fbpx

Ginanneschi: Europa tra soluzioni condivise e politiche individualistiche

Ginanneschi: Europa tra soluzioni condivise e politiche individualistiche

K metro 0 – Roma – Sembra passato un secolo da quando la questione migratoria era al centro dell’agenda europea per trovare delle soluzioni politiche condivise di lungo periodo su sollecitazione di Italia, Grecia e Spagna, troppo spesso lasciate da sole nella gestione di un problema numericamente crescente e insostenibile. Marco Ginanneschi è professore di

K metro 0 – Roma – Sembra passato un secolo da quando la questione migratoria era al centro dell’agenda europea per trovare delle soluzioni politiche condivise di lungo periodo su sollecitazione di Italia, Grecia e Spagna, troppo spesso lasciate da sole nella gestione di un problema numericamente crescente e insostenibile.

Marco Ginanneschi è professore di economia presso la Link Campus University, fondatore della Sercam, Giornalista economico ed Innovation manager con incarichi di governance aziendali con delega di CFO, risponde alle domande di Kmetro0.

Intervista di Nizar Ramadan

Prof. Ginanneschi, quali sono le ripercussioni economiche in Europa per i flussi migratori durante il COVID19?

I flussi migratori, a seguito del conflitto siriano, rischiano di diventare “merce di scambio” a causa delle speculazioni politiche, con ricatti dalla Turchia, con la negligenza greca nella gestione, l’ostilità dei paesi dell’est Europa e per la preoccupazione dell’Ue.

A marzo, in piena crisi Covid19, gli sbarchi in Italia si sono ridotti di oltre l’80% rispetto alla media dei mesi precedenti, probabilmente la paura del contagio scoraggia nuove partenze, con buona pace delle facili speculazioni economiche, da parte dei “professionisti dell’accoglienza”, su un dramma umano che non può lasciare indifferenti.

Con urgenza occorrono misure di regolarizzazione del lavoro degli immigrati in settori che soffrono carenza di manodopera, come nell’agricoltura, oltre a concorrere alla soluzione del problema del caporalato.

Il caso cinese in Africa: una nuova forma di colonialismo?

Quando si parla di flussi migratori il primo pensiero è associato a motivazioni umanitarie, mentre nella maggior parte dei casi la spinta decisionale deriva dai fattori attrattivi del paese ospitante che potenzialmente può offrire occasioni di lavoro e aspettative di miglioramento economico, fino ad arrivare ad un vero e proprio neocolonialismo che negli ultimi anni ha visto la Cina in posizione dominante. Mentre con la mano destra concedeva lautamente, in nome degli “aiuti allo sviluppo”, prestiti ai governi africani (in molti paesi i debiti verso la Cina costituiscono la maggioranza dell’intero debito estero), con la mano sinistra stipulava accordi economici di durata pluriennale per il controllo di infrastrutture strategiche e il reperimento di materie prime. Questa pericolosa egemonia è dovuta anche a molti anni di tiepido interessamento delle politiche occidentali ai problemi sociali, economici e strutturali del continente africano.

Quali sono gli interventi dell’UE per l’Africa?

Con i programmi di cooperazione internazionale l’Unione Europea, attraverso il progetto EIP (External Investment Plan) ha stanziato quasi 4 miliardi di Euro per il 2020 per l’Africa con l’ambizione di innescare investimenti privati di 44 miliardi. Il Piano europeo degli investimenti ha l’obiettivo di creare uno sviluppo sostenibile e inclusivo attraverso il lavoro e la crescita sociale, uniche soluzioni efficaci per attenuare le cause dei movimenti migratori. Il primo poderoso stanziamento di fondi europei per Africa è avvenuto nel 2000 con la firma della Convezione di Cotonou per l’aiuto allo sviluppo economico con il dichiarato obiettivo della “riduzione della povertà” e lo sviluppo sociale attraverso la promozione dei diritti umani e dei principi democratici. L’accordo di partenariato non riguarda solo i governi, ma anche il settore privato per lo sviluppo di attività agricole, industriali e produttive che ha creato nuove occasioni di lavoro nei paesi destinatari degli interventi.

Ci sono fondi per i Paesi del Mediterraneo?

un caso concreto?

Le iniziative di cooperazione transfrontaliera (CT) dell’Unione Europea nell’ambito dello Strumento Europeo di Vicinato (acronimo di ENI CBC MED: European Neighbourhood Instrument – Cross Border Cooperation – Mediterranean) hanno l’obiettivo di sviluppare l’imprenditorialità attraverso il supporto alle start-up, il rafforzamento delle PMI, la valorizzazione delle risorse territoriali e turistiche, il sostegno alla ricerca e allo sviluppo tecnologico, con particolare attenzione alle aree più critiche e alle fasce di popolazione più svantaggiate. Un caso concreto è stato il progetto Open Factory in corso di svolgimento in Egitto, con l’assistenza tecnica di Sercam Advisory, le capacità formative della Link Campus University, l’esperienza nel mondo del lavoro di Progetto Sud ONG, in partenariato con l’Università del Cairo e il Ministero del Lavoro egiziano, si è creata una nuova idea di sviluppo attraverso attività di formazione professionale che consentiranno di abbinare l’innovazione tecnologica e organizzativa al prezioso tradizionale settore manifatturiero locale con la nascita di un nuovo modello di business alternativo che metta in relazione investitori con incubatori e acceleratori d’impresa.

Leggi anche:

Medio Oriente: Netanyahu ha respinto proposta cessate fuoco Hamas

Condividi su:
Nizar Ramadan
CONTRIBUTOR
PROFILE

Posts Carousel

Latest Posts

Top Authors

Most Commented

Featured Videos

Che tempo fa



Condividi su: