K metro 0 – Sarajevo – I fiumi dei Balcani sono in pericolo dopo che negli ultimi anni sono nate diverse piccole centrali idroelettriche, la minaccia è stata evidenziata da alcuni esperti climatici nella giornata di giovedì. Dopo essersi riuniti nella capitale della Bosnia, a Sarajevo, in un comunicato hanno chiesto ai governi di interrompere
K metro 0 – Sarajevo – I fiumi dei Balcani sono in pericolo dopo che negli ultimi anni sono nate diverse piccole centrali idroelettriche, la minaccia è stata evidenziata da alcuni esperti climatici nella giornata di giovedì. Dopo essersi riuniti nella capitale della Bosnia, a Sarajevo, in un comunicato hanno chiesto ai governi di interrompere l’ulteriore costruzione di dighe. “Vogliamo che tutti si rendano conto che è sbagliato e nocivo, stiamo devastando le nostre bellezze naturali”, ha dichiarato Irma Popovic Dujmovic, del gruppo World Wide Fund for Nature Adria, nonché una degli organizzatori del meeting sopracitato. La preoccupazione è che le nuove centrali vengano costruite solamente per interessi economici senza preoccuparsi della comunità locale e dei relativi ecosistemi. “La costruzione di nuove centrali danneggerà la natura e i cittadini”, ha ribadito Dujmovic. Sempre giovedì, poi, i gruppi EuroNatur e Riverwatch hanno pubblicato un resoconto che svela come le centrali idroelettriche stiano esercitando una “pressione immensa” sui fiumi di tutta Europa. La rabbia scaturita dai progetti in cantiere ha alimentato i movimenti dei cittadini in tutti i Balcani, anche i residenti di piccoli villaggi hanno organizzato manifestazioni e stanno cercando di interrompere i lavori. I Paesi della regione rispetto al resto d’Europa sono deficitari per quanto riguarda gli standard ambientali. Molti fiumi dell’area sono altamente inquinati a causa dei rifiuti provenienti dalle fabbriche, per non parlare di quelli raccolti sulle sponde e trasportati dai corsi d’acqua.
Sarà una settimana cruciale a livello mondiale per quanto riguarda il clima, visto che da sabato 2 al 13 dicembre si terrà a Madrid la conferenza globale sul clima, alla quale prenderà parte anche Greta Thunberg. La ragazza svedese dovrà invertire la rotta e riattraversare l’Atlantico dopo che il Cile ha deciso di non ospitare più il meeting. Il rifiuto di utilizzare un aereo per arrivare in Spagna è un segnale coerente rispetto agli ideali del movimento che ha contribuito a creare e in linea con l’onestà con cui i suoi seguaci sostengono la causa. Venerdì centinaia di migliaia, se non milioni, di giovani scenderanno in strada nelle città di tutto il mondo per chiedere ai governi un impegno maggiore nella lotta ai cambiamenti climatici. Questa consapevolezza sempre maggiore è diventata fondamentale nel dibattito degli ultimi anni, come ha sottolineato Andrew Steer, a capo del gruppo ambientalista World Resources Institute di Washington. “Non è mai successo che 7 milioni di persone, la maggior parte giovani, marciassero tutti insieme per un unico ideale”, ha dichiarato Steer, riferendosi proprio ai ‘global climate strikes’ che hanno segnato questo anno di proteste e che la maggior parte delle volte sono stati organizzati attraverso i social. Greta Thuberg, da sola, ha riunito sul proprio profilo Twitter 3 milioni di follower, una cavalcata iniziata lo scorso anno con la sua protesta al parlamento svedese.
Un’operazione che sta portando i propri frutti. A inizio anno, sono cominciati emersi segnali di un’onda verde nelle elezioni per il Parlamento europeo, dove i partiti ambientalisti hanno raccolto molti dei voti degli elettori. Ad esempio, i Verdi in Austria entreranno al governo per la prima volta, mentre nella vicina Germania il partito gemello sta dominando nei sondaggi da mesi. Anche l’Unione europea ha dichiarato l’esistenza di un’emergenza climatica giovedì, una spinta simbolica per rendere la lotta ai cambiamenti climatici una priorità. 429 parlamentari hanno votato a favore , 225 i contrari e 19 gli astenuti per definire le nuove sfide che l’ambiente sta ponendo come un’ “emergenza”. Le prossime generazioni, un giorno, potrebbero guardarsi indietro e vedere l’inizio delle proteste di massa come un momento in cui il mondo ha cominciato a porre seria attenzione sul tema del surriscaldamento globale.