K metro 0/Jobsnews – Il Partito Democratico ritrova l’unità. Sarà il momento politico difficile, la preoccupazione di un voto anticipato, fatto sta che i parlamentari dem ritrovano quell’unità tante volte evocata. Nella direzione nazionale più difficile da quando ha vinto le primarie, Nicola Zingaretti ha compattato i suoi sull’unico ordine del giorno presentato e votato all’unanimità, come
K metro 0/Jobsnews – Il Partito Democratico ritrova l’unità. Sarà il momento politico difficile, la preoccupazione di un voto anticipato, fatto sta che i parlamentari dem ritrovano quell’unità tante volte evocata. Nella direzione nazionale più difficile da quando ha vinto le primarie, Nicola Zingaretti ha compattato i suoi sull’unico ordine del giorno presentato e votato all’unanimità, come non succedeva da anni. Niente strappi, rotture, divisioni, almeno per oggi. “Al Paese serve un governo forte, non ammucchiate. Per questo abbiamo il dovere di verificare se esiste una nuova maggioranza parlamentare” dice Zingaretti, che non crede “in governi di transizione per fare la manovra economica e riportare il Paese al voto”. Cinque sono le condizioni, approvate nell’odg sulle quali i dem possono dare l’ok ad una nuova maggioranza: impegno e appartenenza leale all’UE per una Europa profondamente rinnovata, pieno riconoscimento della democrazia rappresentativa incarnata dai valori e dalle regole scolpite nella Carta Costituzionale a partire dalla centralità del Parlamento, investimento su una diversa stagione della crescita fondata sulla sostenibilità ambientale e su un nuovo modello di sviluppo.
Di seguito il testo integrale della relazione, approvata per acclamazione, di Zingaretti:
Ieri è caduto il 65 Governo dell’Italia, uno dei peggiori della storia della Repubblica. Il progetto della maggioranza giallo/ verde che doveva produrre un cambiamento, una rivoluzione, dopo 14 mesi è fallito. Sono stati per l’Italia mesi drammatici. Segnati da una perenne litigiosità delle forze di maggioranza e dall’incapacità di indicare al Paese una via, un orizzonte, una strada da seguire. Il dibattito di ieri al Senato non è stato da meno. Il Governo ha terminato il suo percorso tra insulti e urla e con un tardivo racconto da parte del Presidente Conte dell’irresponsabilità istituzionale del principale protagonista del suo Esecutivo. Per mesi noi nelle sedi parlamentari e nel Paese, abbiamo lavorato insieme per denunciare molte delle cose che ieri sono riecheggiate nell’aula del Senato dalle parole dei leaders del Governo che si sono rinfacciati le responsabilità. In questo tempo hanno fatto più notizia i conflitti o i sorrisi tra esponenti della maggioranza della crudeltà contro esseri umani. E tutto questo mentre i problemi del Paese scivolavano sullo sfondo. La verità ora è emersa, denunciata come è giusto dagli esponenti delle opposizioni, e anche incredibilmente dalle accuse reciproche della maggioranza.
Per il Paese l’eredità di questo governo fallito è drammatica.
Per i cittadini è drammatica.
