K metro 0 – Londra – Il tour di ‘debutto’ del nuovo primo ministro britannico, Boris Johnson, è terminato nella giornata di mercoledì in Irlanda del Nord, Paese che rappresenta una doppia difficoltà per il nuovo governo: andrà ripristinato un esecutivo funzionale a Belfast e dovrà essere trovata una soluzione per la frontiera irlandese dopo
K metro 0 – Londra – Il tour di ‘debutto’ del nuovo primo ministro britannico, Boris Johnson, è terminato nella giornata di mercoledì in Irlanda del Nord, Paese che rappresenta una doppia difficoltà per il nuovo governo: andrà ripristinato un esecutivo funzionale a Belfast e dovrà essere trovata una soluzione per la frontiera irlandese dopo la Brexit.
Sin dal suo insediamento, avvenuto una settimana fa, Johnson ha girato l’Inghilterra, la Scozia, il Galles e l’Irlanda del Nord, ma non è stata una parata trionfale. Dopo aver affrontato proteste e opposizioni politiche in Scozia e Galles, Johnson ha incontrato i leader dei cinque maggiori partiti nordirlandesi, nella speranza di poter iniziare un processo di restaurazione del governo di Belfast. La nazione, composta da 1,8 milioni di persone, non possiede un esecutivo funzionale da due anni e mezzo, da quando la coalizione cattolico-protestante è collassata a causa delle divergenze su un progetto legato all’energia pulita. La spaccatura si è ben presto allargata alla cultura e alla politica, andando a creare due fazioni: gli unionisti britannici e i nazionalisti irlandesi. Johnson ha dichiarato che farà qualsiasi cosa in suo potere “per rimettere in moto la macchina politica”, visto che è “nell’interesse dei cittadini nordirlandesi”.
La svolta, però, sembra ancora molto lontana. L’opposizione crede che l’ex sindaco di Londra non possa giocare un ruolo costruttivo, visto che il suo governo conservatore poggia sul consenso del Partito Unionista Democratico, ovvero uno dei maggiori partiti pro-britannici dell’Irlanda del Nord. Senza i voti dei 10 parlamentari del DUP a Londra, il governo di minoranza di Johnson crollerebbe. Il leader del partito nazionalista irlandese Sinn Fein, Mary Lou McDonald, ha definito Johnson il ‘tirapiedi’ del Partito Unionista Democratico. “Ci racconta che agirà in totale imparzialità e gli abbiamo risposto che nessuno ci crede”, ha dichiarato agli organi di stampa.
Il risultato del referendum del 2016 sull’uscita dall’Unione europea ha logorato i rapporti tra le quattro nazioni che formano il Regno Unito. Una maggioranza di elettori in Inghilterra e Galles ha votato per il ‘leave’ mentre in Scozia e Irlanda del Nord per il ‘remain’. Il governo nazionalista scozzese, inoltre, vorrebbe indire un secondo referendum sull’indipendenza, se il Paese dovesse essere trascinato fuori dall’Ue contro la sua volontà. Anche a Belfast si parla di un referendum di unificazione con la Repubblica d’Irlanda, se la Brexit senza accordo dovesse portare conseguenze disastrose. Il nuovo premier insiste sull’uscita a qualsiasi condizione dall’Unione il 31 ottobre. Intanto, i primi riflessi sull’economia non hanno tardato ad arrivare. La sterlina, che durante il referendum del 2016 valeva 1.50 $, nella giornata di lunedì è caduta in picchiata fino ad arrivare a valere 1,2282 $, il picco più basso da marzo 2017. La moneta britannica ha perso ben due centesimi da quando Johnson è stato eletto primo ministro, martedì scorso.