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Lavoro: Un’Europa PATCHWORK. Parametri minimi obbligatori

Lavoro: Un’Europa PATCHWORK. Parametri minimi obbligatori

K metro 0 – Roma – In Giappone hanno coniato un nome nuovo per indicare l’eccesso di lavoro, “Karoshi” (letteralmente morte per troppo lavoro). Una parola che suona come una rivoluzione culturale nell’Impero del Sol Levante dove l’identificazione dei dipendenti con l’azienda era considerata una pratica quasi religiosa. Nello stesso arco di tempo, dall’altra parte

K metro 0 – Roma – In Giappone hanno coniato un nome nuovo per indicare l’eccesso di lavoro, “Karoshi” (letteralmente morte per troppo lavoro). Una parola che suona come una rivoluzione culturale nell’Impero del Sol Levante dove l’identificazione dei dipendenti con l’azienda era considerata una pratica quasi religiosa. Nello stesso arco di tempo, dall’altra parte degli Oceani, a New York, gli uffici dell’Organizzazione mondiale della sanità hanno certificato la “sindrome Bumout”, una patologia psicofisica dovuta allo stress da lavoro. Fin qui l’asettica letteratura medica.

Le notizie che arrivano dalla realtà sono molto più brutali: si calcola che siano milioni ogni anno le persone che si “ammazzano di lavoro”. Un fenomeno globale anche se viene tenuto ancora sottotraccia, conquistando la ribalta quando scoppia il dramma. Pochi giorni fa, nelle officine Fincantieri di Porto Marghera, la Guardia di Finanza ha accertato che decine di dipendenti di alcune ditte in subappalto facevano uso di droghe per sopportare i ritmi frenetici. Un giro di pastiglie yaba, l’anfetamina sintetica inventata nei laboratori nazisti e destinata al rancio dei soldati della Wehrmacht per renderli iperattivi.

Nei Paesi avanzati è allarme rosso sugli orari di lavoro e si cerca affannosamente di riportare il problema su binari regolamentati per non abbandonarlo all’anarchia delle aziende. Per questo ha fatto scalpore l’iniziativa di Micro soft-Japan di ridurre l’orario di lavoro (mantenendo la paga invariata) a 4 giorni la settimana. Gli effetti sono stati fantastici a sentire cosa dice il Ceo del colosso di Redmond con delega in Oriente, Takuya Hirano: “Un aumento di quasi 40% della produttività con il 20% in meno di orario lavorativo”. Il supermanager declina così la nuova strategia: ” Lavorare di meno, riposare bene e imparare di più”. Filosofia che sta convincendo altre imprese, dall’Amerca del Nord alla Nuova Zelanda.

L’Europa Unita parte un ritardo e presenta un panorama a macchia di leopardo. Ogni singolo Paese ha regole proprie e stenta a decollare una normativa unitaria. Basti pensare che solo da pochi mesi è entrata in vigore la normativa UE che impone ai datori di lavoro di segnare le ore lavorate da ogni singolo dipendente. Una legge resasi necessaria perché esistevano nazioni che non prevedevano questa elementare garanzia. Tutto è nato da una causa di lavoro tra i sindacati spagnoli e i vertici di Deutsche Bank iberica. Alle contestazioni, i legali dell’istituto di credito poterono rispondere candidamente che non esisteva ” in tutta la legislazione spagnola l’obbligo di segnare l’orario di lavoro”. Ci ha dovuto pensare l’Europa, fissando parametri minimi obbligatori. Tuttavia, il panorama resta più simile a un patchwork di Missoni che al bianco lino delle Fiandre.

Qualche mumero: i tedeschi passano al lavoro 1371 ore all’anno, gli spagnoli 1691, i francesi 1482, gli italiani 1725 (che sono 354 in più dei tedeschi e 243 in più dei francesi). In Italia l’orario di lavoro è regolamentato da leggi vecchie più di 15 anni e prevede, in genere, 40 ore settimanali (a norma di legge dovrebbero essere 48) e otto ore giornaliere. Ovvio che col rapido cambiare delle tecnologie e dei mercati, i sistemi di produzione e dei servizi hanno esigenze che erano inimmaginabili appena qualche anno fa. Pertanto, i singoli stati europei si sbizzarriscono nel cercare flessibilità che non penalizzino i dipendenti. In Danimarca e in Belgio sono allo studio meccanismi che portino l’orario di lavoro da 35 a 30 ore settimanali, mentre in Olanda è già operativo il metodo usato da Microsoft-Japan: 4 giorni alla settimana.

L’Unione Europea ha emanato una sventagliata di direttive su questa materia che riguardano, tra l’altro, il diritto ad almeno 11 ore di riposo tra un turno di lavoro e l’altro, il diritto a 4 settimane di ferie pagate e rigide limitazioni per chi lavora la notte. Sono norme a maglie larghe che fanno riferimento ai contratti di lavoro collettivi che quindi offrono numerose clausole modificabili. Ma, soprattutto, non viene affrontato l’esteso comparto dei lavori autonomi e dei nuovi lavori che restano avvolti ancora nell’indeterminatezza normativa.

 

di Andrea Lazzeri

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