K metro 0 – Parigi – Giovedì 12 dicembre: una data che segna un passaggio storico importante per la Gran Bretagna, l’Europa e per l’assetto geopolitico complessivo del pianeta. La schiacciante vittoria di Boris Johnson e del partito Conservatore, con la maggioranza assoluta a Westminster, grazie ai 365 seggi conquistati, apre la porta a un
K metro 0 – Parigi – Giovedì 12 dicembre: una data che segna un passaggio storico importante per la Gran Bretagna, l’Europa e per l’assetto geopolitico complessivo del pianeta. La schiacciante vittoria di Boris Johnson e del partito Conservatore, con la maggioranza assoluta a Westminster, grazie ai 365 seggi conquistati, apre la porta a un futuro prossimo del tutto inedito, non solo per Londra. Inoltre, la pesante sconfitta dei laburisti di Jeremy Corbyn ripropone la questione del voto operaio. L’opinione pubblica mondiale ha dato un enorme risalto al voto britannico e alle conseguenze che esso porta con sé.
Negli Stati Uniti, dopo l’esultanza del presidente Donald Trump, da sempre sostenitore della Brexit e di Boris Johnson, è il Washington Post che tenta un’analisi di quel che è accaduto. “Il giorno dopo un’elezione storicamente decisiva in Gran Bretagna”, scrive il WP, “il primo ministro Johnson ha giurato di unire un Paese diviso, mentre i leader dell’opposizione laburista dibattoono sulle ragioni della pesante sconfitta”. Ma l’unità potrebbe rivelarsi “una missione sfuggente, soprattutto dal momento che gli elettori scozzesi hanno dato il voto a un partito nazionalista e pro-Europa che ha immediatamente minacciato di perseguire un secondo referendum sull’indipendenza” prosegue il quotidiano. “Per quanto molti britannici erano stufi del dibattito sulla Brexit, il voto dimostra che essi sono divisi come mai sul rapporto del Paese con l’Unione Europea. Il primo ministro ha sostanzialmente ribadito che la resistenza è inutile e che i britannici che speravano di restare nella Ue devono cambiare idea”. Le parole di Johnson riportate dal Washington Post sono le seguenti: “Getting Brexit done is now the irrefutable, irresistible, unarguable decision of the British people”, ovvero “dare per fatta la Brexit è ora la decisione irrefutabile, irresistibile, incontrovertibile del popolo britannico”. Tuttavia, sottolinea il Washington Post, “ora che egli ha una maggioranza parlamentare la prima parte della Brexit appare relativamente facile. La seconda parte resta dura. Ha fatto tante promesse sulla spesa pubblica in campagna elettorale: infermieri, ospedali, scuole, polizia. Occorre capire come le manterrà in una fase di crisi economica”.
Francia
I media francesi hanno seguito le elezioni britanniche con estremo interesse, e non hanno impiegato molto tempo a trarre le loro conclusioni. Il quotidiano popolare Le Parisien, ha pubblicato un articolo dal titolo dirompente: “Boris Johnson, il bugiardo che dà la sveglia all’Europa” ed ha definito il primo ministro il “bogeyman dell’Europa”, un politico per il quale “quasi tutto è promessa vuota, sia dal punto di vista dell’economia che della verità”. Le Monde scrive che né Johnson, né Corbyn, sono apparsi particolarmente promettenti per l’Europa. Scrive che il leader del Labour era “un euroscettico di sinistra che considera l’Unione europea come un club di capitalisti” e “non ha mai ammesso che la Brexit avrebbe messo a rischio tutte le sue raffinate promesse di una riforma radicale, sul piano sociale ed economico”. Ma il quotidiano parigino ha riservato le critiche più feroci a Johnson. “Non più quello del clown, ora il primo ministro ha mostrato il suo vero volto”, ha scritto Le Monde. “Brutale; affamato di potere; sfuggente in pubblico e refrattario alle domande; mentre brandisce un nazionalismo e un’arroganza che fanno invidia a Trump”.
Anche Liberation dedica un editoriale alle elezioni britanniche, molto critico sia su Johnson che su Corbyn. Si è trattato di una campagna elettorale, scrive Liberation, “brutale, costretta dalle fake news e da altre menzogne, amara, priva di un dibattito politico sostanziale. È stata, soprattutto, una campagna elettorale che certo non ha ispirato alcunché”, conclude il quotidiano.
