K metro 0 – Washington – Con l’esplosione di nuovi focolai di coronavirus in Italia, Corea del Sud e Iran, l’impressione è che possa diffondersi pericolosamente anche negli Stati Uniti nelle prossime settimane. Le severe restrizioni della Cina sugli spostamenti, i controlli casa per casa, i reparti d’isolamento e la quarantena di intere città hanno
K metro 0 – Washington – Con l’esplosione di nuovi focolai di coronavirus in Italia, Corea del Sud e Iran, l’impressione è che possa diffondersi pericolosamente anche negli Stati Uniti nelle prossime settimane.
Le severe restrizioni della Cina sugli spostamenti, i controlli casa per casa, i reparti d’isolamento e la quarantena di intere città hanno fatto acquistare tempo a tutto il mondo. Tempo utile a ultimare i preparativi per contrastare la diffusione del nuovo virus, che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato: COVID-19, “non è ancora una pandemia ma ha tutte le potenzialità per esserlo. Il mondo deve prepararsi ad affrontarla”. La domanda che sorge spontanea: è stato utilizzato il tempo a disposizione in modo saggio? Il mondo è pronto a far fronte a una pandemia? Non si tratta più di chiedersi se accada o meno, ormai, ma piuttosto quando accadrà e quante persone negli Usa verranno colpite in modo serio. Le infezioni, iniziate in Cina, sono arrivate a circa 80mila persone.
Cinque Paesi europei hanno annunciato nuovi casi martedì. Si trattava di persone che, per la maggior parte, avevano viaggiato in Lombardia, in Italia, dove è presente uno dei focolai più seri del continente. Per la Svizzera, l’Austria e la Croazia si è trattato delle prime trasmissioni confermate. La Germania e la Francia, che avevano già riportato infezioni, ne hanno confermate di nuovi casi. Dal Regno Unito, almeno una dozzina di scuole hanno messo gli studenti in isolamento dopo essere tornati a casa da una gita scolastica dall’Italia. Gli alunni sono della contea di Antrim nell’Irlanda del Nord, del Pembrokeshire in Galles, di Guernsey nelle Isole del Canale e del Cheshire, nello Yorkshire, nel Berkshire. Lo riporta la guardian
I funzionari di tutta Europa stanno cercando in tutti i modi di trovare una soluzione per contrastare il diffondersi del coronavirus nelle zone maggiormente interessate, dove le misure sulle quarantene sono sempre più stringenti. Le nuove epidemie che hanno preso piede al di fuori della Cina hanno alimentato i timori per i mercati finanziari e per le istituzioni politiche. Le nazioni più ricche in Europa e in Asia sono in apprensione per l’urgenza della questione. Anche in Iran si sta vivendo la stessa situazione, con meno risorse per combattere il virus. Non è ancora chiaro quale siano le misure migliori da apportare. “E’ una questione di velocità e di tempo: dobbiamo arrivare a una svolta questa settimana” ha dichiarato il presidente sudcoreano, Moon Jae-In, dove sono stati registrati 144 nuovi casi, con un totale di 977 persone che hanno contratto il coronavirus.
La più grande preoccupazione – almeno dal punto di vista economico – è che le frontiere aperte tra circa 30 Paesi, che permettono la libera circolazione in gran parte d’Europa, possano essere chiuse. I ministri della Salute di sette nazioni europee si sono incontrati a Roma per pianificare una risposta coordinata. Quello francese, Olivier Veran, ai microfoni dell’emittente BFMTV ha svelato che i funzionari hanno firmato una bozza di “principi comuni” che includono la condivisione di informazioni epidemiologiche giornalmente e l’opposizione alla chiusura delle frontiere. I ministri hanno concordato che, come strategia preventiva, non sarebbe “né sensata, né proporzionale e nemmeno efficace”. Inoltre, si sono trovati d’accordo anche sulla non necessità di cancellare le grandi manifestazioni culturali e sportive. Queste verranno valutate caso per caso, come ribadito dallo stesso Veran.
Il ministro per gli Affari europei Enzo Amendola, nel frattempo, ha convocato per oggi gli ambasciatori di tutti i 27 Paesi Ue. L’incontro, a quanto si apprende da fonti Dem, è in programma alle 13 a Roma per discutere del epidemia.
La Commissione europea, che ha rimarcato l’importanza delle frontiere aperte e dell’Area Schengen, ha incoraggiato i Paesi ad adottare misure basate su evidenze scientifiche e coordinatamente, “non in maniera frammentata”. I confini rimarranno, con ogni probabilità, liberi, visto che si tratta di uno dei pilastri dell’imprenditoria e del turismo europeo. È fondamentale mantenere la circolazione dei beni, dei servizi e delle persone tra Paesi che condividono gli stessi standard di sicurezza.