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Rassegna stampa europea. A confronto coi problemi veri e presunti dell’agenda politica, economica e militare

Rassegna stampa europea. A confronto coi problemi veri e presunti dell’agenda politica, economica e militare

K metro 0 – Parigi – Settimana estremamente complessa per la stampa europea. Tanti i temi caldi sul tappeto, dalla Brexit alla Siria, dagli incidenti di percorso sulla strada della nuova Commissione europea guidata da Von der Leyen alla crisi industriale della Germania, che porta con sé inevitabili conseguenze sugli altri Paesi e soprattutto su

K metro 0 – Parigi – Settimana estremamente complessa per la stampa europea. Tanti i temi caldi sul tappeto, dalla Brexit alla Siria, dagli incidenti di percorso sulla strada della nuova Commissione europea guidata da Von der Leyen alla crisi industriale della Germania, che porta con sé inevitabili conseguenze sugli altri Paesi e soprattutto su quelli esportatori. Restiamo in Germania e vediamo l’indice delle notizie dello Spiegel.

La prima riguarda ancora la vicenda siriana, con l’avanzata delle truppe turche di Erdogan verso il Rojava, l’accordo necessario dei curdi con il dittatore siriano Bashar al-Assad, il vuoto di iniziative da parte delle istituzioni internazionali. “Gli americani se ne sono andati”, scrive lo Spiegel, “ma non passa molto tempo prima che nuovi dominatori arrivino. Infatti, i russi sono giunti il giorno dopo che gli americani hanno lasciato la base in Siria. Oleg Blochin è il primo russo a entrare nella base Usa abbandonata. Blochin non è un militare ma un reporter dell’agenzia di stampa russa pro-Cremlino Anna News. Paradossalmente, nel primo video che egli lancia su Facebook appare come un turista che si trova accidentalmente in mezzo a una guerra”.

Lo Spiegel, dopo il racconto di ciò che ha visto il primo ospite russo nella base Usa, si spinge a commentare così gli eventi siriani: “di rado un solo atto ha determinato una tale rapida catena di eventi nella politica globale, come quando i soldati americani hanno lasciato la Siria. Solo poche ore dopo, i soldati turchi hanno marciato verso la frontiera nord-occidentale del Paese già massacrato da una cruenta guerra civile. Ciò ha spinto la milizia curda YPG, che già controllava la regione con gli americani, a chiedere l’aiuto del dittatore siriano Bashar Assad e al suo padrone più importante, il presidente russo Vladimir Putin”. Una sintesi perfetta, si potrebbe dire.

Ma c’è un altro argomento che lo Spiegel affronta e riguarda direttamente la società tedesca, e in particolare gli attacchi alle comunità ebraiche e alle sinagoghe. “L’antisemitismo”, scrive il settimanale tedesco, “comincia a diventare sempre più visibile ovunque. Il recente bagno di sangue alla sinagoga di Halle lo scorso mercoledì è solo la punta scioccante di un’evoluzione di cui gli ebrei hanno consapevolezza da anni. Il numero di crimini antisemiti denunciati in Germania è cresciuto del 19,6% rispetto al 2018, con un totale di 1799 reati. Nella sola capitale tedesca, il Department for Research and Information on Anti-Semitism di Berlino ha conteggiato oltre 1000 incidenti nel 2018, un aumento del 14 per cento rispetto all’anno precedente, la gran parte dei quali provocati da estremisti di destra, ai quali si affiancano palestinesi, attivisti anti-Israele e gruppi di boicottaggio antisemiti della sinistra radicale – in altre parole, non si tratta solo di estremisti di destra”.

Dalla Germania passiamo alla Francia, dove le Monde diplomatique dedica uno degli articoli di apertura ai paladini della cosiddetta Frexit, ovvero l’uscita della Francia dalla Unione Europea. “Settecento militanti dell’Unione popolare repubblicana (Upr)”, racconta la rivista, “si sono dati appuntamento nella capitale britannica il 29 marzo scorso. L’incontro era stato battezzato ‘La France libre de nouveau à Londres’, supponendo che la Brexit entrasse in vigore e in modo da agire come una dimostrazione di forza prima delle elezioni europee. Ma ebbero un’amara sorpresa: quei giorni e per la terza volta la Camera dei Comuni rigettò l’accordo tra la premier May e le istituzioni europee. Brandendo drappi tricolore e la croce di Lorena, i francesi cominciarono a unirsi ai partigiani britannici della Brexit che esprimevano la loro rabbia davanti al Parlamento. Così, applauditi dalla folla di lingua inglese, che li aveva scambiati per militanti di Marine Le Pen, si diressero in corteo verso Westminster al grido di ‘Frexit! Frexit!’. Ed è a quel punto”, scrive maliziosamente Le Monde diplomatique, come a prendere in giro questo movimento, “che la speaker disse, senza pudore: ‘è il più grande incontro politico che si è tenuto tra francesi di Francia nel Regno Unito dal 1940’. E accusò il ‘IV Reich europeo’ di attentare alla democrazia”. Insomma, conclude ironicamente la rivista, qualcuno in Francia vorrebbe un “nuovo Churchill a Londra e un nuovo De Gaulle a Parigi”.

Ma c’è un problema molto più serio e grave che assilla i francesi, secondo Le Monde diplomatiche, ed è lo scontro commerciale tra Stati Uniti e Cina. “Nei prossimi decenni”, scrive ancora Le Monde diplomatiche, “il principale rivale geopolitico sarà Pechino. E su ciò esiste un consenso tra la stessa amministrazione repubblicana di Trump e i democratici, che pure le elezioni presidenziali del prossimo anno opporranno con vigore.  La Cina segue così all’Impero del male sovietico e al terrorismo islamico come avversario prioritario di Washington. Ma, a differenza dell’Unione Sovietica, la Cina dispone di un’economia dinamica, con la quale gli Stati Uniti registrano un deficit commerciale abissale. E la sua potenza è più impressionante rispetto a quella di dozzine di migliaia di combattenti integralisti che vagabondano tra i deserti dell’antica Mesopotamia e le montagne dell’Afghanistan”.

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