Germania
I media tedeschi sono stati insolitamente duri nella valutazione del livello del dibattito politico britannico e soprattutto molto feroci nei confronti di Johnson. “Il Paese sta muovendosi in una nuova era”, ha scritto Cathrin Kahlweit, in un editoriale sulla Süddeutsche Zeitung. “Diventerà più insulare, coltiverà una forma di patriottismo meno civile, infliggerà molti danni alle minoranze. Le riforme necessarie – nuova legge elettorale, una Costituzione scritta, servizi pubblici migliori – sono state tutte posticipate”. A sua volta, Die Welt scrive che la promessa di Johnson di “dare per fatta la Brexit” gli “scoppierà in faccia”. Ed ha aggiunto che “egli è tranquillo sul fatto che la parte più dura dei negoziati partirà dopo il ritiro”. Der Spiegel commenta con amarezza che “una vittoria del Labour sarebbe stata una benedizione per l’economia Britannica, poiché in caso di vittoria Corbyn avrebbe negoziato un accordo soft sulla Brexit con la Ue, che sarebbe risultato molto più conveniente per l’economia di quanto non sia la hard Brexit di Johnson”.
Spagna
Nonostante il fatto che la Spagna abbia celebrato due elezioni generali in un solo anno e resta nelle mani di un governo ad interim, provvisorio, i media hanno manifestato grande interessi ai contorcimenti politici del Regno Unito. El Mundo parla esplicitamente di una vittoria chiara del trumpismo: “Johnson si comporterà come un vero despota e condurrà a una definitiva divisione dall’Europa che vede la società britannica spingersi verso il modello americano (e dopo tutto egli è nato a New York)”. Rafael Ramos, il corrispondente da Londra per La Vanguardia, scrive un’inchiesta dalla ex constituency di Tony Blair, Sedgefield. È là che ha scoperto come sia stato rendere vulnerabile il “Red Wall” laburista. “Uno tsunami blu si è manifestato ed ha le sembianze della minaccia bionda di Boris sulla tavola da surf incisa con la parola Brexit e dipinta coi colori della Union Jack”.
Olanda
In Olanda, che ha parecchio da perdere in caso di hard Brexit o di No Deal, NRC Handelsblad ha commentato una campagna elettorale “povera nella sostanza e ricca di vuota retorica”, per un’elezione che “avrebbe potuto cambiare il corso della Brexit e del Paese”. Entrambi i partiti, Labour e Tory, per il quotidiano olandese “hanno promesso tanti soldi e tanti investimenti, ma hanno evitato discussioni fondamentali sulla struttura della sanità, dell’istruzione e sulle riforme, e mai della Brexit”. Insomma, Johnson non è riuscito a spiegare “in che modo negoziare un accordo commerciale in tempi record o cosa accadrebbe se il dialogo si bloccasse”, scrive il quotidiano olandese. Mentre Corbyn “è stato zitto sulla Brexit, consapevole del fatto che l’unico risultato positivo possibile sarebbe arrivato dalla coincidenza del voto laburista degli elettori di sinistra delle grandi città e dei Brexiteers della classe operaia nelle Midlands e del nord”. Cosa che non è avvenuta.
Scandinavia
Svenska Dagbladet, quotidiano svedese, ha descritto un paese disperatamente diviso, lasciando agli elettori la sfida di “una scelta impossibile. Come ha votato un conservatore che vorrebbe restare nella Ue? Oppure un socialdemocratico che pensa che Corbyn sia un estremista di sinistra?”. In Danimarca, Berlingske scrive che i due contendenti hanno rappresentato “due visioni radicalmente diverse del Regno Unito. La vittoria con la maggioranza assoluta dà ai Tory la certezza di lasciare la Ue a partire dal 31 gennaio 2020, anche se dovranno negoziare un accordo commerciale futuro”. Al contrario, “se avessero vinto i laburisti, si sarebbe tenuto di certo un nuovo referendum sulla Brexit”, con una necessaria dilatazione dei tempi.
di Joseph Villeroy