K metro 0 – Parigi – Il caso politico internazionale di questa settimana è di certo l’intervista concessa dal presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron al settimanale The Economist, lo scorso 7 novembre e dal titolo: “Emmanuel Macron warns Europe: NATO is becoming brain-dead”. Nell’intervista, Macron sostiene che “ora ciò che stiamo sperimentando è la
K metro 0 – Parigi – Il caso politico internazionale di questa settimana è di certo l’intervista concessa dal presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron al settimanale The Economist, lo scorso 7 novembre e dal titolo: “Emmanuel Macron warns Europe: NATO is becoming brain-dead”. Nell’intervista, Macron sostiene che “ora ciò che stiamo sperimentando è la morte cerebrale della Nato”, e che l’Europa è “sull’orlo del precipizio”. Quest’ultima, secondo le parole del presidente, avrebbe bisogno di ripensarsi strategicamente come “potenza geopolitica”, altrimenti “non avremo mai più il controllo del nostro destino”. Ecco perché è tempo che “l’Europa si svegli”.
Ovviamente l’intervista ha fatto rumore, negli Stati Uniti e soprattutto in Germania. Berlino, in particolare, lamenta il fatto di non essere stata informata dell’intervista, come invece avvenne per il famoso discorso di Macron alla Sorbona sul destino dell’Europa, quando la cancelliera Merkel ricevette una copia del discorso in anticipo. Ma in questa occasione, sottolinea il settimanale tedesco Der Spiegel, Merkel è stata letteralmente sorpresa. Un diplomatico tedesco sentito dallo Spiegel afferma che “bisogna sempre chiedersi come funziona la fiducia, ma non è questo il caso”. Il ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas esprime la sua preoccupazione sull’attuale stato del dibattito sulla Nato, scrive lo Spiegel, che potrebbe ancora di più dividere l’Europa. E gli alleati dell’Europa dell’Est avvertono il discorso del presidente francese come del tutto ignaro del loro caso. Inoltre, fa presente Maas allo Spiegel, “tutti naturalmente pensano che questi commenti siano stati coordinati con noi, ma non è così”. Anche a Bruxelles si commentano le dichiarazioni di Macron all’Economist. “Ha ragione al 95%”, commenta il ministro degli Esteri lussemburghese Jean Asselborn a Le Figaro, e però avverte che “l’esistenza della Nato come alleanza militare non può essere messa in discussione”. Macron non ha alcun timore dei tabù, scrive ancora lo Spiegel. “Per la prima volta dal 1958”, ricorda il settimanale, “la Francia ha eletto un presidente che non apparteneva a nessuno dei partiti. Macron ha vinto proprio perché non era conforme alle strutture esistenti”. E tuttavia, il governo tedesco condivide molti dubbi espressi da Macron sulla Nato, commenta da parte sua la Faz, la Frankfurter Allgemeine Zeitung, che scrive: “Macron non vuole più attendere la Germania, né vuole più attendere coloro che si occupano innanzitutto di se stessi, e si tratta di Paesi come la Gran Bretagna, l’Italia e la Spagna”. La Faz chiude con la celebre frase di Victor Hugo: “Ceux qui vivent sont ceux qui luttent”.
