K metro 0 – Washington – L’ambasciatore statunitense presso l’Ue, Gordon Sondland, nella giornata di mercoledì ha dichiarato agli investigatori a lavoro sulla procedura di impeachment che il presidente Donald Trump e il suo avvocato Rudy Giuliani hanno perseguito esplicitamente un “quid pro quo” con L’Ucraina, utilizzando una visita allo Studio Ovale per mettere in
K metro 0 – Washington – L’ambasciatore statunitense presso l’Ue, Gordon Sondland, nella giornata di mercoledì ha dichiarato agli investigatori a lavoro sulla procedura di impeachment che il presidente Donald Trump e il suo avvocato Rudy Giuliani hanno perseguito esplicitamente un “quid pro quo” con L’Ucraina, utilizzando una visita allo Studio Ovale per mettere in piedi un’indagine politica sui Democratici. Ma ha anche sottolineato che l’accordo comprendeva molte altre cose.
Dietro la proposta degli Usa di scattare una foto spalla a spalla alla Casa Bianca, si nascondeva tutt’altro. Trump secondo quanto riportato da Sondland, avrebbe trattenuto circa 400 milioni in aiuti militari – estremamente necessari per l’Ucraina aggredita dalla Russia al confine – in cambio dell’apertura di un’indagine. Durante la testimonianza concessa ieri, Sondland ha dipinto una ‘campagna di pressione’ manovrata dall’Ucraina, ordinata dal tycoon e orchestrata da Giuliani. Tutti ne erano a conoscenza, compreso il segretario di Stato, Mike Pompeo. L’ambasciatore avrebbe esposto i propri dubbi sul quid pro quo per gli aiuti militari al vicepresidente Mike Pence ma un consigliere di quest’ultimo ha assolutamente negato l’esistenza della conversazione.
La procedura di impeachment è stata incentrata sulle accuse rivolte a Trump di aver indagato sull’ex vicepresidente Joe Biden e su suo figlio, concedendo in cambio aiuti militari e una visita alla Casa Bianca. L’obiettivo ulteriore è dimostrare che l’Ucraina piuttosto che la Russia abbia interferito nelle elezioni del 2016. Martedì, invece, è stata la volta dell’ufficiale dell’esercito, Alexander Vindman, che ha fatto parte del Consiglio nazionale di sicurezza di Donald Trump. Nelle sue dichiarazioni ha specificato che era suo dovere obiettare l’“impropria” chiamata telefonica effettuata con lo scopo di convincere l’Ucraina a indagare sui Democratici. I Repubblicani, in quell’occasione, avrebbero messo in dubbio la sua lealtà agli stati Uniti. Ecco cosa ha detto in merito alla Commissione Intelligence della Camera: “Era un gesto inappropriato. Il presidente Usa che richiede, anzi, che ordina l’apertura di un’indagine nei confronti di un avversario politico”. Per quanto riguarda i Democratici, si sono schierati tutti a favore dell’impeachment – alcuni più aggressivamente di altri – ma è importante notare che cinque dei dieci candidati alle prossime elezioni saranno anche giurati in Senato nel caso in cui la Camera decida di procedere con la procedura di impeachment del presidente Donald Trump. E’ una faccenda complessa, visto che alcuni senatori temono che questa situazione possa andare ad interferire con le votazioni del prossimo anno, per esempio rendendo più vulnerabili alcuni candidati rispetto ad altri. Le parole dei giurati, comunque, saranno rilevanti solamente se la procedura arriverà in Senato, ipotesi che diventa sempre più concreta con il passare dei giorni.
Sorride, invece, almeno per il momento, il presidente russo, Vladimir Putin, che ha sottolineato come le “beghe politiche” a Washington abbiano mandato nel ripostiglio le accuse riguardanti una possibile interferenza di Mosca nelle elezioni del 2016. “Grazie a Dio”, ha dichiarato durante un forum economico nella capitale russa mercoledì, “nessuno ci accusa di aver interferito nelle elezioni Usa; ora accusano l’Ucraina”. Intanto, un team di cyberesperti statunitense è stato inviato in Montenegro per mettere a punto una strategia tesa a contrastare potenziali attacchi provenienti dalla Russia e da altri Paesi in vista delle elezioni del 2020 e di quelle che si terranno nel Paese balcanico. L’esercito americano ha deciso di inviarli dopo che l’ultimo membro ad entrare nella Nato è stato preso di mira da hacker legati alla Russia e a seguito di un tentativo di colpo di stato – sostenuto proprio da Mosca – nel 2016. Il segretario di stato Mike Pompeo, durante una recente visita in Montenegro, ha annunciato che le due nazioni, attraverso un’abile cooperazione, hanno sviluppato alcune soluzioni per contrastare gli ultimi malware provenienti dalla Russia.