Siamo isolati nel mondo come non mai, a 5 giorni dalla scadenza non abbiamo indicato il Commissario europeo. Al G7 non si sa da chi saremo rappresentati. L’italia si è fermata ed ha la crescita zero, è esplosa la cassa integrazione, sono crollati gli investimenti e la produzione industriale. Si aprono ogni giorno nuove crisi aziendali. La pressione fiscale è aumentata e si sono contratti i consumi. Aumenta il divario tra Nord e Sud nei confronti del quale è scomparsa qualsiasi idea di sviluppo. Hanno ipnotizzato l’Italia su qualche decina di esseri umani sulle navi delle ONG per oscurare le decine di migliaia di ragazze e ragazzi italiani che hanno ripreso in massa a fuggire dal nostro Paese perché qui non vedono speranze. Ieri dai banchi del Governo, tra le tante parole, queste cifre non sono state pronunciate. E tra coloro che ancora si domandano il perché della fuga agostana improvvisa di Salvini, sarà bene ricordare che oltre alle ombre del caso Russia, – ombre intatte a causa della sua paura a riferire in parlamento – c’è proprio la dimensione della crisi finanziaria che abbiamo davanti. Il problema più grave davanti a tutti non è in sé l’esercizio provvisorio, perché uno o due mesi di ritardo nel voto di bilancio non farebbero scattare le clausole. Il problema è la mostruosa manovra di bilancio che occorre fare, in un contesto delicato per tensioni Usa e Cina e rallentamento dell’economia tedesca. La clausola IVA da sola vale 23 miliardi. È il doppio di quella dell’anno passato e la più alta di sempre. Aggiungendo altre spese inderogabili, si arriva quasi a 30 miliardi senza fare nulla di nuovo per sviluppo e crescita.
E’ questa l’eredità avvelenata che i cittadini devono conoscere di una politica sciagurata che ha finanziato provvedimenti a debito e ha portato al caos di queste settimane. Togliamoci dalla testa l’idea che trovare questi 20/30 miliardi sia una cosa facile. Per questo per noi la legge di bilancio è il punto di partenza di ogni confronto. Ma oltre a un fallimento delle politiche io vedo anche una crisi di un modello di relazione politica che non ha retto. Il “contratto” è stato un errore. Lo dico non per spirito polemico ma per evitare di commettere di nuovo errori. Una somma di provvedimenti partoriti da due programmi alternativi che hanno via via aperto una competizione tra Lega e 5 stelle e fatto prevalere l’affermarsi di un tentativo di vera e propria rivoluzione conservatrice incarnato e rappresentato da Salvini con il linguaggio e lo stile che gli appartengono. Sfruttando la domanda di protezione degli italiani non si è dato vita al rafforzamento di politiche sulla sicurezza, ma si è mirato alla ricerca ossessiva di nemici, capri espiatori, propaganda. E lo denuncio in particolare ora quando ancora una volta con la open arms è andato in scena uno spettacolo drammatico.
La mia sensazione però- la mia convinzione- è che Salvini abbia esagerato. Alla fine, lui è entrato in una contraddizione insanabile. A furia di teorizzare e praticare forme illiberali in un clima di degrado antropologico ha ritenuto di poter disporre senza limiti della fiducia popolare verso la sua presunta invulnerabilità. Ma questo- lo sappia l’ex Ministro dell’Interno- è un Paese dove milioni di persone conoscono il termine dignità e allora quel suo piglio decisionista, l’idea di essere sempre in sintonia con i sentimenti dell’Italia più semplice, ha originato una contraddizione: quella che di colpo in questi giorni lo ha fatto apparire incerto, isolato spaventato. Causa fondamentale di un disordine, di un caos politico sociale ed economico. E molti italiani lo hanno compreso lo stanno capendo. Ora noi innanzitutto noi dobbiamo chiamare a raccolta tutte le nostre forze e già nei prossimi giorni rivolgerci a partire dalle feste de l’Unità, numerose che ci sono alla festa nazionale a una mobilitazione che chiarisca quanto è accaduto. Occorre una forte iniziativa popolare del Pd in tutto il Paese. Una mobilitazione di denuncia di ascolto e ricostruzione di speranza e dovremo ovviamente costruire una linea per uscire da questa situazione. Io non credo affatto che la soluzione possa essere quella di governi di transizione che caricandosi tutto il peso enorme di manovre economiche riporti dopo qualche mese il Paese al voto. Questa ipotesi non solo sarebbe rischiosa per i democratici e un danno per l’Italia ma soprattutto non esiste in natura per l’indisponibilità di qualsiasi forza politica a farsene carico. Ora, dopo l’apertura della crisi è il tempo di muoversi. Io credo che di fronte alla situazione drammatica del Paese dentro il percorso di consultazione che il Presidente Mattarella aprirà abbiamo il dovere di dare la disponibilità e verificare se esiste la possibilità di dar vita a una nuova maggioranza parlamentare in grado di dare risposte vere e serie ai problemi del Paese. Quella tra la Lega e 5 stelle non è uscita dal voto popolare. E’ stata costituita nell’ambito di una dialettica interna al parlamento. Ma proprio di fronte al fallimento di quell’ipotesi, a mio giudizio, mal impostata non dobbiamo commettere errori o ingenuità. Quello di cui c’è bisogno è di ricercare la possibilità di dare vita a una maggioranza nuova, forte, di discontinuità e di larga base parlamentare. Che convinca le persone delle nostre ragioni.
