K metro 0 – Jobsnews – Taranto – Il destino di una degli architravi dello stabilimento siderurgico di Taranto si deciderà nei primi giorni del 2020. Dopo l’udienza nel penultimo giorno del 2019, il Tribunale del Riesame di Taranto si esprimerà infatti sulle sorti dell’altoforno 2 dell’Ilva entro il 7 gennaio. I giudici dovranno decidere
K metro 0 – Jobsnews – Taranto – Il destino di una degli architravi dello stabilimento siderurgico di Taranto si deciderà nei primi giorni del 2020. Dopo l’udienza nel penultimo giorno del 2019, il Tribunale del Riesame di Taranto si esprimerà infatti sulle sorti dell’altoforno 2 dell’Ilva entro il 7 gennaio. I giudici dovranno decidere sul ricorso presentato dai legali dell’azienda in amministrazione straordinaria contro la decisione del gip del tribunale di Taranto, Francesco Maccagnano, di non concedere la proroga dell’uso dell’Afo2, sequestrato nel 2015. La data del 7 gennaio non è casuale: da quel giorno scatterebbero le operazioni di fermata definitiva dell’impianto, come stabilito dal cronoprogramma annunciato da ArcelorMittal. In pratica si dovrà decidere se restituire gli impianti all’amministrazione o spegnere il secondo forno di Taranto.
Lo scorso 10 dicembre il giudice Maccagnano aveva rigettato la richiesta di proroga presentata dai commissari rispetto alla deadline del 13. Nonostante il parere favorevole espresso dalla Procura, il giudice pugliese aveva motivato la decisione spiegando “che una nuova proroga avrebbe pregiudicato la sicurezza dei lavoratori”. Proprio in seguito a questa ordinanza, l’azienda aveva annunciato la cassa integrazione straordinaria per 3.500 operai, scatenando una nuova levata di scudi dei sindacati, che chiudono dall’inizio della crisi ad ogni esubero per le acciaierie. Ma perché l’Afo2 è così importante?
Il primo aspetto è tecnico: senza il suo apporto la produzione scenderebbe a 3milioni di tonnellate di acciaio annue e rischierebbero il posto, senza le due cokerie collegate, almeno 5mila dipendenti. I francoindiani prevedono poi di dismettere questo altoforno ‘classico’ solo alla fine del piano industriale nel 2023, per poi rimpiazzarlo con uno elettrico più ecosostenibile. L’eventuale chiusura dell’altoforno avrebbe poi un riflesso immediato e negativo sulla trattativa tra azienda e governo, suggellata da una pre-accordo in Tribunale a Milano. Tra i motivi che hanno scatenato l’istanza di recesso di inizio novembre figurava, infatti, la mancata messa in sicurezza dell’impianto, prescritta dai magistrati pugliesi dopo la morte dell’operaio 35enne Alessandro Morricella, ucciso da una fiammata di ghisa incandescente nel giugno del 2015. È una vera e propria corsa contro il tempo: entro il 31 gennaio bisogna trovare un’intesa vincolante, con la nuova udienza fissata al 7 febbraio a Milano. “A breve torneremo con delle soluzioni per l’ex Ilva e la città di Taranto”, è stata la promessa del premier Giuseppe Conte dopo il blitz del 24 dicembre. La exit strategy passa però, ancora una volta, per le decisioni dei giudici.