K metro 0 – Firenze – Dicono che il jazz sia una musica difficile da raccontare. Dunque, diciamolo con parole elementari: Trio Bobo è il più bravo e sempreverde gruppo italiano. Lo dimostra il loro ultimo lavoro che prende il nome da un sistema sonoro nato per il cinema, il “Sensurround”, quella particolare modalità di
K metro 0 – Firenze – Dicono che il jazz sia una musica difficile da raccontare. Dunque, diciamolo con parole elementari: Trio Bobo è il più bravo e sempreverde gruppo italiano. Lo dimostra il loro ultimo lavoro che prende il nome da un sistema sonoro nato per il cinema, il “Sensurround”, quella particolare modalità di riproduzione che permette allo spettatore di ascoltare avvolti dai suoni. Così ha intitolato il terzo album che esce nella metà di ottobre questo trio che da oltre quindici anni continua a produrre musica sorprendente e divertita, poetica e autoironica, come solo lo spirito indomito del jazzista sa fare.
I tre musici del nostro tempo – per chi ancora non li conoscesse – sono talenti che hanno storie diverse ma intrecciate tra loro. A cominciare dal bassista Faso (volto stranoto su Youtube e Tv tradizionale) che insieme al batterista Christian Meyer erano l’ossatura ritmica del “fu” Elio e Le Storie Tese, mentre Alessio Menconi è ormai riconosciuto dai critici internazionali come una delle chitarre più raffinate e di impatto che calchino la scena. Come spiega Meyer “Il Trio Bobo è una specie di laboratorio famigliare, dove possiamo sperimentare e metterci alla prova”. Detto così parrebbe un gioco di eterni Peter Pan. Sbagliato. Il livello tecnico è mantenuto sempre a livelli altissimi tanto da coinvolgere – come in questo nuovo Cd – il contributo di professionisti del calibro di Stefano Bollani o della straordinaria cantante/flautista indiana Varijashree Vanugopal, e, ancora, dei percussionisti Alex Pacho Rossi e Matteo Scarpettini.
Tredici brani che nascono in Italia ma hanno gli occhi volti verso l’Africa e l’Asia, là dove nasce il sole e i colori acquistano un’intensa e avvolgente spiritualità. Hanno un fil rouge che cuce il vestito del loro lavoro: divertirsi e aprire il cuore alle vibrazioni del mondo. Come quando prendono in giro il mestiere del Batterista Bobo il cui destino è spiegato da loro stessi: “Tanti anni spesi per ottenere l’indipendenza degli arti, sudore e calli sulle mani; alla fine chi conquista le ragazze? Il cantante o il chitarrista”. Si scherza e si viaggia, fino ad arrivare nel villaggio Bulinka (“Bulinka Party”) dove ogni anno si balla una danza tribale irresistibile. “Pacho e Matteo Scarpettini si sono fatti trovare lì – spiegano – ma Stefano Bollani, appena l’ha saputo, ha caricato il piano Fender sul Land Rover è si è precipitato lì”. E per finire poteva mancare un’improvvisazione in un gruppo Jazz? Certo che no! Nel Cd s’intitola “Batterista Bobo Lsd” e la presentano al pubblico con questa breve scheda: “E’ un’improvvisazione nata in sala prove e registrata per puro caso. Ed è venuta bene, almeno noi ne siamo convinti”.
Il segreto del Trio è forse proprio in quel modo apparentemente casuale di provare a fare musica, nel non smettere mai di mettere sotto stress il proprio talento per fare un passo avanti cercando sempre nuovi compagni di viaggio. Lo fanno avvalendosi costantemente di un supporto tecnico di prim’ordine e registrando con i migliori sound engineer italiani, quali Foffo Bianchi (da anni guida spirituale del Trio), Andrea “Pelle” Pellegrini, Gianluca Guidetti, Tommaso Bianchi.
di M. Antonietta Schiavina