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Covid-19: A rischio approvvigionamento alimentare globale

Covid-19: A rischio approvvigionamento alimentare globale

K metro 0 – New York – Mentre la pandemia di coronavirus ha portato ad un forte rallentamento molti settori industriali tra cui anche quello alimentare, tutta questa serie di interruzioni sta minacciando di spezzare le catene di approvvigionamento mondiale e aumentare l’incertezza della produzione e della distribuzione,  dicono le organizzazioni internazionali. Come dichiara l’Organizzazione

K metro 0 – New York – Mentre la pandemia di coronavirus ha portato ad un forte rallentamento molti settori industriali tra cui anche quello alimentare, tutta questa serie di interruzioni sta minacciando di spezzare le catene di approvvigionamento mondiale e aumentare l’incertezza della produzione e della distribuzione,  dicono le organizzazioni internazionali.

Come dichiara l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), in un rapporto pubblicato alla fine del mese scorso, “Per il momento sugli scaffali dei supermercati c’è ancora disponibilità”, ma avvertono che “una prolungata crisi di pandemia potrebbe rapidamente mettere a dura prova le catene di approvvigionamento alimentare, una complessa rete di interazioni che coinvolge agricoltori, fattori di produzione agricoli, impianti di trasformazione, spedizioni, rivenditori e altro ancora.”

Il Coronavirus oltre all’emergenza sanitaria ha causato una forte impennata dei prezzi del grano e dei cereali più in generale, infatti chiusi in casa per il lockdown, tutti i cittadini d’Europa sono corsi ad acquistare alimenti essenziali come la farina, ingrediente principale per poter fare pane e dolci in casa durante la quarantena, e così il prezzo internazionale del grano è volato registrando un aumento negli ultimi giorni del 6% alla borsa merci di Chicago. Nel Regno Unito le vendite di farina sono aumentate del 92% nelle quattro settimane di quarantena rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Insomma, da quando le persone sono a casa a causa del lockdown il prezzo del grano tenero è aumentato moltissimo mentre il prezzo del grano duro si è mantenuto sostanzialmente stabile.

Il problema in questa fase, tuttavia, non è la scarsità di cibo (almeno non ancora) piuttosto, sono le misure drastiche introdotte in risposta al virus dai vari paesi a livello globale, come ad esempio la chiusura delle frontiere, le restrizioni alla circolazione e le interruzioni nei settori del trasporto marittimo e dell’aviazione, che hanno reso più difficile continuare la produzione alimentare e trasportare merci a livello internazionale, mettendo i paesi con poche fonti alimentari alternative ad alto rischio. Il 25 marzo scorso la Conferenza delle Nazioni Unite per il commercio e lo sviluppo ha dichiarato che le compagnie aeree hanno messo a terra migliaia di aerei e porti hanno chiuso container inesauribili di cibo, medicine e altri prodotti su asfalto e aree di sosta.

Come spesso accade in periodi di crisi economica (dovuta alla pandemia) saranno i cittadini più poveri a pagare il conto più salato dell’accresciuta instabilità dell’approvvigionamento alimentare globale, come ha avvertito il Comitato delle Nazioni Unite per la sicurezza alimentare mondiale (CFS) in un documento del mese scorso.

Per questo anche le società e le organizzazioni private hanno chiesto un’azione immediata per affrontare l’incombente catastrofe alimentare in una lettera aperta ai leader mondiali, scienziati, politici e aziende come Nestlé e Unilever, “I governi, le imprese, la società civile e le agenzie internazionali devono intraprendere azioni urgenti e coordinate per impedire che la pandemia di COVID si trasformi in una crisi alimentare e umanitaria globale”.

Ad esempio, l’Australia esporta circa due terzi dei suoi prodotti agricoli ed è un importante fornitore per la regione dell’Asia del Pacifico, ma questo commercio così importante per tutta l’area è ora messo in pericolo. L’industria aeronautica è stata duramente colpita dalla pandemia e i voli internazionali sono stati tagliati, come affermato da Richard Shannon, responsabile della politica e della difesa di Growcom, l’organismo rappresentativo dell’orticoltura nello stato del Queensland, “Un minor numero di voli significa che ora è più costoso esportare cibo tramite i viaggi aerei”.

“L’industria sta rapidamente cercando di trovare percorsi alternativi”, ha affermato, ma alcuni agricoltori australiani potrebbero cercare di trovare nuovi acquirenti nel paese invece di guardare a livello internazionale.

Ciò minaccia l’economia dell’intero paese in due modi. Circa il 14,5% di tutte le esportazioni australiane sono prodotti alimentari, e secondo l’OCSE se gli agricoltori non fossero in grado di esportare le loro merci, il reddito perso potrebbe costare decine di miliardi di dollari.

Sempre secondo Shannon “La prossima opzione migliore è che gli agricoltori vendano i loro prodotti in Australia, quindi tutti questi prodotti agricoli che vengono generalmente spediti nel mondo stanno improvvisamente entrando nel mercato interno. Questo afflusso potrebbe esercitare molta pressione sul mercato e influire sul prezzo al quale questi prodotti vengono venduti”.

Il governo intanto è intervenuto con aiuti d’emergenza, ma la pandemia ha anche posto altri problemi. L’inverno sta arrivando in Australia, il che significa che i lavoratori stagionali a livello nazionale si stanno riversando nel Queensland, che coltiva oltre il 90% delle verdure invernali del paese. Improvvisamente, le piccole città rurali esplodono con persone che arrivano da fuori dello stato, in cerca di lavoro nelle fattorie.

Altro esempio è la Cina, dove invece i progressi tecnologici hanno attenuato il colpo, pur essendo stata la più colpita dal virus a gennaio e febbraio, quando ogni giorno venivano segnalati migliaia di nuovi casi. Il paese ha imposto blocchi, sospeso il passaggio interprovinciale e ordinato ai residenti di rimanere a casa, interrompendo gli affari praticamente in tutti i settori, con un lockdown durissimo.

Fanno sapere dalla FAO che “In Cina, i vincoli logistici e gli scricchiolii del lavoro hanno causato perdite di ortaggi freschi, accesso limitato all’alimentazione degli animali e diminuzione della capacità dei macelli”.

Sempre nel rapporto della FAO si afferma che la Cina moderna è un paese completamente diverso, con nuove tecnologie e ricchezza – e ha lavorato per anni per migliorare la sua sicurezza alimentare – e questi sforzi sembrano aver attenuato il colpo all’industria alimentare. Il governo centrale ha distribuito 20 milioni di dollari in sussidi per rilanciare l’agricoltura e ha investito in tecnologia, tra cui droni agricoli e veicoli senza pilota, in grado di far muovere le catene di approvvigionamento senza contatto umano.

In tempi di pandemia, dove l’aspetto sanitario ovviamente risulta prioritario non si può abbassare la guardia sull’approvvigionamento di cibo e sulla sicurezza di ciò che viene consumato, e come traspare dalle indicazioni delle Autorità serve grande attenzione e molti controlli, almeno fino a quando non sarà passata la fase più acuta. Ma non sappiamo tra quanto.

 

di Diana Tasini

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