K metro 0 – Londra – Da questa settimana, la trattativa tra Londra e Bruxelles sulla Brexit. è entrata nella fase decisiva. Ma se Boris Johnson, da un lato (ricalcando, nei toni, l’amico d’Oltreoceano Donald Trump), continua a ripetere di voler “tirare diritto” sulla Brexit, con o senza un accordo, dall’altro, proprio il 19 agosto ha chiesto
K metro 0 – Londra – Da questa settimana, la trattativa tra Londra e Bruxelles sulla Brexit. è entrata nella fase decisiva. Ma se Boris Johnson, da un lato (ricalcando, nei toni, l’amico d’Oltreoceano Donald Trump), continua a ripetere di voler “tirare diritto” sulla Brexit, con o senza un accordo, dall’altro, proprio il 19 agosto ha chiesto ufficialmente alla UE, con un memorandum di 4 pagine, di riaprire il negoziato: concentrandosi sulla questione del futuro confine tra Regno Unito e Repubblica d’Irlanda.
Dopo due anni di continue trattative Londra-Bruxelles, e forti scontri nel Parlamento britannico, infatti, è ormai chiaro che il vero ostacolo all’accordo sulla Brexit è il futuro del confine tra l’Irlanda del Nord e l’Irlanda indipendente. Non solo Johnson, ma un po’ tutta la classe politica britannica teme che soprattutto una Brexit senza accordo porterebbe al ripristino di un “confine duro” tra Regno Unito ed Eire, danneggiando l’interscambio commerciale, oggi molto forte, e la libera circolazione delle persone: e incentivando indirettamente la ripresa, nell’ Ulster, di violenza e conflitto civile.
Ma la risposta di Bruxelles è arrivata lo stesso giorno, ribadendo che l’accordo sulla Brexit resta quello già raggiunto, a suo tempo, con Theresa May (e che Westminster ha più volte bocciato, in primis proprio per la poca chiarezza sulla questione del confine Ulster-Eire). Nella nota ufficiale diffusa immediatamente da Commissione e Consiglio Europeo agli altri 27 Paesi membri, si invita a rigettare le richieste di Johnson, anche per quanto riguarda la questione su quello che resterebbe l’unico confine terrestre tra Regno Unito ed UE. Mentre il Presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, sempre il 19 agosto, ha difeso fortemente il “backstop” (che, nel gergo Brexit, indica una clausola dell’accordo tra la May e Bruxelles, volta appunto ad evitare il ritorno di una frontiera rigida). “Quelli che sono contro il backstop e non propongono alternative realistiche – ha twittato poi Tusk ieri– sostengono di fatto il ristabilimento di un confine. Anche se non lo vogliono ammettere”.
Questo nuovo stallo sulla questione del “Backstop” mette ulteriormente i bastoni tra le ruote al forte attivismo diplomatico del Premier britannico: che nella giornata di oggi incontrerà, a Berlino, la Cancelliera tedesca Merkel, e domani, giovedì 22 agosto, a Parigi, il Presidente francese Macron. Johnson dovrebbe poi incontrare altri leader dei Paesi UE, in vista del vertice G-7 di Biarritz, in programma dal 24 al 26 agosto (al quale, tra l’altro, non potrà partecipare il Presidente uscente della Commissione europea, Juncker, reduce da un’importante operazione chirurgica).
A stemperare la tensione ha provato ieri, martedì 20 agosto, proprio Angela Merkel: che, reduce da un incontro, a Reykjavik, tra i Paesi nordici, ha affermato che la UE è ancora disposta a trovare una nuova “soluzione pratica” al problema del confine Regno Unito-Eire, principale ostacolo a una Brexit senza troppe difficoltà per ambo le parti.
Il Governo di Sua Maestà britannica, intanto, prosegue la sua marcia di avvicinamento alla Brexit: altro passo significativo è stata l’approvazione in Parlamento, all’inizio di questa settimana, del ddl governativo che blocca, da ora in poi, il recepimento di altre norme UE nell’ordinamento inglese. Mentre il Segretario di Stato britannico, Steve Barclay, ha dichiarato, il 20 agosto, che dal 1°settembre i diplomatici del Regno Unito non parteciperanno più alle riunioni della UE, a meno che non si tratti di questioni di vitale interesse per il Paese.
Intanto, il Labour Party ha accolto la notizia – filtrata sul “Sunday Times” – di preoccupati dossier del Governo sulla possibile scarsità, all’indomani della Brexit, di generi alimentari e sanitari di prima necessità come un’ulteriore conferma della pericolosità del “Leave” (prospettiva che, peraltro, lo stesso Corbyn, sino a pochi mesi fa, caldeggiava). E il segretario laburista Jeremy Corbyn si prepara, come promesso, a sfiduciare Johnson in Parlamento: prospettando nuove elezioni anticipate e la possibilità o di un governo laburista, o almeno di un esecutivo di unità nazionale che, come primo passo, prepari un nuovo referendum popolare sulla Brexit.
di Fabrizio Federici