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L’Europa alleata della Generazione Greta. Economia circolare

L’Europa alleata della Generazione Greta. Economia circolare

K metro 0 – Roma – La “generazione Greta” canta Sing for Climate sulle note di Bella Ciao nelle piazze del mondo e grida “And we Neet To Start Right Now” alzando le braccia a mo’ di invocazione e di incitamento. La leader globale dalle trecce bionde ripete “we need to wise up” (dobbiamo essere

K metro 0 – Roma – La “generazione Greta” canta Sing for Climate sulle note di Bella Ciao nelle piazze del mondo e grida “And we Neet To Start Right Now” alzando le braccia a mo’ di invocazione e di incitamento. La leader globale dalle trecce bionde ripete “we need to wise up” (dobbiamo essere saggi) mentre Trump sembra risponderle twittando sulla Siria: “Amo il petrolio”.

In questo mondo spaccato a metà tra desideri e forza, alla fine tutto si confonde quando dalle dichiarazioni di principio si passa alla faticosa ricerca di strategie concrete, per abbassare l’inquinamento di mare, aria e terra. Allora gli schieramenti si fanno meno netti, le convinzioni vacillano, le passioni scemano a favore del freddo calcolo di costi e ricavi, i progetti naufragano nell’infinita rete del Nimby.

Anche l’Europa è alle prese con la difficile costruzione di azioni comuni per abbassare la quantità dei rifiuti, migliorarne la gestione, imporre un’economia circolare basata sul riciclo. Perché “riciclare” è un verbo che piace a tutti e trova unanimità di consensi fin quando non si scoprono gli inevitabili meccanismi tecnici attraverso i quali si effettua il riciclo. Un esempio sintetico del meccanismo di riciclo: raccogliere i rifiuti, portarli in una grande stazione di verifica e smistamento, stoccarli in appositi centri e trasferirli alle industrie chimiche (per la plastica), agli altoforni siderurgici per le lattine, alle fonderie per il vetro, alle cartiere per la carta, e così via. Tutte attività industriali – a cominciare dagli stessi centri di raccolta rifiuti – accanto a cui, oggi, nessun cittadino vuole vivere.

L’Unione Europea ha stabilito che entro il 2025 il 55% dei rifiuti urbani dovrà essere riciclato. Il restante 45% dove andrà a finire?

Le scelte sono due: incenerimento per il recupero energetico oppure la discarica. Ipotesi razionali ma quasi irrealistiche: non nel mio giardino (Nimbi) ripetono in coro sindaci e comitati di cittadini. Chicco Testa, presidente di Assoambiente (l’associazione che riunisce le aziende che trattano rifiuti) usa toni molto duri: “In Italia una classe politica che spesso viene dai comitati per il “No” blocca posizioni possibili, già sperimentate in altri Paesi europei e insegue utopie, come “zero rifiuti”, lasciando le strade piene di monnezza”.

Il risultato è che fioccano le multe per infrazioni ai regolamenti europei e da Bruxelles arrivano bollette salate per i contribuenti di mezza Europa. L’Italia dovrà pagare 548 milioni ma è in buona compagnia. Sono molte infatti le procedure di infrazione che coinvolgono anche Paesi avanzati come Germania (18) , Francia (19), Austria (18), Grecia (23), Spagna (32). Nel totale nei Paesi Ue, la Commissione ha avviato 333 contestazioni che riguardano l’inquinamento dell’acqua (81 procedure), i rifiuti (63), l’inquinamento atmosferico (49).

Ma l’Europa non svolge solo un ruolo “repressivo” verso chi non rispetta le buone pratiche in materia di ambiente. È anche una cassaforte generosa nel mettere a disposizione miliardi di euro in molteplici cambi. Soltanto per l’abolizione dei prodotti chimici in agricoltura e lo sviluppo delle aziende biologiche, il programma dell’Unione stanzia 4 miliardi. Molti altri sostegni sono rintracciabili in numerosi capitoli del bilancio europeo. L’ambiente è integrato in molti dei programmi di finanziamento nazionali e internazionali. Eccone alcuni: LIFE Programma europeo per l’ambiente e l’azione per il clima – finanzia progetti per la protezione dell’ambiente; H2020 Horizon 2020 – finanzia progetti di ricerca applicata; FESR Fondo Europeo di Sviluppo Regionale – finanzia la cooperazione tra territori simili e la loro crescita; FSE Fondo Sociale Europeo – finanzia occupazione, lavoro e formazione, anche in materia ambientale:FEASR Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale – finanzia lo sviluppo delle zone agricole con particolare attenzione all’ambiente;FEAMP Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca – finanzia lo sviluppo e la tutela delle zone costiere.

La strada per intervenire su questi campi non è semplice ma l’Europa può essere una preziosa alleata. Basta decidere di darsi una scossa prima che sia troppo tardi – come direbbe Greta – “now”.

di Andrea Lazzeri

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