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Rassegna internazionale. Francia violenta. Usa, Il New York è con le candidate democratiche. Marocco indignato sulla Libia

Rassegna internazionale. Francia violenta. Usa, Il New York è con le candidate democratiche. Marocco indignato sulla Libia

K metro 0 – Parigi – In Francia gli scioperi contro la riforma delle pensioni stanno terminando con una serie di episodi di violenza. Lo scrive il quotidiano “Le Figaro“, spiegando che in questi ultimi giorni manifestanti e attivisti hanno radicalizzato le loro azioni. “Questi abusi non saranno mai un modo di espressione in una

K metro 0 – Parigi – In Francia gli scioperi contro la riforma delle pensioni stanno terminando con una serie di episodi di violenza. Lo scrive il quotidiano “Le Figaro“, spiegando che in questi ultimi giorni manifestanti e attivisti hanno radicalizzato le loro azioni.

“Questi abusi non saranno mai un modo di espressione in una democrazia”, ha scritto su Twitter il ministro dell’Interno, Christophe Castaner. Il 17 gennaio scorso alcuni individui si sono introdotti nella sede del sindacato della Confederazione francese democratica del lavoro (Cfdt), sigla vicina alle posizioni del governo. In serata il presidente Emmanuel Macron è stato costretto a lasciare il teatro parigino Bouffes du Nord, dove si trovava con la moglie Brigitte, a causa di alcune decine di manifestanti che hanno cercato di penetrare nella struttura. Il giorno seguente, all’alba, è stata data alle fiamme la brasserie “La Rotonde”, nel quartiere di Montparnasse, considerata come il quartier generale di Macron durante la campagna delle presidenziali nel 2017. “Le prime investigazioni si orientano verso l’ipotesi di un atto volontario”, ha fatto sapere una fonte vicina al dossier. Il quotidiano “Liberation” spiega che le proteste contro la riforma delle pensioni stanno cambiando forma attraverso un nuovo tipo di azioni mirate e simboliche, spesso fuori dal controllo dei sindacati. “Vediamo emergere delle forme di intervento più spontanee, dinamiche, meno controllabili”, afferma Stephane Sirot, storico dei movimenti sociali, secondo il quale si stanno trovando “nuove modalità di azione”.

Prima di battere Donald Trump i democratici devono prendere coscienza che ormai esistono due modelli alternativi di governo a cui si può ispirare il partito, e gli elettori devono scegliere tra questi. Così il New York Times spiega perché “in uno strappo con la tradizione, abbiamo scelto di sostenere due diverse candidate democratiche alla presidenza”, la progressista Elizabeth Warren e la centrista Amy Klobuchar. “Scegliere chi dovrà affrontare Trump significa anche riconoscere che gli americani devono scegliere tra tre modelli, non più due, di governo del Paese – si legge nell’editoriale – i democratici devono decidere quali dei due modelli sia più convincente per gli americani e migliore per riparare i danni alla Repubblica. Per questo noi sosteniamo le più efficaci sostenitrici di entrambi gli approcci”. Il sostegno alla senatrice Warren piuttosto che a Bernie Sanders viene giustificato con il timore che il messaggio del senatore indipendente del Vermont sia troppo divisivo: “ci sono molti progressisti che hanno fame di importanti cambiamenti ma sono preoccupati dalla scelta di un messaggero così divisivo come Sanders – si legga ancora sul Times – allo stesso tempo alcuni elettori moderati dem vedono in Warren qualcuno che esprime le loro preoccupazioni riguardo a diseguaglianze e corruzione”.

L’assenza del Marocco alla Conferenza di Berlino sulla Libia tenuta sotto l’egida delle Nazioni Unite ha sorpreso molti a Rabat. “La Libia rifiuta di accantonare il Marocco”, titola oggi il quotidiano “Assabah”, facendo riferimento a una dichiarazione del Governo libico di accordo nazionale (Gna) a sostegno delle politiche di Rabat in favore della risoluzione della crisi libica. Anche secondo Abdelhadi Lahouij, ministro degli Esteri del governo “ad interim libico” non riconosciuto dell’est, “l’assenza del Marocco dalla conferenza di Berlino sulla Libia non ha senso, per la semplice ragione che non può esserci soluzione alla crisi libica senza la partecipazione di Rabat e senza applicazione degli accordi di Skhirat”. Il ruolo del Marocco nel dossier libico è stato messo in evidenza nel colloquio telefonico che il presidente della Francia, Emmanuel Macron, ha tenuto sabato 18 gennaio con il re Mohammed VI, un giorno prima della conferenza di Berlino. Il capo dello Stato francese avrebbe espresso la propria contrarietà per la mancata presenza del Marocco a questa conferenza, scrive il quotidiano “Al Akhbar“. La diplomazia marocchina ha espresso in modo molto chiaro la sua contrarietà in un comunicato stampa del ministero degli Esteri diffuso ieri e fortemente critico sulla conferenza. “Il regno del Marocco – si legge – non comprende in alcun modo i criteri con  cui sono stati scelti i paesi partecipanti” a questa conferenza. Secondo il giornale “Al Massae“, dietro  il Marocco e altri paesi vicini, come la Tunisia, che ha rifiutato un invito dell’ultimo minuto, vi sarebbe l’intenzione di “seppellire l’accordo di Skhirat”, l’intesa che ha dato vita al Consiglio presidenziale di Tripoli.

La nuova politica migratoria del Regno Unito metterà “le persone prima dei passaporti”, parola di Boris Johnson. Così il premier britannico si è rivolto a oltre venti capi di Stato e di governo africani, che a Londra hanno partecipato allo ‘Uk-Africa investment Summit’. Durante il suo primo discorso programmato del 2020, osserva il quotidiano britannico ‘The Guardian’, Johnson ha puntato tutto sui vantaggi del commercio nella Gran Bretagna post-Brexit. Johnson ha promesso anche un approccio sostenibile alle politiche economiche e di cooperazione, affermando che la Gran Bretagna sta eliminando l’uso del carbone e che quindi non intende incentivarlo neanche all’estero. Tra i presenti al forum c’erano il presidente egiziano Abdel Fattah Al-Sisi, quello keniano Uhuru Kenyatta, il ghanese Nana Akufo-Addo, il nigeriano Muhammadu Buhari. Quest’ultimo firma oggi un editoriale sul quotidiano londinese ‘The Times’: “Le relazioni tra Nigeria e Regno Unito sono strette e longeve – scrive – ma negli ultimi anni, il nostro rapporto, soprattutto economico, è stato sempre più definito dalla membership britannica nell’Unione Europea. Il Summit Uk-Africa mostra un desiderio di riconfigurarlo”. L’anno scorso, il volume degli scambi tra Gran Bretagna e Africa è aumentato del 14%, raggiungendo i 36 miliardi di sterline, mentre gli investimenti sono cresciuti del 7,5%, arrivando a 39 miliardi. Nei prossimi due anni la Cdc, l’istituzione finanziaria del governo britannico per lo Sviluppo del Commonwealth, ha in programma di investire due miliardi in più in Africa. Tra gli investimenti in programma, una fattoria solare in Egitto, una società forestale in Sierra Leone e una per la produzione di energia idroelettrica in Congo.

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Joseph Villeroy
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