K metro 0/Assadakah – Beirut – Due milioni di persone che occupano le piazze, mai cosi vivaci, giovani uniti senza divisioni etniche e confessionali, che cantano ed esaltano Democrazia e Libertà, rivendicando diritti violati da una classe politica corrotta, e che chiedono di vivere dignitosamente nel loro Paese. Si rifiutano di lasciare il Paese che
K metro 0/Assadakah – Beirut – Due milioni di persone che occupano le piazze, mai cosi vivaci, giovani uniti senza divisioni etniche e confessionali, che cantano ed esaltano Democrazia e Libertà, rivendicando diritti violati da una classe politica corrotta, e che chiedono di vivere dignitosamente nel loro Paese. Si rifiutano di lasciare il Paese che amano, il Paese dei Cedri, una terra rifugio di tutti gli oppressi del Mondo.
“Non abbiamo più paura dei potenti né dei simboli di potere”
Nelle strade di Beirut centinaia di migliaia di cristiani, sunniti, sciiti, drusi e laici insieme protestano contro il governo, corruzione e poteri economici, non risparmiando nessuna carica politica. E cosa sta succedendo nel resto del Paese? Partendo dalla città di Nabatiyeh, roccaforte sciita nel sud del Libano, un vero e proprio feudo di Hezbollah dove, secondo la storia locale, la confessione sciita sarebbe nata ancora prima dell’Iran.
Nabatiyeh, insieme alla zona di Tiro, è un territorio fondamentale per la comunità sciita, che rappresenta in pieno Hezbollah e Amal, i due movimenti popolari sciiti forti in Libano, e per tale motivo sorprende che la contestazione popolare, che in questi giorni si è diffusa in tutto il Paese, abbia fatto breccia anche in questi due territori, e come anche qui si sia diffusa la rabbia dei libanesi nei confronti del governo. La popolazione anche in queste città ha invaso le strade e le piazze, in una rara contestazione di Hezbollah e Amal, e tuttavia motivata dal fatto che i due partiti abbiano assunto una posizione scettica, se non contraria, al movimento della contestazione, ribadendo che un cambiamento di governo in un momento così delicato, sarebbe estremamente controproducente se non dannoso.
Mentre a Sidone e Tripoli i sunniti bruciano i ritratti del premier Saad Hariri, che fino alla settimana scorsa era considerato il salvatore della patria. Nel sud la gente chiede che Nabih Berri, presidente del Parlamento, leader di Amal, e al potere da quasi 30 anni, si faccia da parte.
Ciò che sorprende maggiormente è però il fatto che la contestazione popolare abbia preso di mira anche il segretario generale di Hezbollah, Hassan Nasrallah, per avere preso posizione a favore del governo in carica, pur rimarcando l’importanza delle ragioni della protesta.,causata da un non più sostenibile debito pubblico, dalla povertà e dalla corruzione, che è sempre stata il nemico numero uno proprio di Hezbollah.
Nasrallah, però, è comunque considerato persona estremamente sensibile ai bisogni della sua comunità, per questo sarà necessario vedere come la situazione evolverà nei prossimi giorni. Esiste quindi il rischio che la forza più importante della politica libanese, interna ed estera, possa incrinarsi e che la sua popolarità tra gli sciiti possa calare repentinamente.
Talal Khrais, giornalista Italo/Libanese ed esperto osservatore dei fenomeni sociali e politici del Paese, ha commentato: “Le contestazioni rivolte a Hezbollah non sono legate direttamente alla resistenza, al conflitto con Israele e alla partecipazione di combattenti sciiti alla guerra in Siria, schierati con Assad, ma tali motivazioni rimangono come fondamento della rabbia popolare di questi giorni. La gente crede che Hezbollah pensi troppo al suo ruolo di attore protagonista nella regione e poco al Libano. La politica assistenziale del movimento garantiva agli sciiti lavoro e servizi che lo Stato non offre per disorganizzazione e corruzione. Il movimento però non riceve più gli stessi fondi dall’Iran. Il suo sponsor principale è stato colpito dalle sanzioni Usa ed è in crisi finanziaria, quindi Hezbollah non è più in grado di coprire i bisogni della sua base di consenso.”
Prosegue Khrais – “A lamentarsi sarebbero anche le famiglie dei combattenti sciiti caduti in Siria, che avrebbero visto ridursi il sussidio mensile del movimento. Se queste sono alcune delle ragioni delle contestazioni che arrivano dagli sciiti, più in generale ad Hezbollah è mossa l’accusa di essersi fatto garante del sistema confessionale, o settario, che regge lo stato attuale. In Libano, il presidente deve essere un cristiano maronita, il premier un sunnita, lo speaker del parlamento uno sciita e il capo delle forze armate un cristiano maronita. Questo rigido schema delinea, dall’alto verso il basso, l’intera gestione del potere. L’applicazione di questo sistema da un lato ha contribuito ad evitare che il Paese precipitasse in una nuova seconda guerra civile dopo quella tra il 1975 e il 1990, in conseguenza della crisi nella confinante Siria. Dall’altro ha ingessato il governo e l’amministrazione pubblica, garantendo ad alcuni personaggi politici, come Nabih Berri, agli Hariri e discussi uomini di affari, già molto ricchi, posizioni di potere di fatto a tempo indeterminato. Hezbollah non è accusato di corruzione – conclude Talal Khrais – ma deve sganciarsi da questo sistema se non vuole finire nel calderone dei partiti bersaglio delle accuse e della rabbia dei libanesi “.
Questi giovani oggi gridano “La lotta non cesserà, il governo deve dimettersi, vogliamo elezioni anticipate, vogliamo arrestare i responsabili corrotti e vogliamo che i capitali rubati vengano restituiti al popolo “. Questi sono gli slogan della Rivoluzione dei Cedri.”