K metro 0 – Madrid – Il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha dichiarato giovedì a Madrid che fallire nella lotta al surriscaldamento globale potrebbe portare a un vero disastro economico. I negoziatori al meeting sul clima sono infatti rimasti impantanati nella risoluzione di alcune questioni chiave. Guterres ha sottolineato come lasciare che
K metro 0 – Madrid – Il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha dichiarato giovedì a Madrid che fallire nella lotta al surriscaldamento globale potrebbe portare a un vero disastro economico. I negoziatori al meeting sul clima sono infatti rimasti impantanati nella risoluzione di alcune questioni chiave.
Guterres ha sottolineato come lasciare che i cambiamenti climatici seguano il proprio corso permetterebbe la sopravvivenza “solo dei ricchi”, mentre l’ex segretario di Stato Usa, John Kerry, ha aggiunto che l’assenza di “leadership” da parte di Washington ha ostacolato il dialogo. “E’ complicato raggiungere gli obiettivi prefissati se gli Stati Uniti non partecipano”, ha dichiarato il diplomatico in un’intervista ai microfoni di AP nella capitale spagnola, evidenziando come i negoziatori stiano trattenendo il respiro fino alle prossime elezioni presidenziali che si terranno a fine 2020. Il governo Trump ha iniziato il processo di abbandono dell’ambizioso patto del 2015 modellato dal suo predecessore Barack Obama teso a contenere le temperature in rialzo sul pianeta. Ufficialmente gli Usa lasceranno l’accordo di Parigi il 4 novembre del 2020, all’indomani delle votazioni.
Intanto, dopo l’annuncio della nuova presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, del nuovo piano per raggiunge le emissioni zero entro il 2050, aumentano gli interrogativi sulla fattibilità del progetto vista la riluttanza di tre Paesi dell’est Europa. I capi di Stato e alcuni membri governativi del blocco si sono riuniti a Bruxelles per una due giorni riguardante la questione. Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca rimangono dubbiose sul “Green Deal” ma il loro sostegno è necessario per raggiungere l’approvazione. Il tema del clima ha scatenato un dibatto “intenso ma positivo”, come riporta AP. Il confronto di ieri è andato in scena prima di cena tra “sei o sette leader” tra cui il primo ministro ceco, Andrej Babis. Queste invece le parole del presidente francese Emmanuel Macron al suo arrivo al summit: “A marzo eravamo solo due Paesi a credere nel piano climatico, poi siamo diventati otto e così via. Oggi pomeriggio (ieri, ndr) attorno al tavolo mancheranno due otre membri ma faremo di tutto per convincere i nostri partner sull’indispensabilità della transizione energetica”.
“La Germania sostiene le idee che Ursula von der Leyen che ha messo in campo” con il Green Deal, “spero che” dal vertice Ue “uscirà un forte segnale affinché l’Europa diventi un continente a impatto climatico neutrale nel 2050”. Così la cancelliera tedesca Angela Merkel arrivando al Consiglio europeo a Bruxelles. “Credo che il Green Deal sia molto ambizioso e molto impegnativo”, ha sottolineato la cancelliera, che ha ricordato l’impegno già espresso nei mesi scorsi da Berlino “per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050”. “Oggi”, ha concluso Merkel, i leader Ue devono capire “se tutti gli Stati membri possano impegnarsi” per centrare l’obiettivo.
Nel frattempo, in un report rilasciato dall’Onu mercoledì, è stato rivelato che circa mezzo miliardo di persone nell’Asia-Pacifica soffrono di malnutrizione e che per eliminare la fame che imperversa nell’area entro il 2030 ogni mese milioni di queste dovranno riuscire a modificare la propria condizione. I dati mostrano un progresso troppo lento e in alcune regioni anche un arretramento, con svariati problemi riguardanti la malnutrizione. L’iniquità peggiora col passare dei mesi e nonostante la crescita economica proceda a ritmi elevati, i guadagni non riescono a garantire diete adeguate per centinaia di milioni di persone. In Myanmar, poi, i legali stanno cercando di interrompere quello che sembra possa essere a tutti gli effetti un genocidio. Il leader Aung San Suu Kyi ha difeso a spada tratta l’esercito del proprio Paese e i gruppi pro-democrazia hanno deciso di ignorare gli “inenarrabili” crimini nei confronti dei cittadini musulmani. Suu Kiy nelle dichiarazioni conclusive alla Corte internazionale di Giustizia de L’Aia, ha difeso nuovamente le azioni dei militari contro la minoranza Rohingya e il funzionamento del sistema di giustizia militare del proprio Paese. Ha chiesto inoltre che le accuse vengano lasciate cadere. La Corte Suprema delle Nazione Unite, intanto, sta intraprendendo una procedura legale d’emergenza per determinare se il personale militare abbia commesso o meno un genocidio nel 2017.