Usa. Via libera all’impeachment. Battaglia senza esclusione di colpi

Usa. Via libera all’impeachment. Battaglia senza esclusione di colpi

K metro 0 – Washington – Nancy Pelosi ha deciso di rovinare le vacanze di Natale al presidente Trump. I democratici hanno passato il Rubicone accendendo la miccia dell’impeachment: tra pochi giorni, entro la fine della prossima settimana, forse giovedì, potrebbero essere votati gli articoli, poi ci sarà il voto finale della Camera, probabilmente entro

K metro 0 – Washington – Nancy Pelosi ha deciso di rovinare le vacanze di Natale al presidente Trump. I democratici hanno passato il Rubicone accendendo la miccia dell’impeachment: tra pochi giorni, entro la fine della prossima settimana, forse giovedì, potrebbero essere votati gli articoli, poi ci sarà il voto finale della Camera, probabilmente entro Natale.

 Il dado è tratto e non c’è modo di tornare indietro. Uno dei due schieramenti uscirà sconfitto e il risultato – concordano tutti gli osservatori – avrà un peso decisivo sulle prossime elezioni presidenziali.

La speaker della Camera ha scelto la più importante tribuna degli Stati Uniti d’America per sferrare il suo j’accuse- il Campidoglio-, ed ha citato più volte i Padri Fondatori della Costituzione, quelli che nella coscienza civile americana sono gli eroi intoccabili di un un diritto alla felicità, scritto col sangue di chi ha combattuto per la libertà degli individui. Niente di più solenne poteva quindi scegliere la Pelosi per spiegare a una nazione, divisa come mai, perché, per la terza volta nella storia Usa, vuole procedere alla messa sotto accusa del Comandante in Capo.

“I fatti – ha scandito Nancy Pelosi – sono incontestabili: Trump ha abusato dei suoi poteri per un suo beneficio politico a spese della nostra sicurezza nazionale, bloccando gli aiuti militari e un invito del presidente ucraino alla Casa Bianca, in cambio dell’annuncio di un’indagine su un suo rivale politico”, ossia Joe Biden, frontrunner dei democratici nella corsa alla Casa Bianca. “Una grave violazione della costituzione” che a suo avviso è stata confermata “senza dubbi” dai costituzionalisti sentiti nella prima udienza della commissione Giustizia della Camera, che ora ha fissato una nuova udienza lunedì per la presentazione delle prove.

I capi di imputazione evocati sinora sono: abuso di potere, ostruzione del Congresso e della giustizia. Ma Pelosi è stata evasiva sulla possibilità che siano incluse anche accuse legate al Russiagate. “Tutte le strade portano a Putin, capitelo”, ha risposto a un giornalista durante la conferenza stampa.

Inizia così una lunga e complicata procedura che, partendo dalla commissione intelligence della Camera, passerà alla commissione giustizia (incaricata di redigere i capi di accusa) e riguarderà sia la Camera che, alla fine, il Senato. Una prassi rimasta sostanzialmente immutata da quando fu applicata la prima volta nel 1868 contro Andrew Johnson (che accusato di abuso d’ufficio fu assolto), poi ripetuta con Richard Nixon nel 1974 (caso Watergate, Nixon si dimise prima della sentenza) e nel 1998 per la vicenda a luci rosse di Bill Clinton-Monica Lewinsky (assolto  Clinton dall’accusa di aver mentito alla giustizia, grazie a un cavillo – è proprio il caso di dirlo – linguistico: per Bill un rapporto orale non era esattamente un rapporto sessuale).

Questa volta c’è di mezzo il nemico di sempre, la Russia, e pertanto la partita ha uno spessore maggiore con imprevedibili ricadute internazionali. Il dossier consegnato alla commissione giustizia della Camera riferisce di “prove schiaccianti di condotta inappropriata da parte di Trump, che avrebbe ostacolato la giustizia, commesso abuso di potere e sollecitato l’intervento di un paese straniero, l’Ucraina, per favorire la propria elezione”.

I deputati di Washington hanno ascoltato anche i pareri di quattro costituzionalisti e giuristi di primo piano. I tre professori, scelti dai democratici, hanno dato disco verde all’avvio della procedura. Pamela Karlan della Stanford Law School ha spiegato che “l’idea stessa che un presidente possa chiedere l’aiuto di un governo straniero per farsi eleggere fa inorridire”. Rincara la dose Noah Feldman di Harvard: “Un presidente che non collabora a un’indagine di impeachment si colloca al di sopra della legge”. Opposto invece il parere del quarto esperto, quello scelto dai repubblicani, il professor Jonathan Turley della George Washington University: “sono accuse capziose”.

Mentre procede il duello in punta di diritto, scendono in campo gli uomini abituati a combattere sui mass media. In prima fila c’è il diretto interessato, Donald Trump, che spara una raffica di twitter “Fandonie”, “Spazzatura”, “Antipatriottici”, “Una lunga serie di bufale”. Compatti i repubblicani: “E’ evidente il fallimento dei democratici su tutta la linea”, dichiara Dick Cheney, figlia dell’ex vice-presidente Dick Cheney.

La strategia di Trump è delineata: boicottare il processo alla Camera, dove i democratici hanno la maggioranza, e usare il Senato, controllato dai repubblicani “più uniti che mai”, non solo per “vincere” con un’assoluzione, ma anche per fare un contro processo. In particolare, a Joe Biden e a suo figlio Hunter, da lui accusati di corruzione per le loro attività in Ucraina. Ma l’ex vicepresidente ha già fatto sapere che non si presenterà spontaneamente, ovvero senza ricevere un mandato di comparizione.

 “Non consentirò a Trump di distogliere l’attenzione dai suoi crimini”, ha detto Biden, che è passato al contrattacco postando su Twitter il video virale nel quale alcuni leader del vertice Nato, tra cui il premier canadese Justin Trudeau, deridono il tycoon a Buckingham Palace. “Il mondo vede Trump per quello che è. Insincero, mal informato, corrotto, pericolosamente incompetente e incapace di leadership mondiale. Abbiamo bisogno di un leader che il mondo rispetti”, ha scritto l’ex vice di Obama.

Insomma, come nella tradizione della guerra civile americana e come accadde nella conquista dei territori cheyenne, al termine delle battaglie non ci saranno prigionieri. Pelosi o Trump, uno dei due dovrà abbandonare la politica.

Nel frattempo, l’attuale presidente gioca le sue carte per disinnescare la bomba ucraina, il punto più pericoloso e sensibile agli occhi del suo elettorato patriottico. Per questo ha inviato sul campo il suo avvocato personale, Rudy Giuliani, col compito di preparare la linea difensiva là, dove tutto è nato. L’inchiesta è stata innescata da una telefonata del 25 luglio 2016 in cui Trump chiedeva al presidente ucraino Zelenskiy di indagare sul rivale democratico Joe Biden e suo figlio. Telefonata confermata anche da autorevoli esponenti dello staff della Casa Bianca.

di Andrea Lazzeri

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