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Turchia, condanna per Kaftancıoğlu, esponente dell’opposizione, indignazione della Ue

Turchia, condanna per Kaftancıoğlu, esponente dell’opposizione, indignazione della Ue

K metro 0 – Istanbul – Canan Kaftancıoğlu, Presidente della Provincia di Istanbul, dirigente del Partito Popolare Repubblicano (CHP), è stata condannata in primo grado a 9 anni, 8 mesi e 20 giorni di carcere, con cinque diversi capi d’accusa: tra cui “propaganda terroristica”, “offesa al Presidente della Repubblica” e “offesa alla Repubblica turca”. La donna

K metro 0 – Istanbul – Canan Kaftancıoğlu, Presidente della Provincia di Istanbul, dirigente del Partito Popolare Repubblicano (CHP), è stata condannata in primo grado a 9 anni, 8 mesi e 20 giorni di carcere, con cinque diversi capi d’accusa: tra cui “propaganda terroristica”, “offesa al Presidente della Repubblica” e “offesa alla Repubblica turca”. La donna resta libera, in attesa del processo d’appello.

La Kaftancıoğlu, 47 anni, medico, anche braccio destro politico del sindaco di Istanbul, da tempo era nel mirino del Governo di Ankara: specie da quando, era stata molto più attiva sui social con commenti critici nei confronti dell’esecutivo. A pesare, nel processo, è stata l’accusa di una serie di tweet lanciati nel 2013, l’anno delle grandi proteste popolari nella capitale in Piazza Taksim, ispirate a quelle cairote del 2011 in Piazza Tahir.

La vicenda della Kaftancıoğlu è emblematica della direzione che ha preso la Turchia, specie dopo il tentato golpe anti-Erdogan a luglio del 2016: golpe che fallì, ricordiamo, sia per la mancata adesione da parte dei massimi vertici militari, consapevoli delle scarse possibilità di riuscita, sia per la mobilitazione dei cittadini.(specie ad Istanbul, in Piazza Taksim e sul ponte sul Bosforo) in risposta all’appello a “resistere e scendere in piazza” lanciato in TV, alle 22,35, dallo stesso Presidente Erdogan (che all’epoca godeva assai più consenso popolare), aiutato da una tecnica televisiva.

Alla repressione del colpo di Stato, tuttavia, è seguìto, nei mesi successivi, uno “spoyl system di massa”, una sistematica sostituzione, a tutti i livelli dello Stato (specie nella burocrazia, nella magistratura e nell’istruzione, comprese le stesse scuole private) dei funzionari in carica con altri ritenuti fedelissimi al governo. Questo drastico “repulisti” ha causato un calo di popolarità ad Erdogan e un deterioramento dei rapporti con l’Unione Europea; parzialmente compensato dalla buona volontà mostrata dai turchi nel fronteggiare il problema immigrazione, riconosciuta da Bruxelles.

Negli ultimi anni, frequenti sono state le accuse del Governo attraverso i media turchi agli Stati Uniti di aver appoggiato, dietro le quinte, il tentato golpe del 2016. O, quantomeno, di non aver mai risposto in modo definitivo alle richieste di Ankara di consentire l’estradizione in Turchia del politico Fetuh-Allah Gulen: intellettuale poi passato all’opposizione e che, col suo movimento “Hizmet” (che dispone di ingenti risorse economiche), vanta in Turchia molti seguaci. Hizmet secondo la magistratura turca è un’organizzazione terroristica, infiltrata nell’apparato statale, e Gulen ha sempre negato qualsiasi coinvolgimento nel colpo di Stato opponendosi alle richieste di estradizione.

Oggi la Turchia è la tredicesima economia al mondo, il prodotto interno lordo è cresciuto del 300 per cento negli ultimi 15 anni, l’industria è sviluppata, la rete di infrastrutture è molto avanzata, sia stradale che ferroviaria, e vi opera una delle più grandi compagnie aeree del mondo, con 310 destinazioni passeggeri e 87 cargo; e dunque il Paese rappresenta anche un ottimo hub per le aziende europee, nonostante le oscillazioni subite recentemente dalla lira turca.

Dopo il golpe, una scossa ha colpito anche i mass-media, che in Turchia sono passati sotto attento controllo del Governo, con arresti anche di giornalisti ed editori. Una serie di leggi approvate dal Parlamento turco negli ultimi decenni, inoltre, ha lasciato mano libera al governo: aumentando l’applicabilità dei reati di offesa al Capo dello Stato e offesa alla nazione, già previsti, a suo tempo, per il Padre fondatore della moderna Turchia, Kemal Ataturk. Mentre gli inviti della stampa all’esecutivo ad attenuare la politica discriminatoria nei confronti dei curdi (coi quali, pure, Erdogan nel 2009-2013 ebbe un momento di distensione) vengono letti spesso come un’ingerenza nella politica dal Paese. Tutto questo continua a sollevare, contro Ankara, forti critiche da parte degli attivisti per i diritti umani, dell’Unione Europea e degli Stati Uniti.

Da Bruxelles, Il commissario dell’Unione europea per la Politica di vicinato e i negoziati sull’allargamento, Johannes Hahn ha commentato la condanna della Kaftancıoğlu: “Cattive notizie dalla Turchia: non riesco a capire come le dichiarazioni di un politico, anche se ritenute offensive, possano mai giustificare una pena detentiva di 10 anni. Per “Canan Kaftancıoğlu o per chiunque altro. A Istanbul o altrove”, ha scritto Hahn su Twitter.

 

di Fabrizio Federici

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