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ONU, chiede 2,5 trilioni di $ per i Paesi in via di sviluppo

ONU, chiede 2,5 trilioni di $ per i Paesi in via di sviluppo

K metro 0 – United Nation – Le conseguenze combinate di pandemia e recessione globale saranno catastrofiche per molti paesi in via di sviluppo e rallenteranno i progressi verso gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs). In particolare: Un trilione di dollari dovrebbe essere messo a disposizione attraverso l’uso esteso dei diritti speciali di prelievo; Un

K metro 0 – United Nation – Le conseguenze combinate di pandemia e recessione globale saranno catastrofiche per molti paesi in via di sviluppo e rallenteranno i progressi verso gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs). In particolare:

  • Un trilione di dollari dovrebbe essere messo a disposizione attraverso l’uso esteso dei diritti speciali di prelievo;
  • Un trilione di dollari di debiti dei paesi in via di sviluppo dovrebbe essere cancellato quest’anno;
  • 500 miliardi di dollari sono necessari per finanziare un piano Marshall per la ripresa sanitaria.

Due terzi della popolazione mondiale vivono in Paesi in via di sviluppo che stanno subendo danni economici senza precedenti a causa della crisi sanitaria. Per questo le Nazioni Unite chiedono di trasformare le espressioni di solidarietà internazionale in azioni concrete sotto forma di un pacchetto di aiuti per 2,5 trilioni di dollari.

Un rapporto pubblicato da UNCTAD – la Conferenza ONU su commercio e sviluppo – rileva l’incredibile velocità con cui l’onda di shock economico provocato dalla pandemia ha colpito i Paesi in via di sviluppo.

Il Segretario Generale UNCTAD Mukhisa Kituyi ha dichiarato che le conseguenze economiche dello shock sono continue e difficili da prevedere, ma ci sono chiare indicazioni che le cose si metteranno molto peggio per i Paesi in via di sviluppo prima che la situazione possa migliorare.

Crescenti danni economici

Il rapporto mostra che nei due mesi da quando il virus si è diffuso al di fuori della Cina, i Paesi in via di sviluppo sono stati duramente colpiti in termini di fughe di capitali, spread crescente, deprezzamento della moneta, perdita di entrate dalle esportazioni, diminuzione dei prezzi delle materie prime e declino delle entrate turistiche.

In molti ambiti questa crisi ha colpito più duro della crisi finanziaria del 2008 e in questo caso UNCTAD non è così ottimista riguardo a una rapida ripresa come quella sperimentata nel 2009-2010. I dati mostrano che in alcuni paesi le fughe di capitali sono schizzate a $59 miliardi in un mese, tra febbraio e marzo, più del doppio dei numeri nel periodo immediatamente successivo alla crisi finanziaria. Le perdite in termini di valore delle valute nazionali rispetto al dollaro si attesta tra il 5% e il 25% dall’inizio dell’anno.

Infine, il prezzo delle materie prime, dalla cui esportazione dipendono le economie di molti di questi paesi, ha subito un declino del 37% quest’anno.

I soldi non crescono sugli alberi

Di fronte alla crisi, le economie avanzate e la Cina hanno messo insieme piani di aiuti governativi che secondo il G20, estenderanno un salvagente del valore di 5 trilioni di dollari per le loro economie.

Si tratta di una risposta senza precedenti a una crisi mai vista prima che attenuerà l’entità dello shock fisicamente, economicamente e psicologicamente.

I dettagli degli interventi non sono ancora stati rivelati ma UNCTAD stima che si tradurranno in $1-$2 trilioni di stimolo della domanda per le maggiori economie del G20 e un aumento di due punti percentuali di prodotto globale.

Nonostante ciò, il mondo andrà in recessione quest’anno, con perdite di reddito calcolate in trilioni. Questo si traduce in serie difficoltà per i Paesi in via di sviluppo, con la possibile eccezione della Cina e dell’India.

Vista la mancanza di capacità monetaria, fiscale e amministrativa per far fronte alla crisi, le conseguenze combinate della pandemia e della recessione globale saranno catastrofiche per i paesi in via di sviluppo e fermeranno i loro progressi verso gli obiettivi di sviluppo sostenibile.

La forza lavoro in questi paesi è impiegata largamente nel settore informale rendendo più difficile una risposta coordinata alla crisi, come stanno scoprendo anche alcuni paesi più sviluppati.

Richard Kozul-Wright direttore UNCTAD per la globalizzazione e le strategie per lo sviluppo ha dichiarato: «le economie avanzate hanno promesso di fare tutto il necessario per evitare gravi perdite alle aziende e alle famiglie, ma se i leader del G20 hanno intenzione di rispettare il loro impegno per una risposta globale nello spirito di solidarietà allora devono prendere le misure necessarie per i sei miliardi di persone che vivono al di fuori dei loro paesi»

Una strategia in quattro fasi

In vista di una crisi finanziaria desolante UNCTAD propone una strategia in quattro punti per trasformare le promesse di solidarietà in azioni concrete

Per prima cosa, un’iniezione di liquidità per 1 trilione di dollari da ottenere attraverso la riallocazione dei diritti speciali di prelievo già esistenti del Fondo Monetario Internazionale, su una scala ben più ampia di quella utilizzata per la crisi finanziaria del 2008. Secondo, un congelamento immediato del pagamento dei debiti che dovrebbe essere seguito da una riduzione del debito. Un esempio potrebbe essere la cancellazione della metà dei debiti della Germania dopo la Seconda guerra mondiale. In questo caso circa $1 trilione di debiti dovrebbe essere cancellato quest’anno, sotto la supervisione di un organo creato ad hoc. Terzo, un piano Marshall per la ripresa sanitaria finanziato attraverso le somme promesse per l’assistenza ufficiale allo sviluppo e mai fornite dai partner, che ammonterebbero secondo le stime UNCTAD a $500 miliardi. Questi fondi andrebbero in servizi sanitari di emergenza e programmi di aiuti. Infine, misure di controlli sui movimenti di capitale dovrebbero essere introdotte per impedire fughe, ridurre il rischio di illiquidità e fermare il declino delle valute nazionale e dei prezzi dei beni.

Il valore di questo piano è equivalente all’ammontare che sarebbe stato fornito ai paesi in via di sviluppo negli ultimi dieci anni se i Paesi del comitato di assistenza allo sviluppo dell’OECD avessero mantenuto le loro promesse di destinare lo 0,7% del loro PIL all’assistenza ufficiale allo sviluppo (ODA).

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