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Usa. Impeachment: 230 voti contro 198. La decisione passa al Senato

Usa. Impeachment: 230 voti contro 198. La decisione passa al Senato

K metro 0 – Jobsnews – Washington – Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, è divenuto il terzo presidente Usa nella storia ad essere posto in stato di accusa dal Congresso federale. La Camera dei rappresentanti, controllata dal Partito democratico, ha approvato l’impeachment nella notte di giovedì (ora locale), al termine di un dibattito

K metro 0 – Jobsnews – Washington – Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, è divenuto il terzo presidente Usa nella storia ad essere posto in stato di accusa dal Congresso federale.

La Camera dei rappresentanti, controllata dal Partito democratico, ha approvato l’impeachment nella notte di giovedì (ora locale), al termine di un dibattito fiume di otto ore sui due capi d’accusa mossi al presidente dai suoi avversari: abuso di potere e ostruzione del Congresso. Prima di Trump, sono stati sottoposti a impeachment solo Andrew Johnson, nel 1868, e Bill Clinton, nel 1998. Il voto per il primo articolo dell’impeachment, abuso di potere, è stato approvato con 230 voti favorevoli e 197 contrari; il secondo, per intralcio al Congresso, ha avuto 229 voti favorevoli e 198 contrari. Ora l’inchiesta passa al Senato dove il Partito Repubblicano ha la maggioranza e ciò rende altamente improbabile che il presidente sia rimosso dalla sua carica quando i senatori saranno chiamati a votare. La scorsa settimana il leader della maggioranza repubblicana Mitch McConnell ha affermato che i senatori repubblicani avrebbero agito in “coordinamento totale” con la squadra del presidente durante il processo, facendo infuriare i democratici che hanno sottolineato che i senatori sono obbligati ad agire come giurati imparziali. In tutto il Paese, nelle 24 ore precedenti al voto, i manifestanti pro-impeachment erano scesi in piazza. Centinaia di persone si sono radunate a Times Square a New York, cantando: “Dimmi chi è al di sopra della legge? Nessuno è al di sopra della legge!”. Il presidente aveva fatto un intervento straordinario alla vigilia del voto, scrivendo una lettera infuocata di sei pagine alla Pelosi, accusata di dichiarare “guerra aperta alla democrazia americana”.

I due capi d’accusa ruotano attorno alle presunte pressioni di Trump sul suo omologo ucraino, Volodymyr Zelensky, affinché Kiev riprendesse le indagini a carico del figlio di Joe Biden, ex vicepresidente e candidato di punta alla presidenza Usa del Partito democratico. I capi d’accusa a carico di Trump sono meno solidi di quelli prospettati all’inizio dell’indagine promossa dai Democratici, che avevano accusato Trump a più riprese di corruzione e ostruzione della giustizia. Secondo i promotori dell’impeachment, Trump ha minacciato la sicurezza nazionale sospendendo per alcune settimana lo stanziamento di aiuti militari all’Ucraina, presumibilmente a fini ricattatori e per giovare all’interesse personale della sua rielezione. I Repubblicani si sono schierati compattamente contro questa tesi, che sostengono sia smentita sia dalle trascrizioni delle conversazioni telefoniche tra Trump e Zelensky, sia dalla sola testimonianza diretta dei fatti udita dal Congresso nelle scorse settimane. Trump ha accompagnato il dibattito alla Camera con una serie di Tweet: “Non ho fatto nulla di sbagliato”, ha scritto il presidente, accusando i suoi avversari politici di non aver mai accettato l’esito delle elezioni del 2016. La presidente democratica della Camera, Nancy Pelosi, ha ribadito invece la posizione del suo partito: “Il presidente ha usato i poteri del suo ufficio per ottenere un beneficio politico e personale improprio, a discapito della sicurezza nazionale”, ha dichiarato la leader democratica. Secondo Pelosi, i Democratici hanno dovuto agire per preservare “l’integrità delle nostre elezioni”. L’impeachment aggrava ulteriormente la profonda frattura che attraversa la classe politica e l’elettorato degli Stati Uniti, a soli due mesi dall’avvio delle primarie di partito in vista delle prossime elezioni presidenziali. Il giudizio finale in merito alle accuse mosse a Trump spetterà al Senato federale, controllato dai Repubblicani.

di Pino Salerno

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