fbpx

Italia e Spagna al bivio, analogie e differenze tra i due Paesi, guardando verso l’UE

Italia e Spagna al bivio, analogie e differenze tra i due Paesi, guardando verso l’UE

K metro 0 – Madrid – Da giovani, ci viene detto che alcune cose non cambiano mai, e per questo sono affidabili. Ma nell’era postmoderna, in cui la maggior parte dei princìpi fondamentali (per dirla con la celebre espressione del sociologo Zygmyunt Bauman) diventano “liquidi”, mutevoli, anche queste certezze scompaiono. Una di queste istituzioni (quasi) perpetue, che

K metro 0 – Madrid – Da giovani, ci viene detto che alcune cose non cambiano mai, e per questo sono affidabili. Ma nell’era postmoderna, in cui la maggior parte dei princìpi fondamentali (per dirla con la celebre espressione del sociologo Zygmyunt Bauman) diventano “liquidi”, mutevoli, anche queste certezze scompaiono.

Una di queste istituzioni (quasi) perpetue, che sono state sempre viste come guida ed esempio per tutti gli altri, è la democrazia parlamentare britannica. Ma guardiamo cosa sta succedendo in Inghilterra: Boris Johnson, il nuovo Primo Ministro britannico, dopo aver cercato di evitare l’azione parlamentare sulla Brexit, ha subito una grande sconfitta alla Camera dei Comuni, in cui è stata rifiutata una Brexit no-deal. Anche se il preoccupante tentativo di fermare l’azione parlamentare è stato scongiurato, il sistema politico britannico sembra completamente bloccato, dal referendum del 2016 in poi. I partiti storici, conservatore e laburista, sono completamente storditi dalle nuove espressioni di populismo, come anzitutto la farsa del “Brexit Party” di Nigel Farage; o lo stile di Johnson, appunto, che sta irritando molti membri storici dei conservatori.

Ciononostante, mentre in Europa questo tipo di populismo sta bloccando i sistemi politici (il sistema dei partiti in Francia è mutato, in Germania cresce l’estrema destra, i Paesi del gruppo di Visegrad, nella loro interna organizzazione, tendono a violare costantemente i diritti fondamentali dei cittadini consacrati dalla UE), l’Italia e la Spagna (nonché il Portogallo), presi dai loro problemi cronici, sembrano rispondere meglio a questi continui mutamenti e a queste forme di populismi.

L’Italia – dopo mesi in cui l’ex. Ministro dell’Interno Salvini ha occupato le prime pagine dei giornali e della tv promuovendo una linea dura contro i migranti, e ha provato a forzare verso elezioni anticipate, spingendo per una crisi di governo – ha fermato la possibilità di nuove elezioni, che avrebbero generato, probabilmente, un’importante maggioranza per i partiti di destra ed estrema destra, guidati dalla Lega. È doveroso richiamare .la Costituzione del 1947, che è stata scritta con una forte componente anti-fascista. Questo si può notare nel costante richiamo ai dirittti dei lavoratori, o il rifiuto implicito delle “personalità forti” che potrebbero tentate di controllare stabilmente la democrazia.

Mi riferisco proprio a questo, che ha permesso di evitare nuove elezioni e ha reso possibile un accordo – quasi impossibile qualche settimana fa – tra il Movimento 5 Stelle e il Partito Democratico. Nel rispetto della Costituzione, il sistema politico italiano ha ripreso la sua posizione in Europa, fermando, almeno momentaneamente, il populismo di destra e l’ondata xenofoba, e rivedendo le politiche sui migranti seguite dal governo nell’ultimo anno. Il nuovo Ministro dell’Interno è una donna non di partito, attenta ai temi dell’immigrazione.

