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La corruzione: più cultura e meno saggezza da “bar dello sport”

La corruzione: più cultura e meno saggezza da “bar dello sport”

K metro 0 – Roma – Sallustio (86-34. a. C) scrisse che a Roma “omnia venalia esse”, cioè che si potevano comprare favori e potere. Il fenomeno della corruzione non è pertanto una caratteristica propria dell’età contemporanea, ma è una patologia della società incompatibile con il sistema democratico, dove l’affermazione sociale, economica, politica, deve avvenire

K metro 0 – Roma Sallustio (86-34. a. C) scrisse che a Roma “omnia venalia esse”, cioè che si potevano comprare favori e potere. Il fenomeno della corruzione non è pertanto una caratteristica propria dell’età contemporanea, ma è una patologia della società incompatibile con il sistema democratico, dove l’affermazione sociale, economica, politica, deve avvenire esclusivamente in base al merito. Questa è la premessa generale da cui dobbiamo partire, per inquadrare non demagogicamente il problema della corruzione in specie, vero e proprio cancro sociale di cui molti non percepiscono il disvalore, bollato con parole di fuoco da papa Francesco.

La soluzione prospettata di allungare i termini della prescrizione del relativo reato significa costringere ad una presunzione di colpevolezza una miriade di persone, con ricadute anche sui figli, per determinati concorsi che richiedono l’appartenenza a famiglie “intemerate”. Non è certo dilatando la prescrizione del reato che si ottempera al principio illuministico della certezza del diritto. La certezza del diritto, piuttosto, deve avvenire attraverso un impegno organizzativo, qualitativo e quantitativo più intenso degli operatori della giustizia tutti. Per prevenire la corruzione occorre investire in cultura, il che può porre rimedio all’inaridimento spirituale che è causa ed effetto, al contempo, dell’immiserimento della politica, non più intesa come alta ed altruistica missione al servizio della collettività, bensì come mezzo per il conseguimento prioritario di gratificazioni personali, fuorvianti dalla strada che conduce alla meta del pubblico bene. Ecco allora che il movente economico, disancorato da qualsivoglia etica, è destinato a divenire il fattore tragicamente unificante dei fenomeni corruttivi e /o di infiltrazione mafiosa nella politica ai vari livelli. Lo scadimento della politica è agevolato dalla caduta libera della cultura, intesa come istruzione educante al discernimento ed a conseguenti scelte informate e mature, al fine di una rappresentanza parlamentare che il popolo deve tornare ad eleggere liberamente. Sovente si sente dire con qualunquismo da Bar dello Sport, che “la politica è una cosa sporca”, il che sottintende il dovere morale per le persone pulite che vogliano mantenersi tali, di astenersi da ogni imbrattamento con essa. Corollario necessario a tale premessa, è che bisognerebbe avere in partenza un’attitudine ai loschi affari, alla corruttela, per potersi dedicare all’agone politico, che in tal modo viene ad essere totalmente snaturato dal suo stesso etimo, che è quello di servizio da rendere alla “polis”, cioè alla causa del bene comune.

La corruzione è uno dei tanti epifenomeni di una democrazia malata, poiché in una democrazia sana non c’è corruzione. Essa è la spia di un corpo malato. Il presidente Pertini affermò: “La politica, se non è morale, non mi interessa … non la considero nemmeno politica. La considero una parolaccia che non voglio pronunciare. Non esistono una moralità pubblica e una moralità privata. La moralità è una sola, perbacco! E vale per tutte le manifestazioni della vita. E chi approfitta della politica per guadagnare poltrone o prebende, non è un politico. È un affarista, un disonesto”. Per aversi una sana politica, non basta il non aver violato il codice penale, dato che chi ricopre responsabilità pubbliche- vieppiù nel caso di Parlamentari – non deve venir meno a comportamenti ispirati a quei valori di “disciplina ed onore”, che sono testualmente evocati dall’art.54 cost.

Non è oggi dunque configurabile, innanzi ad un desolante scadimento del costume politico nelle forme e nella sostanza, una divaricazione tra azione politica ed azione morale, con la conseguenza che si dovrebbe accettare il crudo schema del Machiavelli, teorizzante una Ragion di Stato in ossequio alla quale il fine giustificherebbe i mezzi (purché – si badi bene- almeno il fine sia di utilità pubblica e non di tornaconto personale). L’Uomo morale, nella vita familiare come in quella sociale è un tutt’uno inscindibile nella sua persona. Innanzi a bassezze astutamente giustificate da necessità storiche o da realismo politico che dir si voglia, non bisogna mai abdicare al ruolo della propria coscienza e della legge del Dovere costantemente evocata da Kant e da Croce, il quale ultimo diceva: «Non vi date pensiero di dove vada il mondo, ma di dove bisogna che

andiate voi per non calpestare cinicamente la vostra coscienza, per non vergognarvi del vostro passato tradito».

di Tito Lucrezio Rizzo

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