Dopo 14 mesi di opposizione la nostra proposta deve essere lineare chiara e trasparente per evitare ogni accusa di trasformismo e opportunismo. Quindi chiarezza certo e nessuna confusa ammucchiata. Io non ho mai demonizzato i 5 stelle. Anzi al contrario sono stato oggetto di critiche a volte feroci perché ho tentato di sviluppare un’analisi attenta su questo movimento. Ma non posso ignorare differenze enormi che non riguardano polemiche personali o battute sul web, riguardano principi, l’idea di Europa, di democrazia, di crescita. Non facciamo finta che siano scomparse oscillando da semplificazioni eccessive ad altre semplificazioni eccessive. Un Governo non può nascere sulla paura che qualcun altro vinca le elezioni. Sarebbe questa si una opzione davvero di corto respiro che ci esporrebbe nella società a critiche feroci. Non dobbiamo dare vita a un nuovo “contratto” di obiettivi “separati” cambiando solamente i capitoli e i sottoscrittori. La sfida è più alta e mi rivolgo a tutti i potenziali compagni di viaggio. Un Governo trova la sua motivazione nei valori, nelle sfide nei programmi negli obiettivi condivisi che si da a tutela delle persone e del Paese. Nell’accettare la sfida di darsi, tra forze diverse, una visione condivisa di futuro per il Paese. Questo permette la nascita e la riuscita di un progetto. Saremo in grado di compiere questo salto? Questo a me sembra il cuore del tema che abbiamo davanti e chiama tutti noi alla responsabilità. Un Governo in questo momento della storia ha senso se ha l’ambizione di aprire una fase nuova e offrendo la nostra disponibilità al Presidente Mattarella per contribuire a fare un passo in avanti, voglio indicare già pilastri indiscutibili di un possibile perimetro di ricerca. L’impegno e l’appartenenza leale all’UE per una Europa profondamente rinnovata. Non l’Europa di Visegrad ma un Europa del lavoro, dei diritti e dei doveri, delle libertà, della solidarietà e della sostenibilità ambientale e sociale, del rispetto della dignità umana in ogni sua espressione. Il pieno riconoscimento della democrazia rappresentativa incarnata dai valori e dalle regole scolpite nella Carta Costituzionale a partire dalla centralità del Parlamento. L’investimento su una diversa stagione dello sviluppo fondato sulla sostenibilità ambientale. Una svolta profonda nell’organizzazione e gestione dei flussi migratori fondata sui principi di solidarietà, legalità e sicurezza. Nel pieno rispetto delle convenzioni internazionali e l’impegno prioritario per affermare un pieno e diverso protagonismo dell’Europa in questi temi. Una svolta delle ricette economiche e sociali a segnare da subito un governo di rinnovamento in una chiave ridistributiva e di attenzione al lavoro all’equità sociale, territoriale, generazionale e di genere. Che riapra una stagione di investimenti pubblici e privati. Il confronto che si aprirà dovrà impegnare tutte le nostre energie e presupporre la nostra unità ma soprattutto presupporre chiarezza di obiettivi. Lo scopo deve essere quello di chiudere la strategia del populismo ed affermare con chiarezza le ragioni della democrazia liberale e l’orizzonte europeo.
