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L’Inghilterra, preoccupata per la Brexit, intensifica i rapporti con gli Usa

L’Inghilterra, preoccupata per la Brexit, intensifica i rapporti con gli Usa

K metro 0 – Londra – A meno di 3 mesi dalla scadenza fissata per la Brexit (31 ottobre), un forte nervosismo serpeggia in Gran Bretagna per la prospettiva, sempre più probabile, di un’uscita dall’ Unione Europea senza alcun accordo. E’, chiaramente, la distribuzione dei beni di primo consumo (alimentari e sanitari) quella per cui

K metro 0 – Londra – A meno di 3 mesi dalla scadenza fissata per la Brexit (31 ottobre), un forte nervosismo serpeggia in Gran Bretagna per la prospettiva, sempre più probabile, di un’uscita dall’ Unione Europea senza alcun accordo. E’, chiaramente, la distribuzione dei beni di primo consumo (alimentari e sanitari) quella per cui Governo e parti sociali temono i maggiori problemi legati a un “No deal”: i Paesi UE, infatti, rappresentano quasi la metà degli scambi della Gran Bretagna, e si temono sia le carenze distributive che seguirebbero a uno scenario del genere che il caos negli scambi commerciali legato appunto all’uscita dal Mercato Comune.

Michael Gove, il ministro incaricato di fronteggiare anche l’ipotesi di una Brexit senza accordi, per tranquillizzare l’opinione pubblica ha affermato che la Gran Bretagna ha “un sistema di approvvigionamento alimentare molto resistente. Ma ovviamente”, ha aggiunto,”stiamo costantemente parlando con supermercati, distributori di generi alimentari e altri per vedere cosa può fare di più il governo per fronteggiare la situazione”.

Il premier Johnson ha ordinato ai funzionari britannici di intensificare i preparativi per un’uscita senza accordo, destinando oltre 2 miliardi di sterline per assumere più funzionari doganali, immagazzinare medicinali e preparare adeguati stock di camion trasporto merci intorno a Dover, principale porto sulla Manica.

L’industria alimentare britannica, intanto, sta sollecitando il governo anche a mettere temporaneamente da parte le regole sul commercio e la concorrenza equi, privilegiando per un certo periodo gli operatori britannici, in modo che le aziende possano coordinare le decisioni di approvvigionamento per combattere la probabile carenza di alcuni cibi di prima necessità: questo, anche in vista delle inevitabili provviste per il periodo natalizio, che normalmente iniziano ad essere ordinate ad agosto. La Food and Drink Federation l’ha chiesto ufficialmente al governo mercoledì 7: Il premier non ha ancora risposto, ma ha ribadito, sempre ieri, che la Gran Bretagna lascerà l’UE alla data prevista per il 31 ottobre, con o senza un accordo di divorzio.

“Potremmo essere in una sorta di situazione bellica con una quantità limitata di razionamento alimentare”, ha detto alla BBC Christopher Haskins, ex presidente di Northern Foods, uno dei maggiori fornitori di alimenti confezionati: riecheggiando i timori soprattutto dei cittadini più anziani, che ricordano bene i disagi degli anni della Seconda guerra mondiale. “Non credo che ci arriveremo”, ha aggiunto, “ma sono molto preoccupato per i gruppi che non fanno parte della catena di supermercati, per come gestiranno le cose”.

Boris Johnson e gli altri sostenitori della Brexit (schieramento trasversale, al di là delle normali divisioni tra i partiti), sostengono che qualsiasi turbolenza sarà compensata dalle opportunità future, una volta che l’UK lascerà la UE e potrà concludere nuovi accordi commerciali con tutto il mondo. E proprio in questi giorni Il Segretario agli Esteri, Dominic Raab, sta visitando USA, Canada e Messico, per saggiare concretamente le possibilità di un rapido accordo commerciale, “antidoto” alla Brexit, sia con gli Stati Uniti che, più in generale, coi Paesi del NAFTA.

Intanto, a Londra il Labour Party (che da luglio, per bocca del suo leader Jeremy Corbyn, è diventato assai  più cauto sulla Brexit, non escludendo un nuovo referendum popolare, per dare l’ultima  parola ai cittadini), è  pronto a presentare una mozione di sfiducia al ritorno in aula a settembre: Corbyn ha detto chiaramente, pochi giorni fa, di non escludere di farlo, ma di volerlo fare solo quando ci saranno consistenti probabilità di vittoria, causando le dimissioni del Premier.

Raab è ottimista specie riguardo alle possibilità di un accordo con gli USA:” C’è un grande appetito da entrambe le parti per raggiungere questo obiettivo”, ha detto dopo aver incontrato, martedì 6 agosto, il presidente Trump alla Casa Bianca: che è stato “effusivo nel suo calore” nei confronti della Gran Bretagna. “L’amministrazione Trump perseguirà un accordo di libero scambio con la Gran Bretagna il più presto possibile dopo che lascerà l’Unione Europea”, ha confermato il Segretario di Stato USA, Mike Pompeo, mercoledì 8 agosto.

In una conferenza stampa insieme al collega britannico Raab, Pompeo ha dichiarato che l’amministrazione Trump rimane impegnata a rispettare qualunque decisione finale della Gran Bretagna sulla Brexit, ed è ansiosa di concludere un accordo commerciale. “Supportiamo la scelta sovrana del Regno Unito, tuttavia la Brexit alla fine arriverà, e saremo a portata di mano, con la penna in mano, pronti a firmare un nuovo accordo di libero scambio il più presto possibile”, ha precisato Pompeo.

Raab, da parte sua, ha confermato che Johnson e il suo governo sono “assolutamente risoluti, determinati” a lasciare l’UE alla fine di ottobre con o senza accordo”; e che spera di concludere un nuovo accordo commerciale con gli Stati Uniti “il più presto possibile, dopo che avremo lasciato l’UE il 31 ottobre”.

In una conferenza che ha confermato la scelta storica della Gran Bretagna di essere il primo e più fedele alleato degli USA, al di là dei cambi di governo. Pompeo, replicando, ha anche ringraziato il governo di Boris Johnson per aver accettato di aderire alla missione internazionale di sicurezza marittima voluta dagli Stati Uniti per proteggere i trasporti marittimi nello stretto di Hormuz mentre perdura la tensione con l’Iran. La decisione della Gran Bretagna di partecipare ” a questa missione” (criticata, ricordiamo, da altri Paesi UE, Germania anzitutto), rappresenta “una vittoria per un multilateralismo significativo ed efficace”.

 

di Fabrizio Federici

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