo di accordo nazionale (GNA) e un ruolo di primo piano per Misurata sono essenziali per gli interessi economici dei turchi.Anche il Qatar è un grande investitore in Libia e insieme alla Turchia sta fornendo armi ed equipaggiamento militare a molte delle milizie filo-GNA.Intanto, l’Egitto sta osservando la crisi oltre il suo confine occidentale perché la Libia può trasformarsi in possibile rifugio per i terroristi. Non solo, la Libia rappresenta un importante mercato del lavoro per quasi un milione di egiziani.Sul fronte europeo, Italia e la Francia hanno interessi in Libia legati sia a questioni economiche (in particolare l’italiana ENI) sia ai temi delle migrazioni, della sicurezza regionale e dell’antiterrorismo.Per Mosca, invece, il caos in Libia rappresenta un’opportunità per riguadagnare presenza nell’area e assicurarsi una quota del settore della ricostruzione e accrescere l’influenza sull’industria degli idrocarburi, gas in particolare. Oltreoceano, sebbene non vi siano interessi vitali in gioco in Libia, la crescente instabilità nell’area costituirebbe una minaccia crescente per gli Usa, anche considerando il probabile approdo della Cina con interessi simili a quelli della Russia.

Dal punto di vista geopolitico “africano” nessuno parla apertamente della possibilità che la Cirenaica si separi dal resto della Libia a seguito della sconfitta del LNA in Tripolitania o di un cessate il fuoco definitivo sotto l’egida ONU. Questo perché l’accordo marittimo turco-libico, che tracciava le zone economiche esclusive, diverrebbe irrilevante e tutto a favore dell’Egitto.

In un’escalation militare tra Ankara e Il Cairo sulla Libia, l’Egitto si troverebbe infatti in una posizione privilegiata per fornire supporto logistico diretto senza rischio d’intercettazioni. Si tratta, insomma, di uno scacchiere complesso, con tante pedine in campo, dove ogni mossa sbagliata potrebbe innescare conseguenze inaspettate e drammatiche.

Nata come una questione interna, la guerra in Libia è diventata nel tempo una tipica guerra per procura, dove il supporto internazionale è fondamentale per tutte le parti coinvolte. Difficile prevederne una fine imminente con una risoluzione tra le due parti principali o tantomeno auspicare a breve una “posizione internazionale unificata sulla Libia”. Il presidente turco Erdogan rimane convinto di uscirne vincitore e per questo sta profondendo grandi sforzi militari ed economici. L’Egitto, da parte sua, è riluttante a essere coinvolto in quello che potrebbe essere un conflitto prolungato e troppo costoso. La Russia è titubante nel coinvolgere forze armate in Libia, dopo aver evitato di fare lo stesso in Siria.

Un accordo politico-diplomatico risulta meno probabile rispetto a una decisione militare, ma anche la potenziale sconfitta dell’LNA da parte di Serraj ed Erdoğan, non risolverebbe i problemi della Libia. La situazione potrebbe aggravarsi e portare a un conflitto regionale lasciando l’Europa e gli Stati Uniti a convivere con il risultato, dando ragione alla profetica affermazione del famoso diplomatico statunitense Henry Kissinger: “Quando è in atto una crisi, la passività non fa che accrescere l’impotenza: alla fine ci si trova costretti ad agire proprio sui problemi e nelle condizioni di gran lunga meno favorevoli.”

 

di Giuseppe Morabito

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