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Iran. Londra e Berlino condannano fermo dell’ambasciatore britannico

Iran. Londra e Berlino condannano fermo dell’ambasciatore britannico

K metro 0 – Londra -Il primo ministro britannico, Boris Johnson e la cancelliera tedesca, Angela Merkel, hanno condannato l’arresto dell’ambasciatore del Regno Unito a Teheran – che poi è stato successivamente rilasciato. Questo quanto si evince nel comunicato di Downing Street, pubblicato al termine dell’incontro tra i due leader di domenica. “Per quanto riguarda

K metro 0 – Londra -Il primo ministro britannico, Boris Johnson e la cancelliera tedesca, Angela Merkel, hanno condannato l’arresto dell’ambasciatore del Regno Unito a Teheran – che poi è stato successivamente rilasciato. Questo quanto si evince nel comunicato di Downing Street, pubblicato al termine dell’incontro tra i due leader di domenica. “Per quanto riguarda l’Iran, si è parlato della fine tragica dei passeggeri dell’Ukraine International Airlines ed è stato condannato l’arresto da parte di Teheran dell’ambasciatore britannico, considerato una violazione della legge internazionale”, ha riferito il portavoce del premier che poi ha aggiunto: “I leader hanno anche discusso l’interesse comune nell’impedire che l’Iran costruisca un’arma atomica, e hanno ribadito la volontà di riuscire a preservare il JCPOA – l’accordo sul nucleare”.

I leader iraniani, intanto, hanno dovuto far fronte al secondo giorno di proteste dopo l’ammissione di responsabilità nell’attacco all’aereo ucraino, nel quale sono rimaste uccise 176 persone. I manifestanti si sono riuniti nelle università a Teheran e in altre parte della città per chiedere ai funzionari di governo di dimettersi. La polizia in tenuta antisommossa è stata inviata in alcuni punti nevralgici, come piazza Azadi. Si è trattato, a quanto pare, di un atto di protesta contro lo stato, nei video si è visto alcuni studenti calpestare la bandiera statunitense e quella iraniana, rappresentate sul pavimento dell’università Shahid Beheshti. In altri filmati apparsi sui social, come riporta la BBC, si vede gli stessi cantare slogan come: “Mentono sul nostro nemico. Non sono gli Usa, il nemico è qui vicino”. L’Iran ha ammesso la propria colpevolezza, dopo aver negato qualsiasi coinvolgimento, si sarebbe trattato di un errore ‘accidentale’. Il velivolo era diretto nella capitale ucraina di Kiev ed è stato colpito vicino Teheran lo scorso venerdì, poco dopo che l’Iran colpito due basi statunitensi in Iraq con dei missili. Quest’ultima iniziativa è una delle ritorsioni promesse per l’uccisione del generale iraniano Qassem Soleimani, ucciso proprio in un raid aereo a Bagdad ordinato da Washington lo scorso 3 gennaio.

Il segretario della Difesa Usa, Mark Esper, domenica ha dichiarato esplicitamente di non aver rilevato prove concrete di una minaccia incombente per le quattro ambasciate americane, quando il presidente Trump ha autorizzato l’uccisione di Soleimani. Gli interrogativi sulla pericolosità dello stesso, evidenziati dal tycoon la scorsa settimana, permangono. Mentre il governo faceva fatica a giustificare l’operazione, Esper e gli altri funzionali hanno cercato di spostare l’attenzione sulle voci di dissenso in Iran. Esper ha spiegato che le proteste che sono andate in scena a Teheran dimostrano come il popolo iraniano voglia un nuovo governo. “La popolazione iraniana sta facendo sentire la propria voce, vuole far valere i propri diritti e sta chiedendo un governo migliore – un regime differente”, le sue parole riportate da AP. Esper è apparso in due differenti trasmissioni ieri e al contempo il consigliere per la sicurezza nazionale, Robert O’Brien, è stato intervistato in altre tre. Quest’ultimo ha chiesto alla Casa Bianca di aumentare la pressione sull’Iran, cercando di modificare il suo atteggiamento. Lo stesso Trump è in momento particolarmente complicato, visto che dovrà affrontare il processo di impeachment in senato. Molti all’interno del congresso non hanno digerito la sua gestione della situazione in Iran, lamentando il fatto che il governo non si è voluto consultare prima del raid del 3 gennaio. Inoltre, i membri dello stesso non sarebbero stati aggiornati neanche dopo l’accaduto. Il presidente Usa ha poi ulteriormente complicato il dibattito ammettendo ai microfoni di Fox News di aver agito in fretta, perché l’intelligence temeva che l’Iran potesse attaccare quattro ambasciate americane.

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