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Tra Fede e Verità. Il diritto alla libertà di essere diverso

Tra Fede e Verità. Il diritto alla libertà di essere diverso

K metro 0 – Roma – “Io sono la Verità e la Vita ”- disse Gesù – per cui il cristiano che ne segue gli insegnamenti presenti nel Vangelo, ha una “bussola” di orientamento etico che gli consente di navigare nel mare dell’esistenza terrena, affrontando la buona e l’avversa ventura senza inorgoglirsi nel successo professionale,

K metro 0 – Roma – “Io sono la Verità e la Vita ”- disse Gesù – per cui il cristiano che ne segue gli insegnamenti presenti nel Vangelo, ha una “bussola” di orientamento etico che gli consente di navigare nel mare dell’esistenza terrena, affrontando la buona e l’avversa ventura senza inorgoglirsi nel successo professionale, affettivo, economico , né – per converso- disperarsi innanzi alle asprezze, alle sconfitte, alle disillusioni che vengono sempre percepite più incisivamente rispetto alle vicissitudini felici.

Gesù apre la tuttavia porta della salvezza universale – tra l’altro- attraverso un brano evangelico “dimenticato “nella vecchia concezione dell’Extra Ecclesiam nulla salus:” (Matteo 25,35-44) “Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere[.] Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? [..]Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me.”

Una “bussola “può dunque guidare i fratelli di altre religioni, oggi anche alla luce del documento sottoscritto il 4 febbraio 2019 da Papa Bergoglio e dal Grande Imam Ahmad Al Tayyeb, dove –tra l’altro- viene affermato che “Il pluralismo e le diversità di religione, di colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani. Questa Sapienza divina è l’origine da cui deriva il diritto alla libertà di credo e alla libertà di essere diversi. Per questo si condanna il fatto di costringere la gente ad aderire a una certa religione o a una certa cultura, come pure di imporre uno stile di civiltà che gli altri non accettano.”

L’evocata bussola spirituale, può orientare anche coloro che non hanno avuto il dono di una Fede ultramondana, come l’indimenticato presidente Pertini, il quale all’inizio del mandato presidenziale rivolgendosi ai giovani disse – in una sorta di ideale testamento – : “Se non volete, cari giovani, come io mi auguro, che la vostra vita scorra nuda, grigia, monotona, fate quello che abbiamo fatto noi alla vostra età, date alla vostra vita un’idea, una fede, fate che una fede illumini ogni giorno la vostra giornata, ed allora non vi sarete mai pentiti e sentirete che la vita vale la pena di essere vissuta”.

Nuovamente interloquendo con i giovani, attraverso una nota di toccante autobiografismo, affermò:” Non guardate ai miei capelli bianchi: so che non avete bisogno di prediche, ma di onestà, di esempi. Ma non usate violenza, armate il vostro animo di una fede sicura …Ero all’ergastolo a Santo Stefano, in una nuda cella e sentivo lo scorrere del tempo, con la mia giovinezza che sfioriva, e con lei gli anni più belli. Ma nonostante questo, mi sentivo fiero e orgoglioso, perché quella cella era illuminata dalla luce della mia fede politica. Illuminate così la vostra vita. Il coraggio lo potete dimostrare non con armi della violenza, ma difendendo sempre la vostra fede politica contro tutti e tutto, difendendo la libertà”.

Se dal discorso della Fede – religiosa o laica – si passa a quello del Vero assoluto, nessun essere umano se ne può ritenere custode e depositario. E ‘utile ricordare al riguardo il pensiero di un altro grande Presidente della Repubblica, Einaudi, il quale affermò: “A coloro i quali  “sanno”, i quali conoscono la verità e credono di avere il dovere di attuarla, noi dobbiamo opporre il principio che noi conosciamo la verità solo se e finché abbiamo la possibilità di negarla; che il solo criterio della verità politica, come di ogni altra verità, è il diritto illimitato di discutere le regole, accettate nel costume o nelle costituzioni scritte, di criticare gli ordinamenti esistenti e gli uomini al potere, di adoperarsi per mutare gli uni e per cacciare gli altri di seggio, il diritto delle minoranze di trasformarsi, in virtù di persuasione , in maggioranze”.

In occasione del messaggio al Parlamento dopo l’elezione al Colle, il 12 maggio 1948 espresse il rimpianto di “non poter più partecipare ai dibattiti, dai quali soltanto nasce la volontà comune; e di non poter più sentire la gioia, una delle più pure che un cuore umano possa provare, la gioia di essere costretti a poco a poco dalle argomentazioni altrui , a confessare a se stessi di avere, in tutto o in parte torto, ed accedere, facendola propria, all’opinione di uomini più saggi di noi”.

di Tito Lucrezio Rizzo 

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