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Limes, per una comune declinazione

Limes, per una comune declinazione

K metro 0 – Roma – Nel latino dell’antica Roma il limes indicava i confini geografici dell’Impero in cui spaziava, delimitandolo, il dominio romano. Da più di qualche mese, con l’italiano di oggi ed il dominio delle recenti ordinanze regionali, la memoria di quel concetto trova riflesso nella disciplina che le presidenze regionali del paese

K metro 0 – Roma – Nel latino dell’antica Roma il limes indicava i confini geografici dell’Impero in cui spaziava, delimitandolo, il dominio romano. Da più di qualche mese, con l’italiano di oggi ed il dominio delle recenti ordinanze regionali, la memoria di quel concetto trova riflesso nella disciplina che le presidenze regionali del paese hanno emanato a difesa delle rispettive collettività, seriamente minate, purtroppo, dal pericoloso virus Sars – Cov2. Atti dovuti e comportamenti doverosi – queste Ordinanze – cui va riservata rigorosa osservanza, ovviamente. Commenti alle stesse, invece, e canea social e massmediatica, in senso lato, conseguitane, eccessiva e fuorviante. Mentre si ricavano rassicurazioni dalle Ordinanze, non altrettanto, purtroppo, si prospetta per gli innumerevoli commenti.

Preoccupano a dismisura, tra essi, soprattutto i commenti scomposti il cui richiamo sembra superfluo, tanto più per lo scarso spessore del contenuto intellettuale che apportano. Seppur, purtroppo, proprio questi ultimi preoccupano per l’insidiosa pericolosità negativa che, emotivamente, possano lasciare in eredità nella coscienza collettiva nazionale all’indomani della riapertura dal definitivo lockdown. Eredità, che  si scongiura, vivamente. Auspicandosi, invece, l’esatto opposto. Che si faccia largo, cioè, l’ulteriore significato con cui i romani declinavano la parola limes, nel senso di una nuova o imminente via da percorrere per il proprio Impero. Ecco, a noi sembra questa la giusta declinazione cui menti e coscienza nazionale debbano ancorare l’imminente futuro degli italiani! Porsi alla ricerca del tempo perduto (mutuando il titolo di un celebre romanzo francese) correndo o ripercorrendo le vie del paese per una conferma della propria identità nazionale. Prepararsi ad una nuova visione del paese Italia.  Il cui abbraccio ideale e fisico – cui abbandonarsi – è regalato quotidianamente dal suo immenso paesaggio, punteggiato dai tanti dettagli regionali marini, montani e collinari che siano. Dai sedimenti culturali del ricco patrimonio artistico la cui comunanza fa dell’Italia, parte rilevante della storia dell’umanità. Non si può stare al mondo nella maniera migliore, infatti, senza aver sperimentato il fascino dell’arte italiana e del suo ininterrotto cammino.

Quanto di italiano c’è, inoltre, nella contaminazione che la tradizione secolare affida alla succulenza della propria gastronomia ? Il regionalismo e le sue peculiarità, quindi, ne fanno la cifra della propria ricchezza che va esaltata e non sottovalutata, studiata e non denigrata.  Vissuta e divulgata. Forse ricordando a noi tutti che ad affratellare milioni di italiani nel corso della sanguinosa prima guerra mondiale ci pensò un autore napoletano – E. A. Mario, lo stesso autore della  “Tammurriata nera”) – scrivendo la Canzone del Piave (…il Piave mormorò non passa lo straniero..) nasce l’opportunità di elevarne il ricordo a metafora del comune limes italiano.

di Antonio Marrazzo

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