K metro 0 – Nuova Delhi – Alla vigilia dell’anniversario dell’indipendenza dell’India (che ricorreva il 14 agosto), un gruppo di intellettuali, attivisti e studenti ha redatto un rapporto che dipinge un quadro nero della Regione del Kashmir, che dal 1947 è sotto la sovranità dell’India: sfidando le dichiarazioni dei funzionari governativi indiani. Secondo i quali la situazione
K metro 0 – Nuova Delhi – Alla vigilia dell’anniversario dell’indipendenza dell’India (che ricorreva il 14 agosto), un gruppo di intellettuali, attivisti e studenti ha redatto un rapporto che dipinge un quadro nero della Regione del Kashmir, che dal 1947 è sotto la sovranità dell’India: sfidando le dichiarazioni dei funzionari governativi indiani. Secondo i quali la situazione nel Kashmir, dopo i disordini degli ultimi giorni, starebbe tornando normale, nonostante il coprifuoco e il blackout delle comunicazioni, imposti dall’ India già prima che lo speciale status di autonomia della Regione fosse smantellato, dal Parlamento indiano, appena il 6 agosto.
Sin dai primi anni dell’indipendenza dalla Gran Bretagna, India e Pakistan sono in rapporti difficili a causa, anzitutto, proprio della questione del Kashmir, diviso sostanzialmente in due aree, una sotto la sovranità di Islamabad, l’altra di Nuova Delhi. Dopo vari episodi di guerra tra i due Paesi, risolti più per la mediazione delle superpotenze che per effettiva volontà dei contendenti, e anni di apparente tranquillità, la tensione si è riacutizzata negli ultimi mesi, specie dopo l’abbattimento, a febbraio, di due caccia indiani da parte della contraerea pakistana. Il 5-6 agosto, l’India, guidata dal Partito nazionalista Bharataya Janata del Premier Narendra Modi, ha deciso di revocare lo “status speciale” della Regione himalayana. Tentando di integrarne forzatamente la maggioranza della popolazione, che è di fede musulmana, col resto del Paese, che è a religione prevalentemente induista, con un decreto, presentato dal ministro degli Interni Amit Shah, che vuole abrogare l’articolo 370 della Costituzione, in cui è prevista la capacità di legiferare autonomamente per lo Stato di Jammu e Kashmir.
Il rapporto sul Kashmir, presentato il 13 agosto a Nuova Delhi, dimostra che le persone viventi sotto il nuovo regime di sicurezza manifestano “enorme collera, e angoscia” per la nuova legislazione: la modifica, già approvata dal Presidente indiano, estende la possibilità di fare acquisizioni immobiliari ai non residenti in Kashmir (sinora vietata, in linea con le tendenze prevalenti nel diritto internazionale dal dopo Seconda guerra mondiale), e cancella le tutele per la popolazione locale esistenti da decenni nell’amministrazione pubblica e nell’istruzione universitaria.
Gli autori del rapporto – tra cui l’economista indiano-belga Jean Dreze, già docente alle Scuole di Economia di Londra e di Nuova Delhi, studioso dei secolari problemi di carestia e disuguaglianza dell’India – descrivono la situazione del Kashmir amministrato dall’ India come “sinistra”, e sostengono che la politica di Nuova Delhi, e specialmente quest’ultima revoca dell’autonomia, sta “azzoppando l’economia”. Prevedono infine, di conseguenza, un forte sviluppo, nelle città e nei villaggi della Valle del Kashmir, non solo della protesta, ma anche del terrorismo, coi suoi possibili collegamenti con l’integralismo religioso di stampo islamico.
Maimoona Mollah, un attivista del gruppo di ricerca sociale che ha raccolto i dati per il rapporto, ha paragonato la situazione della regione a quella della Cisgiordania occupata da Israele; mentre molti temono un peggioramento sul modello dell’Ulster (se, tra indù e kashmiri, prevarranno i contrasti su base religiosa), o, addirittura, del Tibet, da 70 anni occupato da Pechino. “Il Kashmir è come una prigione aperta”, ha detto Vimal Bhai, altro membro del gruppo di ricerca. Di fatto, le autorità indiane sono già passate alla repressione, sospendendo i servizi telefonici e di Internet, e mettendo i leader locali agli arresti domiciliari. Mentre varie agenzie stampa, come AP, in questi giorni riportano parecchie testimonianze di cittadini della Valle del Kashmir (che conta, in tutto, 4 milioni di residenti) che definiscono senza precedenti quel che sta accadendo ora nella regione: dove un’insurrezione generale contro l’india è ribollita per decenni, sino a una vera ribellione armata nel 1989 (la cui repressione da parte indiana, con circa 70.000 morti, ha lasciato il Paese esausto, ferito, traumatizzato).
L’Unione Europea, coerentemente con la sua linea di mediazione nei conflitti internazionali, per facilitare il raffreddamento delle tensioni, è intervenuta mediante l’Alto rappresentante per gli Affari esteri e le Politiche di sicurezza, Federica Mogherini: che ha sottolineato l’importanza di evitare un’escalation di tensioni nel Kashmir e in tutta l’ area indo-pakistana, e soprattutto la possibilità – temuta anche a Mosca e a Washington – che la tensione per il Kashmir tra India e Pakistan ( ambedue, ricordiamo, potenze nucleari) possa sfociare in una vera guerra.
«A tal fine, il dialogo tra India e Pakistan attraverso canali diplomatici è cruciale», ha sottolineato la commissaria europea uscente.
di Fabrizio Federici