Lo dico a tutti, per farcela dobbiamo cambiare tutti. Dobbiamo cambiare la politica. E ‘necessario esigere una discontinuità rispetto all’esperienza del governo uscente respingendo una lettura minimalista delle ragioni della sua caduta. Il fallimento di quell’esperienza è la dimostrazione empirica delle difficoltà di fare i conti con la complessità sociale e di affrontare i nodi non sciolti della crisi italiana. Discontinuità, dunque, è ciò che chiediamo ma questo impegna e riguarda anche noi a produrre una corrispondente capacità di cambiamento. Nelle politiche e negli assetti.
La possibilità di assorbire la spinta che ha alimentato il populismo passa per una netta radicalità delle politiche, per un piano di riforma che affronti in particolare il tema di quale sviluppo e della lotta alle diseguaglianze sociali. Se nei prossimi giorni tali condizioni troveranno i un riscontro basato sulla necessaria discontinuità e su un’ampia base parlamentare io credo dovremo assumerci la responsabilità di dar vita a una Governo di svolta per la legislatura. In caso contrario, se queste condizioni non si realizzassero, nessun pastrocchio o accordicchio temporeggiatore e subito al voto. Senza alcuna paura mettendoci tutta la passione possibile per proporre ai cittadini una “rivoluzione della speranza” che costruiremo in un grande movimento di persone dal Nord al Sud organizzandoci e combattendo strada per strada in ogni angolo del Paese. Ci rivolgeremo alle energie più consapevoli della società, i giovani, le donne, movimenti associazioni, sindaci e amministratori la rete diffusa del civismo. In un passaggio così delicato è di fondamentale importanza l’unità del Pd. Io da segretario ce la sto mettendo tutta. Unità perché convinto che oggi la salvaguardia della nostra democrazia passa in gran parte per la tenuta del nostro partito o come pilastro importante di un governo o baricentro di un’alternativa possibile da costruire. Sento su di me tutto il peso e la complessità della sfida e guiderò questo processo complesso, nel totale disinteresse personale, nella massima trasparenza, senza secondi fini. Lo farò e c’è una storia di una vita a dimostrare che lo farò. Non alimenterò sospetti ma non accetterò che si alimentino sospetti sul mio operato, perché questo si sarebbe davvero la fine di tutto.
Carissimi,
anche se apparteniamo a generazioni diverse penso di poter dire che stiamo vivendo una delle pagine più delicate e complesse della nostra esperienza politica. Dinanzi a noi abbiamo scelte decisive da compiere e dobbiamo farlo – possiamo farlo – consapevoli di ciò che siamo: una grande forza popolare incardinata nella storia migliore di questo paese, portatrice dei valori della democrazia e del patto repubblicano. Nessuno di noi da solo può avere la forza di reggere l’urto degli eventi. Ma tutti noi, assieme, nel rispetto reciproco e nella cura per le differenze, possiamo aggredire anche questa prova. Il mio non è mai stato – lo sapete – e non è oggi un appello all’unanimismo. Il mio è un appello alla maturità di una comunità politica. Alla franchezza del confronto e alla necessità di avere ben presente, in un passaggio non facile, la gerarchia vera delle priorità. Non siamo quelli pronti a manovre di Palazzo, l’ho detto e lo ripeto. Ma sappiamo benissimo individuare l’avversario di oggi: quell’avversario è una destra illiberale.
Con questa Direzione si compie il primo passo di un cammino complesso che sotto la regia autorevole del Presidente della Repubblica vedrà impegnata la Direzione stessa nell’assumere decisioni di merito. Oggi credo sia importante uscire con una posizione forte e chiara del Pd unito e in questo senso abbiamo presentato un odg con l’impegno a tenere prestissimo, dopo il primo giro di consultazioni una nuova riunione. Siamo il Partito Democratico e l’Italia deve poter contare su di noi, sulla nostra lealtà ai principi che hanno ispirato questo simbolo. Insieme, credetemi, dimostreremo di essere all’altezza del tempo che abbiamo davanti.