K metro 0 – Berlino – La Corte federale costituzionale tedesca ha respinto come anticostituzionale la legge – in vigore da dal 2015 – che vieta il suicidio assistito professionalmente, cioè ad esempio da medici. Il tribunale di Karlsruhe ha sostenuto il ricorso presentato quattro anni fa da due associazioni, due cittadini e sette medici
K metro 0 – Berlino – La Corte federale costituzionale tedesca ha respinto come anticostituzionale la legge – in vigore da dal 2015 – che vieta il suicidio assistito professionalmente, cioè ad esempio da medici. Il tribunale di Karlsruhe ha sostenuto il ricorso presentato quattro anni fa da due associazioni, due cittadini e sette medici che avevano contestato la legge nata per evitare di “promuovere il suicidio su base commerciale”.
In Germania, fino a cinque anni fa, l’assistenza al suicidio era considerata all’interno dei confini della legalità, contrariamente all’eutanasia del consenziente. L’entrata in vigore della legge nel 2015 aveva quindi spinto i malati terminali a recarsi in Svizzera e nei Paesi Bassi per porre fine alla propria vita. I centri di consulenza che avevano operato fino a quella data, erano quindi stati costretti a chiudere i battenti a causa del rischio di scontare una pena che sarebbe stata detentiva. La sentenza ha naturalmente scatenato le reazioni della Chiesa cattolica e della Chiesa evangelica, che in una nota congiunta hanno espresso il timore che “si possa esercitare pressione sulle persone anziane o malate affinché si avvalgano delle offerte di suicidio”. Il messaggio porta la firma del cardinale Reinhard Marx, presidente della Conferenza episcopale tedesca, e di Heinrich Bedford-Strohm, presidente del Consiglio EkD, che hanno spiegato come “più diventano naturali e accessibili” le opzioni per aiutare le persone a suicidarsi “più è grande il rischio che le persone in una situazione di vita estremamente stressante si trovino sotto pressione e dall’esterno colgano tale opzione da sfruttare per porre fine alle loro stesse vite”.
Nei diritti della persona va compresa anche “libertà di togliersi la vita” ha affermato dunque il presidente della Corte costituzionale tedesca, Andrea Vosskuhle, nell’argomentare la sentenza che dichiara incostituzionale un articolo del codice penale tedesco. In seguito ad una serie di ricorsi di medici, di malati terminali e di associazioni, l’alta Corte di Karlsruhe ha deciso di annullare l’articolo 217 del Codice penale, che vietava la possibilità alle associazioni per l’assistenza al suicidio e per le cure palliative di fornire al paziente gravemente malato un sostegno nel portare a termine la sua decisione di togliersi la vita. L’eutanasia attiva è e rimane proibita in Germania: la somministrazione di un’iniezione letale può essere punita come “uccisione a richiesta”. Invece l’eutanasia passiva, come la rinuncia a misure che prolungano la vita, è possibile se esiste una precisa dichiarazione d’intenti. In questa pronuncia si ammette la possibilità che l’eutanasia passiva possa essere portata avanti anche con l’aiuto di terzi, e afferma il principio che “l’autodeterminazione alla fine della propria vita rientra nell’area della personalità umana”, si legge. Questo in particolare significa che il diritto a togliersi la vita non è limitato alle persone anziane o gravemente malate che sono stanche della loro vita ma “esiste in ogni fase dell’esistenza umana”, quindi si riferisce anche alle persone sane. Ora sarà compito del legislatore regolare in pratica cosa è lecito e cosa non lo è. La Corte costituzionale ha soltanto dato le indicazioni di principio, ma spetterà ad altri tradurre in realtà, con gli inevitabili compromessi politici, il principio indicato. La sentenza ha rilanciato un dibattito in Germania, fra favorevoli e contrari.
Il ministro della salute Jens Spahn ha annunciato una serie di “colloqui” per rivedere le regole, ma ha anche sottolineato che bisognerà assolutamente evitare che si sviluppi “un’abitudine” o “l’aspettativa di un obbligo sociale” nel rivendicare il suicidio assistito. Il presidente della Società tedesca delle case di riposo e della medicina palliativa, Lukas Radbruch, ha messo in guardia, a sua volta, contro il “via libera alle organizzazioni per l’eutanasia”.