E a proposito di Spagna, sarebbe in via di definizione il nuovo governo di coalizione guidato dal leader socialista Pedro Sanchez, dopo il pre-accordo siglato con il segretario generale di Podemos, Pablo Iglesias. In un lungo intervento per The Guardian, proprio Iglesias afferma che “il primo governo di coalizione dal ritorno alla democrazia nel 1977 potrebbe aiutarci a risolvere la crisi del nostro sistema politico”. Ma per farlo, afferma Iglesias, “dovremo mostrarci in grado di affrontare il conflitto catalano e il fatto che la Spagna è un paese plurinazionale”. Ciò significa impegnarsi per il dialogo e l’empatia. Inoltre, prosegue l’intervento di Iglesias sul Guardian, “va contrastata l’ascesa dell’estrema destra con politiche sociali che agiscano come una rete di sicurezza per le persone più vulnerabili, nel momento in cui la pesante crisi economia minaccia ciò che in Europa resta del welfare. Il nuovo governo dovrà ringraziare la società civile organizzata – in particolare il movimento femminista, i pensionati, i giovani che si sono mobilitati contro l’emergenza climatica e le organizzazioni sindacali”. Proprio loro, scrive Iglesias, giocheranno un ruolo chiave nei prossimi anni. Infine, Iglesias avverte l’Europa del fatto che “l’espansione di un neonato partito franchista nella quarta economia più grande dell’Eurozona – un partito che condivide una filosofia razzista e reazionaria con altri gruppi analoghi in altri Paesi – è una pessima notizia per i democratici ed è una tristissima novità per la Spagna. Solo fino a poco fa eravamo tra i pochi paesi europei a non avere questi gruppi”.
Problemi analoghi pare avere anche la Germania, che con la crisi dell’industria automobilistica deve fare i conti con l’espansione di gruppi di estrema destra. La Suddeutsche Zeitung scrive: “come è accaduto altrove, le sfide del capitalismo del 21esimo secolo nelle società europee occidentali – bassa crescita, l’eredità della deindustrializzazione, le migrazioni e le ripercussioni della crisi – hanno portato a una crisi del centro politico. Ma la preminenza economica della Germania vuol dire che la sua risposta risiede ne tentativo di aumentare il peso tedesco in Europa”. La scorsa settimana, prosegue ancora il quotidiano tedesco, “si è evitata per un pelo la recessione. L’economia tedesca resta forte ma il boom è terminato e la politica tedesca dovrà rispondere con strategie più espansive. La stabilità è stata per lungo tempo un dogma a Berlino, ma 60 anni dopo, l’eredità di Marx e Engels sta per essere messa discretamente da parte dalla Spd, e il revisionismo è di nuovo nell’aria”.
L’altro grande tema piombato sulla stampa internazionale è l’inondazione vissuta da Venezia, che ha tenuto in apprensione il mondo intero. Ne hanno parlato ovunque e su tutti i media, ovviamente. Ma qui segnaliamo un editoriale molto forte da Le Monde, che si chiede “quale lezione prendere da questa esperienza drammatica che ricorda ai veneziani, all’Italia e al mondo intero che la Serenissima è mortale?”. E il quotidiano francese mette al corrente i suoi lettori dei danni ingentissimi che Venezia ha subito, superiori al miliardo di euro. Tuttavia, scrive Le Monde, “l’acqua alta del 12 novembre tutto è fuorché una catastrofe naturale”. E racconta la storia del Mose, “un cantiere faraonico”, costituito da dighe mobili, iniziato nel 2003 e ancora non compiuto. “L’esplosione dei costi di questa impresa (6 miliardi di euro, per ora in pura perdita) ha consumato le risorse disponibili per la città stessa. Nel 2014 uno scandalo per corruzione ha provocato il blocco del cantiere. Per questa ragione il sentimento prevalente a Venezia è quello della collera. Le immagini di una città inghiottita dall’acqua sono senza dubbio molto forti. Il turismo, principale risorsa di Venezia da almeno tre secoli, rischia di esserne pesantemente colpito. Oggi i veneziani chiedono il conto e nessuna amministrazione può sentirsi esonerata dalla responsabilità per questo fiasco (in italiano nel testo), che si aggiunge all’incapacità generale di metter fine alle incursioni delle gigantesche navi da crociera divenute il simbolo universale dei mali del turismo di massa. Venezia è fragile. Il governo italiano dovrà dimostrare di aver preso la misura della minaccia e dovrà agire molto in fretta, perché l’irreparabile non si produca entro i prossimi 50 anni. Questa è la responsabilità di evitare la scomparsa di questo tesoro inestimabile”. Come non essere d’accordo?
di Joseph Villeroy