K metro 0 – Roma – Dopo aver consegnato le lettere per la cosiddetta “messa a disposizione”, sono stato chiamato, con mia sorpresa, da una scuola superiore per una supplenza in matematica. Nonostante la quarantena, ancora si riesce ad assumere. Mi sono ritrovato così catapultato nel dramma che è la didattica a distanza. Le prime
K metro 0 – Roma – Dopo aver consegnato le lettere per la cosiddetta “messa a disposizione”, sono stato chiamato, con mia sorpresa, da una scuola superiore per una supplenza in matematica. Nonostante la quarantena, ancora si riesce ad assumere. Mi sono ritrovato così catapultato nel dramma che è la didattica a distanza. Le prime difficoltà si incontrano ancora prima di fare lezione e di conoscere gli studenti. Infatti, è necessario prendere confidenza con gli strumenti virtuali predisposti dalla scuola per l’organizzazione della classe, la pianificazione delle lezioni online, dei compiti e del materiale. Anche se Google con il suo “G suite for education” è riuscito a mantenere tutto intuibile ed efficiente, entrare in contatto con questi nuovi strumenti richiede qualche ora di tempo. Un passaggio quindi che non può essere improvvisato.
Le lezioni sono quindi svolte su Meet. Gli studenti entrano nella riunione all’ora segnata sul calendario e si può iniziare. All’apparenza sembra più una amichevole chiamata su Skype. Ma no, è una vera e propria lezione. A questo punto le direttive diventano opache, non esiste un modo unico di fare lezione, ogni professore può scegliere la maniera che ritiene più adeguata, che la scelta poi sia basata sulle sue competenze informatiche, sulla comodità per gli studenti o sull’effettiva efficacia del metodo, poco importa. In generale, le spiegazioni proseguono senza intoppi, dopotutto in questa modalità online non ci possono essere problemi di comportamento. Non si può disturbare una lezione se si è sulla poltrona di casa senza audio e senza video. E questo porta al primo problema: gli studenti possono concedersi tutte le distrazioni che vogliono.
Ma supponiamo che per amor del sapere seguano attentamente la lezione. Le interazioni sono ridotte al minimo, di fatto non ho mai visto personalmente nessuno dei miei studenti. Ad un certo punto però si dovrà dare qualche tipo di valutazione. E qui nasce la seconda questione: che senso ha dare un voto se tanto si è già stabilita l’ammissione al prossimo anno? E come si può dare una valutazione oggettiva a distanza? La valutazione infatti non è solo il risultato di un compito, ma è l’analisi dei progressi dello studente durante tutto il suo percorso e non può fare a meno di quelle componenti umane a cui non si può dare un voto. Non è ben chiara dunque la questione della valutazione e l’impatto che avrà sul prossimo anno scolastico, soprattutto per gli studenti che avrebbero dovuto prendere una insufficienza. Ovviamente, a questo dilemma si aggiunge il fatto che, avendo diffuso anticipatamente la notizia della ammissione automatica all’anno successivo, molti studenti non sono più motivati a studiare. Certo, dovrebbe essere un senso di curiosità per il sapere a muovere lo studio ma questa è un’altra questione. Per finire con la composizione di questa natura morta della valutazione, si pone in cima la maturità. Sarà infatti online, forse, con una commissione interna, alla maniera delle lauree dell’ultimo mese. Ma anche se fosse in presenza, sarebbe una maturità che sembra quindi ridursi ad un semplice colloquio.
A tutto ciò si aggiunge una questione di uguaglianza. La didattica a distanza necessita di una serie di requisiti minimi: computer, connessione internet veloce e un posto decente e isolato dove poter seguire serenamente le lezioni. Se uno di questi tre ingredienti viene a mancare allora si va a ledere il diritto allo studio dello studente. La scuola fa il possibile per garantirlo ma la richiesta sembra superare l’offerta.
Una scuola che zoppica, ma che tutto sommato riesce a mantenere uno standard minimo per i suoi studenti, soprattutto grazie all’impegno di tutti i professori che non vogliono abbandonare i loro studenti e non vogliono che la loro educazione anneghi nel caos della quarantena forzata.
Di Gianluigi Salerno, docente di Matematica e Fisica