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Il Green New Deal europeo: luci e ombre di un progetto molto ambizioso

Il Green New Deal europeo: luci e ombre di un progetto molto ambizioso

K metro 0 – Parigi – Il Parlamento europeo ha approvato il Green Deal della Commissione Von der Leyen e spinge per obiettivi più ambiziosi. I deputati hanno accolto con favore il Green Deal e sono pronti a sostenere il piano di investimenti sostenibili. Chiedono anche un meccanismo di transizione adeguatamente finanziato per tutte le

K metro 0 – Parigi – Il Parlamento europeo ha approvato il Green Deal della Commissione Von der Leyen e spinge per obiettivi più ambiziosi. I deputati hanno accolto con favore il Green Deal e sono pronti a sostenere il piano di investimenti sostenibili. Chiedono anche un meccanismo di transizione adeguatamente finanziato per tutte le regioni dell’UE. La risoluzione è stata adottata con 482 voti favorevoli, 136 contrari e 95 astensioni. “Il Parlamento ha sostenuto a stragrande maggioranza la proposta della Commissione sul Green Deal e accolto con favore il fatto che ci sarà coerenza tra tutte le politiche dell’Unione e gli obiettivi del Green Deal. L’agricoltura, il commercio, la governance economica e le altre politiche devono ora essere visti e analizzati nel contesto del Green Deal”, dice Pascal Canfin (Renew Europe, Francia), presidente della Commissione per l’ambiente del Parlamento europeo.

Al lancio del Green new deal europeo Le Monde dedica l’editoriale dal titolo “«Green Deal» de l’UE : les aides européennes au secours du climat”. E nel sottotitolo le Monde ammonisce: “gli Stati membri della Ue avranno torto a farsi sfuggire tale occasione”. Secondo l’editorialista di Le Monde, “Ursula Von del Leyen ha posto la lotta contro il riscaldamento climatico al centro del suo mandato. Ormai, tutte le politiche pubbliche europee – energia, industria, trasporti, agricoltura – dovranno essere esaminate alla luce del Green Deal”. La presidente della Commissione si è impegnata soprattutto a impiegare un meccanismo di transizione equa, dotato di 100 miliardi tra il 2021 e il 2027, destinato ad aiutare le regioni più dipendenti dalle energie fossili ad avviarsi verso un’economia meno dipendente dal carbone. Ne consegue che popoli e individui più fragili e più in ritardo nella transizione energetica dovranno essere l’obiettivo di un accompagnamento specifico.  “Al di là della questione essenziale di sapere se i fondi mobilitati saranno sufficienti”, prosegue Le Monde, “per convincere questi paesi, l’interesse dell’approccio della Commissione risiede nel cambio di paradigma nella distribuzione delle risorse finanziarie della Ue. Sui 1000 miliardi di euro che saranno consacrati al Green Deal nei dieci anni prossimi, la metà proverrà dai fondi strutturali e dalla politica agricola comune. La lotta contro il cambiamento climatico dovrà far parte integrante dei criteri di attribuzione degli aiuti europei. È indispensabile, se davvero ci si vuole avviare verso un modello economico più rispettoso dell’ambiente”. Inoltre, occorre che gli Stati membri convalidino le proposte della Commissione, sapendo che essi sono già divisi sul budget pluriennale della Ue. “Avranno torto se si facessero sfuggire questa occasione”, spiega Le Monde, “che viene loro offerta di finanziare il progetto europeo. Dinanzi a uno spazio comune frammentato e incapace di definire una strategia comune sulla questione migratoria, reso più fragile dalle incertezze della Brexit, la presidente della Commissione propone un modo per unire le giovani generazioni”.

Per Liberation si tratta di “un peu d’argent pour le climat”, un po’ di soldi per il clima. La “neutralità carbonifera” che l’Unione vorrebbe raggiungere entro il 2050 ha un costo enorme per le economie fortemente dipendenti dal carbone, in particolare i paesi dell’Est che accusano un forte ritardo nello sviluppo. Non è un caso se la Polonia ha rifiutato di sottoscrivere questo obiettivo in attesa di sapere qualcosa di più sugli aiuti europei promessi da Ursula Von der Leyen nel quadro del “Patto verde”. Si chiede Liberation: il “meccanismo di transizione giusta destinato a mobilitare 100 miliardi l’anno per sette anni, basterà a convincere Varsavia di unirsi ai partner europei?  Ora, sapendo che gli Stati sono più avari che mai, la Commissione prevede che raggiungerà appena 10,8 miliardi di euro nel progetto di quadro finanziario pluriennale 2021-27 in corso di negoziato (sapendo che il bilancio europeo ammonta a circa 150 miliardi l’anno). 7,5 miliardi saranno assunti da un nuovo fondo per una transizione giusta che consentirà di elevarsi tra i 30 e i 50 miliardi di euro destinati a finanziare progetti approvati da Bruxelles. Infine, 1,5 miliardi saranno prelevati dalla Bei, la Banca europea degli investimenti, che cambierà nome nella futura Banca europea del clima (BEC)”. La conclusione di Liberation è che “se tutti gli Stati dovranno avere accesso a queste fonti di finanziamento, è chiaro che una gran parte porterà benefici ai paesi dell’est, che un paese come la Germania, a forte surplus commerciale, non avrà gli stessi bisogni della Polonia o della Repubblica Ceca. Il punto è che queste proposte dovranno essere adottate all’unanimità dai 27 paesi…”, conclude Liberation.

Più radicale la visione di Social Europe, in un editoriale a firma di Estrella Durá Ferrandis and Irina de Sancho Alonso, per le quali il Green new deal non deve solo raggiungere gli obiettivi dello Sviluppo sostenibile ma anche gli obiettivi globali di cui parla l’articolo 3.3 del Trattato sull’Unione europea: il benessere dei popoli, lo sviluppo sostenibile, un’economia di mercato altamente competitiva, la piena occupazione, il progresso sociale, un elevato livello di protezione e il miglioramento della qualità dell’ambiente, la lotta all’esclusione sociale e alla discriminazione, la promozione della giustizia sociale e la protezione, la parità tra donne e uomini, la solidarietà tra generazioni e la protezione dei minori. “Un buon accordo per l’Europa”, scrivono le autrici, “che sia un buon accordo per i popoli deve prevedere una nuova e più equa distribuzione delle risorse, la protezione dei poveri, una riformulazione della nostre economie per il benessere di tutti e lo sviluppo della giustizia sociale. In sostanza, un accordo basato sullo sviluppo sostenibile, sulla solidarietà e la prosperità condivisa”. La Commissione ha presentato la prima parte dell’accordo – la parte verde. “Dobbiamo ora partire con la battaglia per il secondo pacchetto di riforme per completare l’accordo per i popoli – la parte sociale. Solo allora saremo in grado di parlare di un nuovo contratto sociale per l’Europa, che garantisca il benessere e il progresso socio-ecologico per tutti, lasciando indietro nessuno, persona o territorio, nelle transizioni verdi e digitali”. Infine, concludono le autrici, “non vogliamo solo un’Europa verde, ma un’Europa arcobaleno – un progetto pienamente inclusivo nel quale il futuro di tutti risplenda dei colori della pace, della speranza e della gioia”.

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Andrea Lazzeri
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