La Spagna, dal canto suo, presa dai suoi problemi costanti – la crisi territoriale catalana, provvedimenti, temporaneamente dimenticati, per evitare l’abbandono delle zone rurali o per combattere la crisi climatica, la riforma del finanziamento territoriale – non riesce ad ottenere un governo stabile, nonostante il chiaro successo delle forze di sinistra con le elezioni del 28 aprile. I rapporti tra queste forze (il Partito socialista, PSOE, e Unidas Podemos) sono fragili. Dopo la fallita investitura di Sanchez, segretario del PSOE, a premier, con un negoziato di 48 ore, a luglio, oggi il PSOE rifiuta ogni tipo di coalizione con UP. Il 5 settembre, i negoziati sono ricominciati, ma sinora non ci sono stati passi avanti. I voti di UP sono essenziali se il PSOE non vuole dipendere dai partiti di destra: il che, peraltro, non è del tutto chiaro, dopo che gli stessi socialisti hanno chiesto costantemente a questi ultimi di astenersi per consentire a Sanchez di diventare Premier.

Tra i leader di UP vi è un misto di rabbia ed incomprensione, nei confronti del PSOE. Dopo mesi passati a lavorare insieme prima delle elezioni (sin dal voto di sfiducia contro il governo di destra nel 2018), non riescono a capire perché il PSOE non voglia una coalizione guidata da Sanchez e dove UP accetterebbe il ministero degli Esteri, quello degli Affari europei e quello delle Politiche catalane, senza contraddizioni. Detto ciò, nonostante nuove elezioni siano d’obbligo se non si raggiunge un accordo prima del 23 settembre, i partiti di destra (il Partito Popolare e Ciudadanos), spinti verso posizioni estreme dalla comparsa di Vox (il partito tradizionalista di estrema destra), non sembrano convincere un elettorato che, secondo i sondaggi, favorisce ancora i partiti di sinistra. I contatti tra PSOE e UP continueranno, comunque, e tutto può succedere. I consiglieri di Sanchez, esperti in sondaggi, gli raccomandano di ripetere le elezioni e migliorare i suoi risultati; UP insiste invece sul governo di coalizione, sapendo già che, se non oggi, risulterà probabilmente necessario dopo le ipotetiche nuove elezioni di novembre.

Gli spagnoli, almeno oggi, sembrano temere più i partiti di estrema destra, rispetto ad una possibile recessione economica, o alla secessione della Catalogna. Tutto dipende, alla fine, dai dati: se l’economia va male e il PSOE ripete gli errori che hanno già portato la Spagna alla crisi del 2008, il vantaggio raggiunto da quest’ultimo alle elezioni di aprile scorso potrebbe andar perso; specie se i sondaggi mostrano che le forze di destra crescono perché anche gli elettori di sinistra sono stanchi della situazione. Sanchez potrebbe invece diventare Premier all’ultimo minuto con un governo di coalizione aperto a più partiti: o insieme ad UP (se il PSOE perderà consensi), oppure usando UP come supporto parlamentare (cosa peraltro improbabile) o, ancora, avendo Podemos all’opposizione (ipotesi, quest’ultima, ancor più improbabile: accadrebbe se UP addirittura decidesse di sacrificare la coalizione non andando alle elezioni, dove perderebbe parecchi consensi).

La Spagna e l’Italia, due delle nazioni mediterranee protagoniste, senza dubbio saranno cruciali per il futuro dell’UE, dopo che il Regno Unito lascerà l’Unione. I porti industriali del Mediterraneo, da Valencia a Venezia, passando per Barcellona e Milano, senza dimenticare il Sud Italia, avranno un ruolo chiave per il supporto dell’economia europea, una volta che Londra avrà lasciato il mercato unico.

Saranno in grado i governi di Spagna e Italia, con le loro posizioni di centrosinistra, a dare la certezza e la stabillità necessarie ai loro cittadini? L’ Europa sta a guardare e, almeno oggi, l’unica certezza è che il sole sorgerà, sia in Spagna che in Italia, dalle coste mediterranee. Coste in cui, ogni giorno, muoiono dei migranti. Ma una nuova politica europea, basata su normative europee comuni e senza ambiguità, aperta all’ immigrazione nei suoi vari aspetti e opposta al populismo di destra, potrebbe creare un buon punto di partenza, per diffondere questa speranza dai Paesi mediterranei al resto della UE.

 

di David Rodas Martin, corrispondente da Madrid

Condividi su:

Posts Carousel

Latest Posts

Top Authors

Most Commented

Featured Videos

Che tempo fa



Condividi su: