fbpx

Soleimani e la guerra di Trump nelle analisi della stampa estera

Soleimani e la guerra di Trump nelle analisi della stampa estera

K metro 0 – Parigi – Moltissimi i commenti all’azione militare decisa dalla Casa Bianca e messa in atto dal Pentagono in cui ha perso la vita il generale iraniano Soleimani a Bagdad. Presentiamo qui una selezione con la quale mettiamo in rilievo i temi decisivi sollevati dalla morte del generale nello scacchiere mediorientale, e

K metro 0 – Parigi – Moltissimi i commenti all’azione militare decisa dalla Casa Bianca e messa in atto dal Pentagono in cui ha perso la vita il generale iraniano Soleimani a Bagdad. Presentiamo qui una selezione con la quale mettiamo in rilievo i temi decisivi sollevati dalla morte del generale nello scacchiere mediorientale, e nel mondo. Non si può che aprire con il commento di Pablo Ximenez Sandoval su El Paìs, per il quale “l’omicidio di Soleimani apre un dibattito giuridico negli Stati Uniti, senza regole né precedenti chiari”.  Si tratta di capire se si tratta di “un atto di guerra” oppure di “guerra contro il terrorismo”, proseguendo in quella strategia che gli Stati Uniti hanno utilizzato per vent’anni. La Casa Bianca scrive il quotidiano spagnolo, “non ha offerto pubblicamente alcuna spiegazione giuridica dei suoi argomenti per l’omicidio di Soleimani. Sui media, l’Amministrazione americana puntava a inserire l’omicidio in una traccia già accettata dal pubblico: si trattava di un terrorista che stava preparando attacchi imminenti contro imprese nordamericane. Il fatto è”, prosegue El Paìs, “che quel terrorista era il comandante in capo dell’esercito di un altro Paese”.

Il presidente della Camera degli Stati Uniti, Adam Schiff, in un’intervista al Washington Post si è mostrato scettico sull’interpretazione della Casa Bianca che attribuiva ai servizi di intelligence la giustificazione dell’omicidio. Ma poiché si tratta del numero due del regime iraniano, si apre la strada, secondo Schiff, ad un allargamento del concetto di “prevenzione”: “l’equivalente sarebbe che un altro Paese potrebbe così uccidere il vicepresidente degli Stati Uniti durante un suo viaggi ufficiale”. Come ricorda sul New York Times Karen Greenberg, direttore del Centro di sicurezza nazionale dell’Università di Fordham, fu la presidenza Obama che “allargò l’uso di quest’arma legale. Durante la sua presidenza non iniziarono guerre, tuttavia gli Stati Uniti lanciarono centinaia di attacchi in cui morirono migliaia di presunti terroristi e civili. Il più noto di tutti è di certo l’assassinio nel maggio del 2011 di Osama Bin Laden, capo di Al Qaeda e ispiratore degli attentati dell’11 settembre 2001. In sostanza, con decisione arbitraria, gli Stati Uniti possono uccidere chiunque in qualunque zona del mondo, che sia area di conflitto o meno, se la si considera una minaccia imminente”. Ancora El Paìs: “la decisione di Trump crea una nuova linea rossa, in un mondo che sostanzialmente non ha più regole, se non quelle che emanano dal presidente degli Stati Uniti. Soleimani poteva essere un nemico, e le sue attività potrebbero classificarsi come terroristiche, ma è evidente che si tratta di un atto commesso da un altro Paese, e non da un indefinito combattente nemico”.

Secondo il Los Angeles Times, la Casa Bianca sta usando come precedente la morte dell’aviatore giapponese Isoroku Yamamoto, celebre per l’attacco a Pearl Harbour. Nel 1943, l’aereo sul quale viaggiava Yamamoto fu abbattuto sopra il Pacifico dalla contraerea americana. L’Amministrazione elude il piccolo dettaglio che Giappone e Stati Uniti erano in guerra. Esistono altri episodi che potrebbero essere utilizzati come base giuridica per giustificare l’omicidio di Soleimani, come quelli messi in atto dalla Cia nel corso degli anni per uccidere Fidel Castro. Nel 1986, gli Stati Uniti attaccarono la Libia per uccidere Gheddafi.

Secondo il settimanale tedesco Spiegel Donald Trump ha compiuto una “rottura totale con la politica estera tradizionale degli Stati Uniti. Ha messo da parte gli esperti nel Dipartimento di Stato e ha gettato alle ortiche gli strumenti della diplomazia – negoziati, commerci e il valore degli interessi in gioco. Il principio guida è stato ‘distruzione’. Trump ha detto che avrebbe risolto i conflitti col solo suo carisma e la sua immaginazione. Dopo tutto, le aziende tecnologiche della Silicon Valley non hanno rimodellato il mondo altrettanto con le loro innovazioni?”. Ora, prosegue amaramente lo Spiegel, “il fallimento dell’approccio di Trump è divenuto ovvio per tutti. La distruzione potrebbe essere un modello appropriato per Google e Facebook, ma non per la politica globale. Soleimani era considerato il secondo uomo più potente in Iran e il suo assassinio non è altro che una dichiarazione di guerra. E quasi nello stesso istante, il dittatore nordcoreano Kim Jong Un, ha minacciato di dar luogo ai test con armamenti nucleari. Due crisi che Trump aveva promesso di contenere sono invece divenute sempre più acute di quanto lo siamo mai state”. Insomma, conclude lo Spiegel, l’omicidio di Soleimani è “l’epitome della capricciosità di Trump”.

Il quotidiano francese Liberation definisce invece “indegna la minaccia di Trump di bombardare i siti culturali”. Dopo i Buddha di Bâmiyân, “bombardati dai Talebani nel 2001, dopo l’antica città di Palmira in Siria, parzialmente distrutta dall’Isis nel 2015, si assisterà dunque in queste settimane, o tra qualche mese, alla distruzione per mezzo di bombe americane di Persepoli o del palazzo del Golestan, due gioielli iraniani classificati patrimonio dell’umanità”, scrive il quotidiano francese. In una prima dozzina di tweet, ricorda Liberation, sabato, il presidente Trump aveva avvertito Teheran che in caso di risposta contro gli interessi americani, dopo l’assassinio commissionato da Washington del generale Qassem Soleimani, “52 siti – tra i quali i più importanti per l’Iran e la cultura iraniana – saranno colpito rapidamente e duramente”. Dinanzi all’indignazione del mondo per queste minacce, prosegue Liberation, “e malgrado l’impegno del segretario di Stato Mike Pompeo, sul fatto che gli Stati Uniti agiranno legalmente, il miliardario presidente ha rincarato la dose di minacce domenica sera: loro si permettono di uccidere i nostri, si permettono di torturare e mutilare, si permettono di usare bombe per far esplodere ei nostri e noi non avremmo il diritto di toccare i loro siti culturali?”.  Adottando questo linguaggio “indegno di un presidente americano”, prosegue Liberation, “si oltrepassa la linea che divide gli Stati Uniti dai gruppi terroristici e dalle dittature. Sottintende che le convenzioni internazionali, le costituzioni e le altre risoluzioni dell’Onu possono essere considerate carta straccia”.

La minaccia di Trump di attaccare il patrimonio culturale dell’Iran “dimostra quanto egli sia insensibile al diritto internazionale”, ha infine deplorato Andrea Prasow, direttrice della Ong Human Rights Watch a Washington.

Condividi su:
Joseph Villeroy
CONTRIBUTOR
PROFILE

Posts Carousel

Latest Posts

Top Authors

Most Commented

Featured Videos

Che tempo fa



Condividi su: